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Pietropazzo

Post n°677 pubblicato il 09 Settembre 2011 da odette.teresa1958

i racconta che una volta, tanto tempo fa, c'era nell'Isola dei Cavoli una casa piccina in cui viveva una vedova con un solo figlio un po' matto, ed erano così poveri che spesso non avevano nulla da mangiare. Il figlio, grande, grosso e sgraziato, si chiamava Pietro, ma tutti lo chiamavano Pietropazzo.
Siccome Pietro di mestiere faceva il pescatore, tutti i giorni andava a pescare e lo faceva dalla mattina alla sera, ma era tanto sfortunato che non pigliava mai nulla. Quando tornava a casa, di lontano cominciava a gridare:

Corri mammetta con pentoloni,
vasi, secchielli, boccioni,
ecco Pietro con tanti pescioni!


La sua mamma, credendo che finalmente avesse preso qualcosa, correva in casa a cercare i recipienti e li metteva in fila sull'uscio, ma Pietro non aveva nemmeno un pesciolino e la prendeva in giro piegandosi in due dalle risate, e facendo le boccacce tirava fuori la lingua che era lunga un palmo.
Lì vicino c'era il palazzo del re dell'Isola dei Cavoli, che aveva una figlia ancora bambina, la principessa Giulia, bellissima e piena di grazia. Quando sentiva Pietropazzo che arrivava gridando:

Corri mammetta con pentoloni,
vasi, secchielli, boccioni,
ecco Pietro con tanti pescioni!


correva alla finestra e si divertiva tanto che moriva dal ridere. Quando Pietro vedeva che lo prendeva in giro si infuriava e gliene diceva di tutti i colori, ma Giulia vedendolo così goffo e arrabbiato rideva ancora di più.
Questa scena si ripeteva ogni sera da tanto tempo, quando un giorno il povero Pietro pescò un enorme Pescetonno. Era tanto contento che saltellava e ballava sulla spiaggia, cantando:

Buona cenetta
a Pietro e alla mammetta!
Buona cenetta
a Pietro e alla mammetta!


Ma il pescetonno, quando si vide in trappola, parlò così:

Fratel Pietro, per cortesia,
libera me dalla prigionia!
Quando il mio corpo sfamato ti avrà,
avrai vinto la tua povertà?


Pietro scosse la testa: aveva bisogno di mangiare il pesce, non di stare a sentire le sue chiacchiere. Così se lo caricò sulle spalle e prese la strada di casa, ma dopo un po' che camminava il pesce gli disse:

Fratel Pietro, se mi volessi di grazia salvare,
ti darei tutti i pesci che nuotano in mare!


Pietro continuò a camminare verso casa, e il pescetonno che ormai si sentiva mancare il fiato, con un filino di voce gli parlò ancora:

Il pesce magico non devi ammazzare
se quel che desideri vuoi realizzare...


Pietropazzo sentiva un po' di compassione per il gran pesce moribondo, e incuriosito per i suoi discorsi tornò in riva al mare e spingendolo con le mani e con i piedi riuscì lo rimise in acqua. Lì per lì il Pescetonno scomparve, perché doveva riprendersi, ma poi tirò la testa fuori dall'acqua e disse:

Prendi la barca e comincia a remare
vedrai quanti pesci ti faccio pescare


Pietro lo fece, e quando si fu allontanato dalla riva il pesce gli disse di inclinare la barca finché il bordo sfiorasse il pelo dell'acqua: allora innumerevoli pesciolini e pescioloni di tutte le specie saltarono nella barchetta di Pietro riempiendola fino a farla quasi affondare, ma lui non pensava al pericolo e non stava nella pelle dalla gran contentezza. Tornato a riva, si caricò sulle spalle una enorme quantità di pesci e corse verso casa, gridando:

Corri mammetta con pentoloni,
vasi, secchielli, boccioni,
ecco Pietro con tanti pescioni!


Quella sera la mamma, che non ce la faceva più a sopportare gli scherzi del suo figliolo matto, voleva far finta di nulla, ma quando lo sentì avvicinarsi con la solita filastrocca cambiò idea, e corse a preparare i recipienti davanti all'uscio. Come fu contenta quando vide Pietro che li riempiva tutti! e siccome non bastavano, lui e la sua mamma correvano di qua e di là a prendere pentolini, tazze, bicchieri, vasi da notte, catinelle, mentre i pesci di ogni specie guizzavano dappertutto.
La principessa Giulia, che come al solito era alla finestra, vedendolo così goffo e indaffarato rideva ancora più del solito; Pietropazzo sentendo le sue risate alzò gli occhi, la vide e sentì una rabbia terribile, ma invece di dirle le solite parolacce corse in riva al mare e si mise a chiamare il Pescetonno.
Sentendo la sua voce il pesce accorse, mise la testa a fior d'acqua e disse: "Messer Pietro, gentil pescatore, che desideri?"
Pietro rispose:
"Che la principessa aspetti un bambino
e che sia proprio il mio figliolino"
Con un cenno della testa il Pescetonno gli fece capire che il suo desiderio era realizzato, e Pietropazzo tornò a casa, dove, scapato com'era, non ci pensò più.

Dopo qualche tempo alla principessa Giulia cominciò a crescere la pancia, ma sua madre non pensò che fosse incinta, perché era poco più che una bambina, e fece venire le donne più esperte in queste cose perché la visitassero e vedessero se aveva qualche grave malattia. Le donne non ebbero dubbi e dissero che Giulia stava benissimo e al momento giusto avrebbe avuto un bambino.
La regina si sentì morire, e dovette andare a dirlo al re, che per poco non svenne per questo duro colpo. Poi in segreto fece tutte le indagini per scoprire chi era stato, ma inutilmente; pensò di uccidere la principessa, ma la regina che le voleva tanto bene lo supplicò di aspettare almeno il parto, e siccome anche il re amava la sua unica figlia si lasciò convincere. Quando fu il tempo, nacque un bambino tanto bello che il re non ebbe cuore di far eseguire la sentenza di morte, e decise di aspettare un altro anno, avendo in mente di indagare ancora per scoprire chi era stato a violare la principessa. Il bambino cresceva bello e forte, ed era così allegro che non se ne trovava uno che gli stesse a pari; quando ebbe un anno il re, sperando di scoprire suo padre, ordinò che tutti i maschi dell'Isola dei Cavoli, belli e brutti, giovani e vecchi, poveri e ricchi, venissero a palazzo portando un frutto o un fiore, o qualche altra cosa che potesse far piacere al bambino.
Così arrivavano tutti portando qualcosa, passavano davanti al re e poi andavano a sedersi secondo la loro posizione.
Mentre andava al palazzo reale un giovane si imbattè in Pietropazzo, e gli disse:
"Dove vai Pietro? Perché non vieni al palazzo come tutti con un frutto o un fiore, e non obbedisci al comando del re?".
Pietro rispose: "E che vuoi che ci faccia io in mezzo a quella bella compagnia? Non vedi che sono povero, non ho nemmeno una veste per coprirmi, e vorresti che io mi mettessi fra tanti signori e cavalieri? Non voglio venire".
Allora il giovane prendendolo un po' in giro gli disse: "Vieni con me, ti darò io una veste: chissà che il bambino non sia tuo?".
Così Pietropazzo andò a casa del giovane e si vestì, poi colse una mela e andò con lui al palazzo, salì le scale ma si mise dietro un uscio, in modo da rimanere nascosto e non farsi vedere da nessuno. Quando tutti furono giunti e si furono messi a sedere, il re ordinò che portassero il bambino nella sala, pensando che se c'era il padre la voce del sangue lo avrebbe tradito. Venne la balia con il bambino in braccio e tutti lo accarezzavano, porgendogli chi un fiore, chi un frutto, chi l'uno e l'altro, ma il bambino li respingeva con la manina. La balia che passeggiava avanti e indietro passò anche vicino all'uscio del palazzo, e in quel momento a Pietro cascò di mano la mela, che rotolò in terra.
Il bambino ridendo si piegò con la testa e con tutto il corpo per prenderla, tanto che per poco non cascava dalle braccia della balia, ma lei non ci fece caso e continuava ad andare di qua e di là, finché non capitò ancora vicino all'uscio e il bambino rise festoso indicando la mela. La balia la raccolse e gliela diede, il re se ne accorse e domandò alla balia chi c'era dietro a quell'uscio, e lei rispose che c'era un mendicante. Il re lo fece chiamare e guardandolo da vicino lo riconobbe, mentre il bambino aprì le braccine e si buttò al collo di Pietropazzo coprendolo di baci.
Vedendo questo il re sentì che si raddoppiava il suo dolore, e mandati tutti gli altri a casa condannò a morte Pietropazzo con sua figlia e il bambino.
La regina allora, saggia e prudente, gli disse che non era bene che un re si macchiasse del sangue del suo sangue, era meglio che ordinasse una botte, grande il più possibile, per metterceli dentro e buttarli in mare, perché senza troppo patire andassero al loro destino.
Al re piacque il consiglio e dopo aver fatto fare la botte e averceli messi dentro tutti e tre con una cesta di pane, un fiasco di buona vernaccia e un barile di fichi per il bambino, li fece buttare in alto mare, pensando che battendo contro qualche scoglio sarebbero annegati.

La povera principessa si sentiva sbattere violentemente dalle onde del mare in tempesta, e non vedendo né il sole né la luna piangeva a dirotto per la sua sciagura. Non avendo latte per il bambino che spesso si metteva a piangere, gli dava da mangiare i fichi, e così lo addormentava, Pietro invece non si preoccupava di nulla e pensava solo a mangiare pane e a bere vernaccia, finché vedendolo così Giulia disse:
"Oh, Pietro! Tu vedi come io che sono innocente subisco questa pena per colpa tua, e tu ridi come un pazzo, e mangi e bevi, senza pensare che pericolo corriamo".
Pietro le rispose: "Non è colpa mia se ci è successo quello che ci è successo, la colpa è tua, perché mi ridevi dietro e mi prendevi sempre in giro. Ma sii contenta, perché presto usciremo dalla botte".
"Credo che tu dica bene", disse Giulia, "che usciremo dalla botte, perché si romperà su uno scoglio e noi annegheremo".
"Zitta," disse Pietro, "perché io ho un segreto, che se tu lo sapessi resteresti a bocca aperta dalla meraviglia, e forse ti piacerebbe".
"Ma che segreto hai Pietro," disse lei, "che possa tirarci su e liberarci da questo pericolo?"
"Io ho un pesce," disse Pietro,"che fa quello che io comando e non c'è nulla che non farebbe se sapesse che si rischia di morire, è stato lui a farti rimanere incinta del mio bambino".
"Questa cosa è proprio bella", disse Giulia, "se davvero è come dici. Ma come si chiama il pesce?",
"Si chiama Pescetonno", rispose Pietro,
"Comandagli di obbedire a me come obbedisce a te", disse la principessa, "digli di fare quello che io gli dirò".
"Sia fatto secondo i tuoi desideri", disse Pietro, e immediatamente chiamò il Pescetonno e gli comandò che eseguisse tutto ciò che Giulia gli chiedeva.
La principessa, appena ebbe la virtù di comandare il Pescetonno, prima chiese che facesse approdare la botte su uno degli isolotti più belli e più tranquilli che c'erano nel reame di suo padre, poi volle che Pietro, da brutto e pazzo, diventasse il giovane più bello e saggio che ci fosse al mondo. E poi chiese ancora che sullo scoglio fosse costruito un ricchissimo palazzo, con logge, sale e stanze meravigliose, e che dietro avesse un giardino ameno e ricco di alberi sui quali al posto dei frutti crescessero gemme e preziose perle, infine comandò che in mezzo al giardino ci fosse una fontana dalla quale si potessero attingere alternatamente acqua freschissima e vino prelibato.
In un batter d'occhio tutti i comandi furono eseguiti.
Intanto il re e la regina erano pieni di malinconia per la solitudine in cui si trovavano senza la loro unica figlia, e pensavano che col suo bambino fosse già stata divorata dai pesci, così decisero di partire per un pellegrinaggio sperando di alleggerire un po' il peso che sentivano in cuore. Fecero preparare una bella nave con tutto il necessario e si misero in mare, spinti da un vento favorevole. Non era tanto che erano partiti quando videro di lontano un palazzo ricco e nobile eretto su un isolotto, e siccome era nel loro reame vollero visitarlo, fecero accostare la nave, gettare l'ancora, e scesero a terra.
Appena li videro arrivare, Pietropazzo e Giulia corsero loro incontro, e li accolsero bene, ma il re e la regina non li riconobbero, perché erano molto cambiati. Entrarono nel palazzo e lo visitarono dappertutto, ammirandolo e lodandolo molto, poi scesero per una scala segreta e andarono nel giardino, che colmò di meraviglia il re e la regina dell'Isola dei Cavoli: dissero che in tutta la loro vita non avevano mai visto nulla di tanto incantevole.
Nel giardino c'era un albero dal quale pendevano tre mele d'oro che scintillavano al sole, custodite a vista da un guardiano per ordine della principessa, ma chissà come una mela d'oro finì in seno al re senza che se ne rendesse conto.
Quando il re voleva ripartire, il guardiano andò da Giulia e le disse:
"Signora, manca una delle tre mele d'oro, la più bella, e non riesco a capire chi l'ha rubata".
Allora Giulia ordinò al guardiano di frugare tutti con attenzione, perché era una cosa troppo preziosa; il guardiano lo fece, ma inutilmente, e Giulia fingendosi in collera disse:
"Maestà, perdonami ma si dovrà cercare anche addosso a te, perché la mela d'oro che manca ha un valore immenso, per me superiore a quello di qualunque altro frutto".
Il re che non sapeva cos'era successo, essendo sicuro di non averlo preso, si sciolse subito la veste: ed ecco che ne uscì la mela d'oro rotolando ai suoi piedi. Vedendo questo il re rimase attonito e non riusciva più a parlare, non sapeva come il frutto prezioso gli fosse entrato in seno.
Allora la principessa disse: "O re, noi ti abbiamo festeggiato e accolto molto cortesemente, con tutti gli onori che merita la tua maestà, e tu per ricompensarci di questa accoglienza ci rubi di nascosto un frutto del giardino. Io dico che mi sembri molto ingrato".
Il re che era innocente si sforzava per convincerla che lui non aveva rubato nulla, e Giulia, vedendo che era il momento di svelarsi si commosse, e con le lacrime agli occhi disse:
"Mio signore, sappi che io sono Giulia, la tua sola figlia, che infelice buttasti in mare con Pietropazzo e il suo bambino condannandoci crudelmente a morte. Questo è il bambino innocente che ho avuto senza colpa, e questo è Pietropazzo, diventato molto saggio per la virtù di un pesce che si chiama Pescetonno, che ha fatto costruire questo nobile e meraviglioso palazzo. E' stato lui a farti scivolare, senza che te ne rendessi conto, la mela d'oro in seno. E' stato lui che senza abbracciarmi, ma per effetto di un incantesimo mi ha messo incinta, e io ne ero innocente, come tu sei innocente del furto della mela d'oro".
Allora tutti scoppiarono a piangere di gioia e abbracciandosi e baciandosi fecero una grande festa. E dopo qualche giorno di festa salirono insieme sulla nave e tornarono all'Isola dei Cavoli, dove Pietropazzo per prima cosa volle andare ad abbracciare la sua mammetta.
Nessuno può dire la gioia della povera vecchia, che lo piangeva morto annegato, e invece se lo vide davanti bellissimo e saggio, e da allora andò a vivere nel palazzo reale.
Per molto tempo durarono le feste per il loro ritorno nell'Isola dei Cavoli, e da allora Pietropazzo e Giulia vissero felici e di buon accordo, ascendendo al trono e regnando a lungo in pace e prosperità.



di Gianfrancesco Straparola

 
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