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Invidia

Post n°1098 pubblicato il 29 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

C’era un tempo una matrigna….”Allora sarà cattiva?”, starà pensando qualcuno…No, questa favola è…al contrario!
Lidia era rimasta vedova con la sua unica figlia e quella dell’uomo che aveva sposato in seconde nozze. Le bambine si chiamavano rispettivamente Anna e Lea ed erano quasi coetanee; Lidia le amava entrambe e non c’era regalo fatto ad Anna che non venisse fatto anche a Lea, perché tra le due non esisteva per lei disparità alcuna. Dopotutto aveva cresciuto Lea fin da piccola e le voleva un bene grande pur non avendola partorita. Le bambine andavano d’accordo, tranne qualche piccolo litigio che, si sa, tra sorelle succede.
Quando però diventarono adolescenti, Lea cominciò a provare per la sorellastra una sorta di invidia morbosa. Anna era di statura normale, ma snella e con lunghi capelli neri, invece Lea era piuttosto bassa e proprio non sopportava i suoi capelli rossi. Inoltre si era accorta che Anna era ammirata dagli uomini, mentre lei nessuno la degnava di un solo sguardo. Finalmente tra i tanti corteggiatori Anna ne scelse uno e si fidanzò. “Accidenti a lei”, pensò la sorellastra, “quel giovane piace molto anche a me”; e qui si scatenò una gelosia indicibile, che però Lea molto furbescamente riusciva a celare.
Un pomeriggio che il fidanzato di Anna era andato a trovarla, Lea disse alla matrigna che sarebbe uscita a fare una passeggiata; aveva bisogno di allontanarsi per risparmiarsi la rabbia di vederli insieme. Nel parco poco distante dalla loro abitazione, vide una vecchina che era caduta a terra e non riusciva a rialzarsi; prontamente Lea la soccorse e la vecchina si rivolse a lei dicendole:
- Oh che cara ragazza. Per ricambiare la gentilezza, cosa posso fare per te?
Lea ne approfittò per sfogarsi e le confidò ciò che la tormentava. E la vecchina:
- Capiti bene, mia cara. Io sono una strega e mi chiamo Mandù. Sono vecchia come vedi, ma ancora qualche potere ce l’ho. Ecco qui questo grappolo d’uva - e nel dire ciò, tirò fuori dalla tasca della gonna un grappolo d’uva in cristallo – io posso comandargli quello che voglio, staccandone un chicco per ogni ordine che dò, il quale poi però ricresce sempre. Cosa vuoi che gli comandi?
La ragazza non ebbe esitazioni e disse:
- Voglio che il fidanzato di mia sorella muoia.
Ma la vecchia strega scandalizzata, le rispose:
- No cara, non posso chiedere questo. Io posso aiutare te; non chiederò mai il male per un essere umano. Potrei per esempio accontentarti se vuoi che un uomo ti corteggi.
Ma Lea aveva il cuore di ferro e la faccia di bronzo: non gli interessava essere corteggiata, ma voleva che l’uomo che lei desiderava morisse piuttosto che vederlo nelle braccia della sorella. Le venne allora un’idea: invece di chiedere favori a quella vecchia “befana” che non voleva nemmeno fare ciò che lei desiderava, poteva impossessarsi dell’oggetto magico e realizzare in tal modo ogni desiderio. Così le disse:
- Buona strega, va bene. Ma andiamo a sederci su quel muretto e potremo parlare con più calma. Lascia che ti aiuti; appoggiati a me e dammi il bastone, perché finche ci sono io tu non ne hai bisogno.
Ahimè! La strega si fidò, ma Lea appena ebbe il bastone in mano le diede un colpo in testa e la poveretta cadde a terra. Poi le sottrasse il grappolo d’uva e, curandosi di non essere stata vista da nessuno, scappò via. Tornata a casa, strappò un chicco dicendo: “Voglio che accada una disgrazia al fidanzato della mia sorellastra”. Non intese risposta, ma qualche giorno dopo qualcuno bussò alla porta della sua casa chiedendo di Anna, alla quale comunicò che il fidanzato purtroppo era morto cadendo da cavallo. Anna si disperò, consolata dalla madre e naturalmente dalla stessa Lea che, ottima attrice, finse un grande dolore.
Passarono alcuni mesi e Anna si deperiva ogni giorno di più, finchè Lidia decise di chiedere aiuto a una cugina che cercava qualche ragazza che tenesse compagnia alla sua unica figlia, quando lei si assentava per lavoro, essendo anch’essa rimasta vedova e dovendo mantenere sé stessa e la figliola. Lidia disse alla parente: - Forse rendersi utile farà bene ad Anna. Se starà ancora a casa non farà altro che pensare al suo amato, venuto a mancare così improvvisamente e tragicamente.
La cugina non ebbe remore ad accettare; ma quando lo seppe Lea, cominciò a provare una grande rabbia: no, Anna era tristissima e nel dolore doveva rimanere. Così, preso il grappolo d’uva che teneva nascosto nel cassetto del mobile che aveva in camera, lo implorò di far accadere qualcosa che impedisse ad Anna di allontanarsi da casa. E la ragazza si ammalò. Dovendo la cugina partire qualche giorno dopo, non potè aspettare e dovette chiamare un’altra persona che tenesse compagnia alla figlia. Intanto Anna soffriva nel corpo e nell’animo; Lidia e quell’infame della sorellastra le erano sempre accanto, ma nessun medico sapeva dire che cosa avesse. Un giorno però Lidia decise di consultare uno specialista famoso e quegli le disse:
- Signora, io non so dirle cosa abbia sua figlia. Ma la trovò molto depressa e credo che uscire da questa casa e andare un po’ in campagna non potrebbe che farle bene.
Lidia decise di ascoltare il suggerimento del medico, il quale però, siccome la ragazza aveva la febbre alta, le disse:
- Prima però le darò qualcosa che le faccia passare la febbre. E le prescrisse uno sciroppo da prendere mattina e sera. Quando se ne fu andato, Lea che aveva assistito alla visita medica, disse a Lidia:
- Madre non uscire tu, fai compagnia ad Anna; andrò io in farmacia a comprare lo sciroppo.
Povere donne che nutrivano tanta fiducia in lei! Lidia gliene fu grata; ma naturalmente quel demonio di Lea non andò a comprare lo sciroppo che serviva, bensì uno che faceva passare il mal di denti. Tornò a casa e lei stessa volle darne un cucchiaio ad Anna, dicendole amorevolmente:
- Su sorellina, tra qualche giorno starai meglio e andrai a fare un po’ di villeggiatura. Là respirerai aria pulita e ti sentirai meglio; io naturalmente verrò a trovarti.
E Anna:
- Grazie Lea, sei molto cara!
Per strani casi che talvolta non si spiegano, la febbre di Anna, nonostante lo sciroppo non avesse alcun effetto antipiretico, passò ugualmente. Lea strinse i denti sputando bile, ma non lo diede a vedere; anzi fingendosi contenta, aiutò Lidia a preparare le valigie. Quando madre e figlia partirono per raggiungere la villa di campagna, Lea promise che la settimana successiva sarebbe andata a vedere come stava Anna e abbracciando forte quest’ultima, le disse affettuosamente:
- Ti porterò le arance del nostro giardino che a te piacciono. Quando starai bene le coglieremo di nuovo insieme.
Anna, spirito buono, ricambiò sinceramente l’abbraccio e partì con la madre. Intanto Lea sapeva bene cosa fare: avrebbe staccato un chicco dal grappolo d’uva e, tenendo in mano un’arancia (la più grossa), avrebbe chiesto che l’agrume diventasse velenoso e quindi letale; poi, una volta andata a trovare Lidia ed Anna, lei stessa lo avrebbe dato da mangiare alla sorella, ma, per non destare sospetti, doveva chiedere che il veleno agisse lentamente in modo che l’odiosa Anna se ne andasse dopo qualche giorno, senza una spiegazione logica.
La sua mente malvagia attuò parte del piano: colse le arance, staccò un chicco dal grappolo d’uva e chiese che il frutto divenisse velenoso; l’arancia divenne di un arancione più vivo e questo fu per Lea il segno che il suo desiderio era stato esaudito. Doveva solo aspettare qualche giorno e poi recarsi in campagna.
Ma intanto…che fine aveva fatto la strega? Questa si era ripresa quel giorno nel parco, ma il colpo in testa le aveva procurato un’amnesia; fortunatamente però un giorno, visto che le giornate erano belle, vi si recò nuovamente per fare una passeggiata. Mentre camminava la sua mente venne come fulminata: ora sì che ricordava! E sapeva anche dove era finito il suo prezioso grappolo che non trovava più. Ma certo lei non sapeva il nome della ragazza che l’aveva colpita e derubata; quindi si informò da gente che era lì anch’essa a godersi il giorno di sole:
- Conoscete una ragazza coi capelli rossi, così e cosà….
Ed ebbe le informazioni che voleva. La strega possedeva nel suo giardino una vasca d’acqua con dei pesci; bastava avvicinarsi e dire il nome della persona di cui si voleva sapere qualcosa e l’acqua limpida mostrava tutto. Figuratevi come rimase la strega quando nello specchio d’acqua vide tutto ciò che aveva combinato Lea. Ora bisognava rimediare, e la vecchia corse subito nel luogo in cui si trovavano Lidia e Lea. Quando Lidia udì il racconto, dapprima non le credette:
- Vecchia megera - la insultò – come osi dire ciò della persona che ho cresciuto come fosse mia figlia?
Ma la strega insisteva e non voleva andarsene. Era una strega buona e voleva aiutare le due sprovvedute donne. Quando Lidia minacciò di metterla alla porta, a lei venne un’idea:
- Sentite signora – le disse – il giorno in cui aspettate la vostra figliastra io verrò qui e mi nasconderò dietro la tenda della camera di vostra figlia. Lea, come vi ho spiegato già, le sta portando delle arance di cui una avvelenata; naturalmente le porgerà quella. Vostra figlia non deve far altro che sbucciarla e invitare Lea a dividerla con lei; ovviamente la meschina rifiuterà, ma Anna dovrà insistere molto dicendo che se non la potrà dividere con la sorella, non metterà in bocca un solo spicchio di quel frutto. Sono sicura che mai e poi mai Lea assaggerà l’agrume; a questo punto io uscirò da dietro la tenda e la smaschererò. Facciamo questa prova: è per il vostro bene e per quello della vostra adorata figliola. E poi anche io voglio vendetta per ciò che quella disgraziata mi ha fatto.
Mandù era stata convincente e madre e figlia accettarono, non senza dubbi.
La sera stessa Lea mandò un biglietto indirizzato a Lidia in cui diceva che sarebbe andata a trovarle la mattina dopo; questa avvertì subito la strega.
Il piano di Lea era chiaro: eliminare definitivamente quella smorfiosa di Anna; in tal modo niente più invidia che non la faceva riposare la notte, e in più alla morte di Lidia tutti i beni del padre sarebbero spettati a lei. Ma non sapeva che un altro piano, altrettanto ben predisposto l’avrebbe incastrata.
Infatti quando fu in camera di Anna, dopo averle chiesto fingendosi mortificata come stava, le disse che le aveva portato delle arance e dalla cesta ne tirò fuori una, porgendola alla sorella. Anna, come convenuto con la madre e Mandù la supplicò di consumarla insieme a lei, ma Lea rifiutò adducendo varie scuse; disse che si sentiva sazia, che aveva bruciori di stomaco, che voleva che il frutto lo mangiasse tutto quanto l’amata sorella…A questo punto, da dietro la tenda venne fuori Mandù e Lea quando la vide, dovette aggrapparsi alla spalliera del letto per non svenire. La strega inferocita disse:
- Quel giorno nel parco venni derubata del mio magico grappolo di cristallo; quante ne hai combinate servendosi di esso, vipera! Ho visto tutto nella mia vasca d’acqua che riflette tutto ciò che ha fatto e fa una persona di cui si sa il nome. Meno male che ho fatto in tempo ad avvertire Lidia ed Anna: povera anima! Volevi ammazzarla, essere spregevole!
Lea cercò di negare, dicendo che Mandù era una strega e come tale cattiva e poi era vecchia e quindi arteriosclerotica. Lidia, cercando di mantenere il controllo, disse alla figliastra:
- Dunque non hai problemi a mangiare l’arancia. Fallo e dimostrerai la tua innocenza.
Negli occhi di Lea si vide il terrore: era in trappola. Proprio non sapeva che dire o che fare. Questo bastò a madre e figlia per capire che Mandù aveva ragione. Allora Lea, senza neanche scomporsi, confessò: l’invidia e la gelosia per la sorellastra che considerava più bella di lei, l’avevano indotta ad agire così. Quale dolore e meraviglia per madre e figlia! Mentre Anna per lo stupore era ammutolita, Lidia si riprese poco dopo e disse:
- Ingrata! Ti ho cresciuta come se fossi stata nel mio ventre e tua sorella ti ha voluto bene come me. Come hai potuto arrivare a tanto?
Le uscivano di bocca le parole, mentre la testa le rimbombava tutta. Dopodiché Anna scoppiò in lacrime, dicendo:
- Madre, mandala via, non la voglio più vedere…per favore…per favore!
E Lidia, rivolgendosi alla strega, con voce severa le disse:
- Strega buona, tu sia benedetta per averci aperto gli occhi! Ora, ti prego, porta con te questo essere schifoso; che essa non compaia più davanti a me o a mia figlia. Fanne tu quello che vuoi e noi cercheremo di fare come se non fosse mai esistita. Lea non mostrò alcun segno di pentimento, mentre la strega si pronunciava:
- Verrà a casa mia e mi farà da serva, obbedendo perennemente ai miei comandi. E, presa la ragazza per un braccio, la condusse con sé, mentre Lidia ed Anna si abbracciavano.


 
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