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Ode al gatto (Neruda) Dedicato alla mia gatta

Post n°1201 pubblicato il 14 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Gli animali furono

imperfetti lunghi

di coda, plumbei

di testa.

Piano piano si misero

In ordine

Divennero paesaggio,

acquistarono nèi, grazia, volo.

Il gatto,

soltanto il gatto

apparve completo

e orgoglioso:

nacque completamente rifinito,

cammina solo e sa quello che vuole.



L’uomo vuol essere pesce e uccello,

il serpente vorrebbe avere ali,

il cane è un leone spaesato,

l’ingegnere vuole essere poeta,

la mosca studia per rondine,

il poeta cerca d’imitare la mosca,

ma il gatto

vuole essere gatto

ed ogni gatto

dai baffi alla coda,

dal fiuto al topo vivo

dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.



Non c’è unità

come la sua,

non hanno

la luna o il fiore

una tale coesione:

è una sola cosa

come il sole o il topazio,

e l’elastica linea del suo corpo,

salda e sottile, è come

la linea della prua di una nave.

I suoi occhi gialli

hanno lasciato una sola

fessura

per gettarvi le monete della notte.



Oh piccolo

imperatore senz’orbe,

conquistatore senza patria,

minima tigre da salotto, nuziale

sultano del cielo

delle tegole erotiche,

il vento dell’amore

all’aria aperta

reclami

quando passi

e posi

quattro piedi delicati

sul suolo,

fiutando,

diffidando

di ogni cosa terrestre,

perché tutto

è immondo

per l’immacolato piede del gatto.



Oh fiera indipendente

della casa, arrogante

vestigio della notte,

neghittoso, ginnastico

ed estraneo,

profondissimo gatto,

poliziotto segreto

delle stanze,

insegna

di un

irreperibile velluto,

probabilmente non c’è

enigma

nel tuo contegno,

forse non sei mistero,

tutti sanno di te ed appartieni

all’abitante meno misterioso,

forse tutti si credono

padroni,

proprietari, parenti

di gatti, compagni,

colleghi,

discepoli o amici

del proprio gatto.



Io no.

Io non sono d’accordo.

Io non conosco il gatto.

So tutto, la vita e il suo arcipelago,

il mare e la città incalcolabile,

la botanica,

il gineceo coi suoi peccati,

il per e il meno della matematica,

gli imbuti vulcanici del mondo,

il guscio irreale del coccodrillo,

la bontà ignorata del pompiere,

l’atavismo azzurro del sacerdote,

ma non riesco a decifrare un gatto.

Sul suo distacco la ragione slitta,

numeri d’oro stanno nei suoi occhi.

 
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