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La Pimpaccia
Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia
La storia di Olimpia Maidalchini è un intrecciarsi inestricabile di leggenda e maldicenze, mescolate abilmente, nel corso dei secoli, dai suoi innumerevoli detrattori, tanto da farne una figura nera, una delle tante che ci arrivano dal 1600, periodo storico complesso, ricco di contraddizioni e di figure manipolate, in cui sembrano assommarsi i peggiori vizi uniti a poche virtù.
La figura di Olimpia, spregiativamente chiamata dai romani la Pimpaccia, in effetti presenta zone d’ombra molto ampie, anche sfrondata dalle innumerevoli esagerazioni costruite attorno alla sua figura.
Una donna di potere, quindi una persona malvista già in partenza per il suo ruolo; ma anche una donna testarda, volitiva, capace di imporsi in un universo popolato esclusivamente da figure maschili.
Olimpia nasce a Viterbo il 26 maggio 1594, figlia di un uomo d’affari, che oggi definiremmo un capitano d’industria; e lo era davvero un capitano, Sforza Maidalchini, mentre sua madre Vittoria Gualterio era una rampolla della buona nobiltà.
Quarta figlia di una famiglia in cui c’erano un maschio e tre femmine, Olimpia venne destinata al convento; il padre aveva intenzione di lasciare il suo patrimonio all’erede maschio, com’era consuetudine a quei tempi; ma lei, a cui il carattere certo non difettava, non aveva alcuna intenzione di prendere i voti.
L’obiettivo del Capitano Sforza era evidente; mandare la figlia in convento in modo da evitare di doverla sposare con la conseguenza di dovere metter su la dote necessaria per un matrimonio onorevole.
Ma aveva fatto i conti senza il carattere e la volontà di quella sua figlia ribelle, decisa ad avere un posto nella società, a non lasciarsi intristire e avvilire dietro le mura di un convento.
Così, quando suo padre la affidò ad un sacerdote per la necessaria preparazione spirituale, la donna trovò un escamotage poco onorevole ma assolutamente funzionale alle sue mire; accusò il povero e incolpevole sacerdote di aver tentato di usare violenza carnale, provocando uno scandalo enorme e costringendo la chiesa a sospendere l’incolpevole uomo dalle sue funzioni. Olimpia ebbe quindi partita vinta, perchè il padre fu costretto a rinunciare all’idea di farla suora e si industriò per trovarle marito.
Aveva all’incirca 16 anni o poco meno, Olimpia, quando andò in sposa al ricco Paolo Nini; ed ebbe la fortuna (naturalmente per lei, non certo per lo sposo) di restare vedova dopo soli tre anni, con un’eredità cospicua.
Poichè non era certo il carattere a mancarle, ne l’ambizione, si mosse con abilità e furbizia in quella giungla che era la società nobile romana, alla ricerca di un altro marito, che aggiungesse ai soldi anche la nobiltà, un titolo che la facesse diventare una patrizia.
Scaltra, accorta e lungimirante, cercò a lungo il nome adatto e alla fine lo individuò in quello di Pamphilio Pamphilj, che era discendente di uno dei rami della famosa famiglia Pamphilj, ricca di titoli nobiliari ma povera di denaro. Intelligentemente, la donna aveva scelto con cura il futuro marito; lei aveva poco più di diciotto anni, l’uomo ne aveva 50. Un matrimonio che quindi andava benissimo per entrambi, perchè Olimpia si ritrovava ad essere imparentata con una delle famiglie romane più importanti mentre l’uomo prendeva in moglie una donna giovane e ricca, che rinsanguava le esauste casse della famiglia.
Una scelta dettata da motivi venali, ma che si rivelerà la sua fortuna.
Il fratello di Pamphilio, Giovanni Battista, stava scalando i vertici ecclesiastici; lei ebbe l’intelligenza, spinta dall’ambizione, di favorirne in ogni modo l’ascesa, grazie anche al patrimonio che il defunto Nini le aveva lasciato.
Così un pò corrompendo, un pò lusingando,la donna riuscì a portare suo cognato fino all’elezione a papa; Giovanni Battista diventò Innocenzo X , e da quel momento il suo potere e il suo prestigio aumentarono a dismisura.
Allo stesso tempo iniziava a crescere in egual modo una leggenda nera attorno a lei; le voci popolari la volevano segretamente amante del papa, si mormorava che per qualsiasi carica, onore o lavoro presso la Santa sede bisognasse obbligatoriamente passare da lei. Allo stesso modo si diffondevano notizie, non sappiamo quanto veritiere, sulla sua smodata avidità di denaro.
Pasquino
Si mormorava che facesse la cresta su tutto, dall’assistenza ai pellegrini per il Giubileo indetto da papa Innocenzo X per il 1650 ai generosi lasciti elargiti a cortigiane e donne varie che popolavano le corti.
A proposito di questo si diceva che Olimpia in realtà favorisse un losco giro di prostituzione, dal quale ovviamente ricavava denaro ma non solo; era in questo modo al corrente dei segreti inconfessabili di patrizi e prelati, che usava per aumentare il suo potere e prestigio.Pasquino, la voce parlante di Roma, si scatenò con la solita arguzia: “Chi dice donna, dice danno – chi dice femmina, dice malanno – chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina”
Fu lo stesso Pasquino a soprannominarla Pimpaccia, deformando in romanesco il titolo di una commedia assai famosa nel 1600, Pimpa, la cui protagonista era come donna Olimpia una donna furba e arrivista; da quel momento il soprannome le restò come una seconda pelle, accompagnandola per l’eternità; un’altra versione dice che l’autore, sempre Pasquino, abbia creato un gioco di parole con Olim-pia, nunc impia”
preso dal latino olim = una volta e pia =religiosa; nunc = adesso e impia, ovvero una donna una volta pia e religiosa e ora esattamente all’opposto.
Va detto che Donna Olimpia era comunque una donna in gamba; fu lei secondo alcune cronache dell’epoca a permettere al Bernini di creare la fontana di piazza Navona; al solito, i bene informati sostennero che il Bernini ebbe dal papa l’appalto per la splendida opera solo perchè il geniale scultore e architetto mandò un modello in argento massiccio della stessa fontana a Donna Olimpia, che in pratica sovraintendeva tutti i lavori che si svolgevano nella capitale. Il Papa, che vide il modellino, ne rimase entusiasta e affidò a Bernini il compito di realizzare la fontana, mentre il modello ovviamente rimase nelle capienti tasche di Donna Olimpia.
Nel 1639 l’anziano marito muore, tra i sospetti generali; la solita leggenda nera vuole che la donna abbia avvelenato il marito, ma anche in questo caso siamo di fronte a dicerie; Pamphilio aveva un’età ragguardevole, era quasi ottantenne, può quindi starci una morte per cause naturali.
Comunque sia, la donna, a 45 anni, ritorna vedova,smodatamente ricca e sempre più ambiziosa. Suo cognato, il Papa, la nomina principessa e feudataria.
Ma il popolino continua a mormorare alle sue spalle cose terribili; quando nel 1655 il suo protettore ,Innocenzo X morì, donna Olimpia si impadronì di tutto quello che il papa possedeva.
Pare che la donna si imposessasse di due casse piene di monete d’oro; non solo, non volle nemmeno partecipare economicamente alle spese del funerale, tanto che papa Innocenzo X rimase per un intero giorno in attesa di essere collocato in una cassa da morto. Fu il maggiordomo del Papa a mettere di tasca sua i soldi per comprare una cassa in cui deporre il pontefice.
La morte del papa mise fine all’enorme potere di Donna Olimpia; la donna, che aveva brigato in maniera tale da far eleggere suo figlio Camillo al soglio cardinalizio, subì l’onta della rinuncia dello stesso alla porpora cardinalizia. Il giovane infatti sposò Olimpia Aldobrandini,figlia del principe Borghese, con la quale la omonima e terribile suocera Olimpia Maidalchini ebbe un rapporto tempestoso.
Fabio Chigi , Papa Alessandro VII, salito al trono di Pietro dopo la morte di Innocenzo X la allontanò da Roma, mettendo fine alla sua carriera di donna di potere.
La papessa, com’era anche soprannominata Donna Olimpia, visse soltanto due anni nel suo esilio dorato nelle campagne viterbesi; la peste del 1657 la portò via, come una qualsiasi mortale.
La sorpresa arrivò da quello che Donna Olimpia lasciò agli eredi; si calcola che i beni ammontassero alla cifra iperolica di due milioni di scudi.
La gente, il popolino non l’aveva però dimenticata.
E da quel momento nacque la sua leggenda nera.
Si diffuse la voce che il suo fantasma prendesse a correre, la sera del 7 gennaio, in corrispondenza dell’anniversario della morte di Innocenzo X, su una carrozza in fiamme per piazza Navona, che percorreva fino a raggiungere il Tevere, dove sprofondava con tutto ciò che la rapace donna aveva accumulato nella sua vita.
Ancora, un’altra versione della stessa leggenda nera raccontava come la donna percorresse di gran carriera la strada che portava alla villa del papa, sempre su un carro di fuoco, e che giunta a destinazione, il carro sprofondasse in un abisso spalancatosi per terra, nel quale c’era una legione di diavoli ad attenderla.
La sua figura divenne, con il passare degli anni, un sinonimo di avidità, sete di potere; le si attribuirono nefandezze di ogni genere che ovviamente si gonfiarono a dismisura, demonizzando storicamente la sua figura ben aldilà della reale portata del personaggio.
Se Olimpia fu davvero una donna senza scrupoli, assetata di denaro e potere, non va dimenticato che si mosse in un universo completamente dominato dagli uomini, che sfuggi alla triste sote di dover diventare suo malgrado monaca solo con l’astuzia, e che ebbe di conseguenza una vita accelerata dalla decisione di sposarsi ancor giovanissima.
Una donna che seppe sfruttare al meglio le non comuni doti di intelligenza, che si unirono ad altrettanto poco invidiabili doti di avidità; alla fine il suo nome oggi è ricordato molto più del suo grande protettore, papa Innocenzo X, segno che nel bene o nel male la Pimpaccia era un donna fuori dal comune.
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38