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Enrichetta Blondel

Post n°1498 pubblicato il 29 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Enrichetta nacque da Maria Mariton, una calvinista di origini francesi, e da François-Louis Blondel (1749-1812), un agnostico industriale svizzero, imparentato con dei banchieri ginevrini, emigrato in Italia nel 1771.La coppia oltre a Enrichetta ebbe altri sette figli. Blondel si stabilì prima a Bergamo e poi a Casirate, dove fondò un'industria tessile e avviò il commercio della seta, dai primi anni dell'Ottocento si stabilì a Milano in una casa acquistata dal conte Carlo Imbonati.

Malgrado le opinioni in materia di religione dei genitori, Enrichetta venne battezzata nella parrocchiale di Casirate.

Targa sulla chiesa parrocchiale di Casirate d'Adda in ricordo del battesimo di Enrichetta Blondel

A Milano fece scarsi studi - la sua conoscenza del francese, la lingua di famiglia, è molto imperfetta - e vi conobbe nel 1807 Alessandro Manzoni, figlio di Giulia Beccaria la quale, amante di Carlo Imbonati, aveva avuto occasione di frequentare i Blondel.

I due giovani si sposarono a Milano l'8 febbraio 1808 nella casa del Manzoni sia civilmente che con rito calvinista. A Parigi, dove si erano recati in giugno, il 23 dicembre nacque la prima figlia Giulia Claudia: la bambina fu battezzata secondo il rito cattolico per volontà del padre.

A seguito della richiesta del Manzoni, il 18 novembre 1809 papa Pio VII autorizzò la celebrazione del matrimonio cattolico, avvenuto il 15 febbraio 1810 nella casa dell'ambasciatore del Regno d'Italia in Francia Ferdinando Marescalchi, mentre Enrichetta entrava ufficialmente a far parte della comunità cattolica dopo aver pronunciata formale abiura del calvinismo nella chiesa parigina di Saint-Severin il 22 maggio. L'abiura provocò una dura reazione da parte della madre di Enrichetta, che arrivò a definire la figlia " ingrata e spergiura" e la scacciò dalla famiglia. Enrichetta soffrì moltissimo, dato che era molto legata a tutti i suoi e ne sentiva la mancanza: solo la mediazione del fratello Carlo, impietosito dal suo dolore, fece sì che la madre ammorbidisse la sua posizione ed Enrichetta fosse riammessa nella famiglia d'origine.

Il cattolicesimo della Blondel fu, sia per la sua stessa formazione protestante che per l'influsso del suo istruttore, l'abate Eustachio Degola, permeato fortemente di giansenismo.

La sua conversione influì molto nella decisione di Manzoni di riavvicinarsi alla fede[1]. È una protagonista dell'episodio forse leggendario del "Miracolo di San Rocco". Durante i festeggiamenti per le nozze fra Napoleone e Maria Luisa d'Austria (aprile 1810), i coniugi Manzoni, a passeggio nel centro di Parigi, furono divisi dalla folla festante. Alessandro, angosciatissimo perché non trovava più la sposa e per di più sofferente di agorafobia, si rifugiò nella chiesa di San Rocco ove ebbe l'illuminazione a convertirsi:poi, uscito dalla chiesa, si imbatté subito proprio nella giovane moglie!

Ritornati in Italia in giugno, Enrichetta condusse una vita incentrata sulla famiglia, fatta di continue gravidanze e di molte malattie: particolarmente gravi quelle avute nel 1821 dopo la nascita della figlia Clara e nel 1830, dopo la nascita di Matilde. Enrichetta ebbe dieci figli:

  • Giulia Claudia (23 dicembre 1808 - 20 settembre 1834),
  • Luigia Maria Vittoria (nata e morta il 5 settembre 1811),
  • Pier Luigi (21 luglio 1813 - 28 aprile 1873),
  • Cristina (23 luglio 1815 - 27 maggio 1841),
  • Sofia (12 novembre 1817 - 31 marzo 1845),
  • Enrico (7 giugno 1819 - 28 ottobre 1881),
  • Clara (12 agosto 1821 - 1º agosto 1823),
  • Vittoria (17 settembre 1822 - 15 gennaio 1892),
  • Filippo (18 marzo 1826 - 8 febbraio 1868),
  • Matilde (30 maggio 1830 - 30 marzo 1856).

Tuttavia Enrichetta non fu mai una donna spenta e ininfluente: fu anzi il centro e il motore della famiglia, adorata da Alessandro ed anche dalla suocera, la pur esigente Giulia Beccaria, che la considerava una vera figlia.

Divenuta quasi cieca, la Blondel morì nella villa di Brusuglio il 25 dicembre 1833. Lo strazio di Alessandro Manzoni fu tale che non gli riuscì mai di completare l'ode che si era accinto a scrivere per la morte della moglie "Natale 1833", ode che infatti ci è giunta solo in frammenti carichi di dolore e angoscia.

 
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