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Azincourt

Post n°1639 pubblicato il 15 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Figlio primogenito di Enrico IV di Lancaster salì sul trono inglese nel 1413 dopo la morte del padre. Anche se istruito ad una dura scuola di guerra non si lasciò scappare una vita frivola e leggera, tanto che Shakespeare nell'Enrico IV lo aveva descritto come frequentatore di bettole accanto a Falstaff, mentre nell'Enrico V, lo ripresenta come un giovane-simbolo dell'eroismo patrio.
Venne nominato cavaliere ad appena 12 anni da re Riccardo, ottenne giovanissimo il comando delle truppe inglesi impegnate in Galles, e successivamente condusse diverse campagne in Scozia ed in Inghilterra. La campagna contro Carlo VI fu preparata con scrupolosa attenzione, e nonstante la sua giovane età i nobili del regno anglosassone gli furono molto devoti, visto soprattutto il cambiamento, che aveva portato quel giovane da una vita "leggera" ad un altra vita assai più morigerata e pia.
La guerra dei cent'anni fu la prima occasione in cui gli inglesi si muovevano per la costruzione di una grande flotta, impresa mai tentata fino ad allora, ed anche per consolidare il potere dei Lancaster nell'isola, ma non solo; con la vittoria di Azincourt e il seguente trattato di Troyes, Enrico V si garantirà anche il titolo di re di Francia visto che aveva sposato la figlia dell'ex-reggente Carlo VI, Caterina. Enrico V, morirà poi nel 1422 per un male misterioso, contratto mentre combatteva contro gli Armangnacchi, ma lasciò a suo figlio la corona di un paese la cui pace interna non era più in discussione, e che aveva aumentato notevolmente il suo prestigio anche agli occhi dell'intera diplomazia europea.


Carlo VI (1368-1422)

Figlio di Carlo V e di Giovanna di Borbone, ascese al trono del suo paese quando era ancora minorenne, vista la morte del padre(1380), che però aveva decretato come maggiorenni i regnanti che avessero compiuto almeno 14 anni.
Era logico che appena due anni più tardi il piccolo Carlo dovesse prendersi il trono e il potere, senza più aver bisogno della tutela degli zii, che invece mantennero il potere nelle veci del giovane fino al 1388.
Dopo aver allontanato gli zii dal potere, riuscì finalmente a ristabilire l'ordine sociale (sconvolto da povertà, carestia e guerre) e fiscale, facendo di Parigi uno dei maggiori centri finanziari d'Europa. Nel 1392 tuttavia venne colpito da follia e fu quindi costretto a cedere il potere nuovamente nelle mani degli zii e di suo fratello Luigi duca d'Orleans, che ne approfirttarono subito per arricchire i loro interessi. Ma l'apparente intesa fra questi "principi" non doveva essere così solida come sembrava, visto che il duca d'Orleans fu assasinato e che, dopo questo crimine, vi fu la frattura del paese in due "parti": gli Armagnacchi e i Borgognoni.
Di questa guerra intestina non poteva che approfittarne il re d'Inghilterra che impose al sovrano l'umiliante pace con il trattato di Troyes con il quale Carlo VI diseredò suo figlio Carlo VII. Alla battaglia di Azincourt "il re folle" non partecipò, e morì nel 1422 lasciando il suo regno a suo nipote Enrico VI di Lancaster.

La guerra dei cent'anni

Come noto i re inglesi si trovavano in quei secoli in una situazione abbastanza particolare: erano sovrani di uno stato (l'Inghilterra appunto) ma al tempo stesso erano feudatari in Francia, cosa che li rendeva vassalli del re transalpino. La situazione era chiara: se da un lato gli inglesi facevano di tutto per tenere sotto il prorpio dominio le terre francesi, gli stessi francesi tentavano in tutti i modi di indebolire il potere "straniero" nel continente.
Ma la situazione diventò critica quando il re di Francia Carlo IV morì senza avere eredi diretti, e così al trono salì Filippo VI di Valois discendente della originaria dinastia capetingia alla quale anche il re deceduto apparteneva. Ma si presentò sulla scena anche lo stesso re d'Inghilterra Edoardo III, figlio di Isabella di Francia sorella dello stesso Carlo IV, che rivendicò per sè il trono di Francia poichè il suo legame di parentela con il defunto era più stretto del re che era stato incoronato. E così fu guerra (1337) tra Francia ed Inghilterra.....

Gli inglesi uscirono vittoriosi da Crècy come ad Azincourt e poterono quindi dettare le condizioni di pace a Brètigny(1360-1413). Condizioni che perdurarono fino a che in Inghilterra salì al potere Enrico V di Lancaster.

Si possono estrarre da questi anni di guerra alcune importanti riflessioni: innanzi tutto la guerra fu combattuta interamente sul territorio francese, mai sull'isola britannica; la campagna militare tipica di quegli anni non aveva come scopo principale quello di affrontare il difensore e distruggerlo con una battaglia in campo aperto, bensì quello di utilizzare le truppe "d'assalto" per depredare campagne e città inermi al solo scopo di indebolire la credibilità del regnante "interno", costringendolo a uscire fuori dalle città ed evitando sanguinose perdite con gli assedi delle stesse.
Si può quindi capire facilmente come la chevauchèe (ossia la cavalcata) era un adatto strumento per i re inglesi che in terra francese non potevano certo disporre di armate di numero superiere a quello francese e quindi non potevano rischiare di esporsi troppo, anche perchè le armate francesi erano considerate, non solo per quantità, ma anche per qualità, tra le migliori

L'araldica

L'araldica si compone di una serie di regole standardizzate che venivano utilizzate per riconoscere lo stato nobilare dei combattenti tramite le insegne. Anche se l'uso, formalmente, era già in vigore all'inizio del medioevo, questa tradizione prende piede nel pieno seicento. Degli stendardi utilizzati nelle epoche medievali si riscontrano caratteristiche come: un colore specifico, ma soprattutto dei simboli che contraddistinguevano il casato, come animali (reali o fantastici); luoghi d'origine (un albero per indicare la provenienza da una foresta, o una nave, o una torre).
Questi vessilli erano utilizzati soprattutto nei tornei cavallereschi per identificare il combattente e per rispondere a precise esigenze estetiche, ma anche come strumento di comunicazione durante le fasi di una battaglia.


Oriflamme

L'Oriflamme, era il mitico nome del sacro stendardo da guerra (in origine insegna dell'abbazia di St. Denis) usato dai re di Francia dal XII fino al XV secolo. Il colore era di un rosso vivo, con dei contorni verdi, delle stelle o fiamme d'oro in mezzo, e terminava con 2, 3 o a volte anche 4 punte. Durante la battaglia di Azincourt era stato dato in consegna a Guillaume de Martel che lo lasciò solo dopo la sua morte sul campo di battaglia: da allora non fu più ritrovato.

La guerra "inglese"

Tra il XII e il XIV secolo, in Italia soprattuto ma anche nel resto d'Europa, si erano affrontate in più di una occasione le fanterie cittadine contro le cavallerie feudali. Sia le truppe delle libere città d'Italia che altri (come i fiamminghi), alternavano a fanterie molto pesanti, altre ben più leggere e dotate semplicemente di archi o di balestre. In Germania ed in Svizzera soprattutto si andavano formando reggimenti imponenti di fanterie pesanti ma soprattutto di piccheri: questi grazie alle loro robustissime aste, e al loro schieramento compatto, erano in grado di fermare anche le cariche della cavalleria degli uomini d'arme. Tutte queste evoluzioni però non si verificarono anche in Inghilterra.
Negli anni in cui i re inglesi avevano cercato di consolidare il loro potere sull'intera isola britannica, si erano trovati ad affontare altre popolazioni, come Scozzesi e Gallesi, che avevano caratteristiche militari ben distinte. Gli sscozzesi utilizzavano le poleaxe, aste adatte a colpire sia di botta che di punta, mentre i gallesi si specializzarono nell'uso degli archi.
I regnanti inglesi, col passare degli anni, adattarono quindi le loro truppe alla conformazione del territorio nemico (in genere montuoso) assimilandone gli usi, e andando a sviluppare un tipo di esercito del tutto diverso da quelli continentali. La maggior parte delle truppe era formata da fanti, essenzialmente arcieri, con delle cavallerie molto leggere e mobili dette hobelar miste a quelle più pesanti. Nel tempo gli inglesi impararono a evolvere le armi utilizzate in pricipio dai loro "vicini-nemici": in particolare l'evoluzione dell'arco nel Longbow (arcolungo), capace di penetrare le corazze fino a 200 metri con una cadenza di fuoco tre volte superiore alla balestra genovese. L'esercito inglese riuscì perfino ad esportare un tipo di atteggiamento tattico che venne assimilato da alcuni eserciti continentali, cioè lo schierare in fase difensiva sia le cavallerie leggere che quelle pesanti appiedate e inframezzate a reggimenti di arcieri.
Tuttavia, soprattutto dal punto di vista tattico, l'esercito inglese aveva una grossa lacuna: la pericolosità delle sue truppe diventava alta solo in caso di attacco nemico. Infatti come potenza offensiva e come forza d'urto l'esercito inglese aveva ben poco da offrire e semmai poteva contrattaccare, mai attaccare. Questo è uno dei motivi per cui ad Azincourt furono i francesi ad effettuare la carica.

Il longbow (arcolungo)

L'arcolungo usato dagli inglesi durante la battalia di Azincourt ha forse origine gallese, di sicuro si sa che la sua gittata era pari a quella della balestra ma le frecce potevano essere lanciate con una velocità assai superiore, in rapporto di circa uno a tre (un dardo da balestra = tre frecce arcolungo), ed un rapporto di penetrazione superiore.
In seguito alla sconfitta di Azincourt si ha la sicurezza che i fabbri francesi dovettero lavorare per fabbricare armature di gran lunga più resistenti di quelle allora in uso, soprattutto per proteggere in miglior misura la cavalleria, che era uno degli obiettivi-cardine dei reggimenti di arcieri. Questi ultimi erano formati in pevalenza da normalissimi fanti nonchè da cavalieri smontati da cavallo, che avevano come obiettivo principale la distruzione e lo scompaginamento dei reparti fondamentali dell'esercito nemico, come in questo caso la cavalleria feudale francese.
La costruzione di questa temibile arma da guerra era relativamente facile, si utilizavano di base dei rami di olmo o di frassino, che venivano accuratamente levigati e avevano una lunghezza approssimativa di un metro e mezzo; l'arcolungo sviluppava un peso alla corda di 50-80 libbre. Questi dati fanno capire come il maneggiare un arco di queste dimensioni e potenza non fosse poi così facile come costruirlo, era richiesta una certa forza per tenderlo unita ad una lunga pratica nell'uso. Ed è proprio a questo scopo che, per ordine espresso del re, in molte contee si "pubblicizzavano" gare a premi con l'uso di questa arma.
L'arciere inglese non indossava una protezione molto pesante, poichè una armatura ne avrebbe impedito i movimenti a scapito del tiro, in compenso si ha la quasi totale certezza che ad Azincourt i "longbowmen" fossero equipaggiati con una specie di "giubotto imbottito", buono solo contro gli attacchi più flebili, e altre piccole protezioni che dovevano coprire gambe e braccia. In compenso l'attrezzatura offensiva era di gran lunga superiore, l'arcire esperto infatti poteva usufruire di un grandissimo numero di frecce, e di un palo assai grande e robusto con una punta di ferro che, piantato nel terreno, veniva utilizzato come barriera contro le cariche nemiche.
Ma, nonostante i successi e l'organizzazione raggiunta dagli inglesi con questo reparto, in tutto il resto dell'Europa continentale il Longbow non prese mai completamente piede, mentre avrebbero trionfato, di lì a pochi anni ancora, le armi da fuoco.


La campagna di Enrico V

Nel 1360 si stipulò la pace di Brètigny con la quale Edoardo III si impegnava a rinunciare al trono di Francia in cambio delle terre di Poitou e della città di Calais. Il regnante francese Carlo V si adoperò per riorganizzare la sua patria e cercò di riconquistare gran parte dei territori perduti grazie anche al mitico condottiero Bernard du Guesclin. IL successore di Carlo V, Carlo VI dovette assistere all'uccisione di suo fratello Luigi d'Orleans da parte dell'inglese Giovanni Senza Paura, che riuscì quindi a riportare il caos all'interno della nobiltà francese.
Fu così, infatti, che si scatenò uno scontro (in realtà mai sopito) tra Orleanisti e Borgognoni, questi, ridotti in condizioni esasperate dalla guerra civile, chiesero l'aiuto e il sostegno di Enrico V re d'Inghilterra. Anche in Inghilterra infatti si erano verificati grandi scontri sociali con protagonisti i contadini. Persino clero e nobiltà erano divisi perchè sempre di più in lotta fra loro per ottenere migliori posti nella pubblica amministrazione. Ad aumentare ancora, se possibile, il clima di tensione sull'isola britannica vi era l'ascesa di un nuovo ceto che si andava consolidando a scapito dei due precedenti: la borghesia.

azincourt_1

Dopo aver sistemato i contadini ribelli nel suo paese, Enrico V accettò con favore l'invito dei Borgognoni che prometteva un grande bottino da poter "sevire" ai suoi nobili, che scalpitavano nell'ansia di un'occasione come questa. Fu così che nel 1415 Enrico V sbarcò a Le Havre con un esercito di 10.000 uomini e dopo aver conquistato in settembre la roccaforte di Harfleur, si mise in marcia verso Calais dove poteva raggiungere i rifornimenti necessari per continuare la sua campagna militare. Ma fu costretto dalla piena di un fiume ad addentrarsi verso l'interno dove, presso il castello di Azincourt, trovò l'esercito francese ad aspettarli

Gli eserciti di "mestiere"

Anche se ancora non rivestivano un ruolo di primaria iportanza, le fanterie nel XV secolo avevano assunto dimenmsioni numeriche superiori a quelle della cavalleria. Ma picchieri, arcieri e balestrieri non potevano essere reclutati addestrati e mantenuti perchè gli stati dell'epoca, con la loro caratteristica macchinosità burocratica, erano finanziariamente e logisticamente incapaci a mantenere truppe stabili.
Si andava sviluppando in tutt'Europa l'utilizzo delle truppe mecenarie, che si specializzavano in particolari frangenti della battaglia (mischie in corpo a corpo per i picchieri e i fanti, il tiro per i balestrieri e gli arcieri) e venivano assoldati da coloro che offrivano la paga superiore. Queste truppe di "mestiere" erano abbastanza ben organizzate e di norma comandate dal guerriero più esperto detto Capitano di Ventura (da cui il nome a queste truppe "soldati di ventura"), ma erano altrettanto inaffidabili. Infatti se lo stipendio non era pagato con regolarità abbandonavano il campo di battaglia, e potevano saccheggiare, come compenso, le stesse terre del loro ex-padrone.
Anche quando la guerra si fermava per un pò di tempo, i guerrieri si trasformavano in veri e propri razziatori di campagne, infatti venivano soprannominati dai francesi ècorcheurs ossia gli "scorticatori". Durante le pause della guerra dei cent'anni il fenomeno dei mercenari si diffuse anche in Italia dove giungevano queste compagnie mercenarie in cerca di contratti e di "lavoro" presso i molteplici staterelli presenti nella penisola. Tra le compagnie più famose che hanno combattuto nel nostro paese vi fu la "Compagnia bianca" dell'inglese John Hawkwood (italianizzato in Giovanni Acuto) che stupì per la sua organizzazione e abilità militare. Giovanni Acuto combattè per Milano, per il Papa, per Pisa ed infine nel 1377 perFirenze dalla quale ricevette onore e fortuna.

Jean Le Meingre Boucicault (1366-1421)

Tra i tanti nobili che combattevano per la Francia nelXV secolo spicca il nome di Jean Le Meingre detto Boucicault, cavaliere e maresciallo di Francia. Già da giovanissimo iniziò la sua avventura da guerriero, a soli quattordici anni ebbe il suo primo scontro in Normandia, mentre a sedici era a combattere nelle Fiandre.
Divenne cavaliere nel 1382 per meriti sul campo di Roosbeeke, e da lì cominciò la sua serie di battaglie: nel 1385 combattè in Prussia al fianco dell'Ordine Teutonico (vedi Tannenberg); nel 1386-87 combattè in Spagna; fu nominato Maresciallo nel 1391; nel 1396 era in lotta contro i turchi ma fu fatto prigioniero nella città di Nicopoli dove rimase fino al riscatto; continuò nel 1399, appena liberato, a combattere in Oriente per liberare Costanitinopoli e dal 1403 al 1409 si schierò con la città di Genova nelle sue continue attività guerresche contro Milano.
Fu trovato ad Azincourt ferito sotto una pila di cadaveri inglesi che lo attorniava: morì in prigionia nel 1421 senza che nessuno si offrisse di riscattarlo. In conclusione quest'uomo, uno dei più valorosi cavalieri dell'epoca, non passò un giorno della sua vita fuori dalla battaglia o da una prigione.


Le forze in campo

Per quanto riguarda le cifre esatte sulle forze a dsposizione dei due comandanti, bisogna sempre essere assai misurati, in quanto vanno presi in considerazione i numeri riportati dai narratori di entrambe le parti combattenti, i quqli, a seconda della "nazionalità", aumentavano e diminuivano le cifre sulle truppe.

 

Inglesi

Francesi

Totali

7.300

15.000

Arcieri

5.000

3.000

Cavalieri

1.300

2.000

Fanti

?

10.000

E' anche vero che talvolta neanche i generali sul campo avessero un'idea molto precisa su qanti fossero esattamente i loro soldati, e i narratori più che ai dati tecnici dello scontro si interessavano degli avvenimenti drammatici.
Per quanto riguarda le forze schierate in campo dagli inglesi si possono contare 5.000 arcieri, 1.200 uomini d'arme a cavallo ed un centinaio tra nobili e Lord cavalieri. I francesi avevano a disposizione un esercito sicuramente maggiore di numero che poteva contare su 15.000-20.000 uomini, di cui 2.000 erano cavalieri pesanti, e non è del tutto improbabile che quest'ultima cifra potesse essere addirittura maggiore.
Gran parte delle forze transalpine proveniva da guarnigioni delle città e dei castelli, un'altra parte era costituita da mercenari italiani. Di sicuro i generali si sentivano molto coperti come numero di truppe tanto da rifiutare addirittura una guarnigione di 6.000 balestrieri offerta dal Parlamento della città di Parigi

 
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