Il labirinto
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Giulio d'Este
Fratellastri di Giulio, che Ercole aveva avuto dalla moglie, furono Alfonso I d'Este (successore del padre), Ippolito d'Este (cardinale), Ferrante d'Este, Isabella d'Este (moglie di Francesco II Gonzaga) e Beatrice d'Este (moglie di Ludovico Maria Sforza).
Crebbe alla corte di Ferrara e in seguito ebbe come residenza il suo palazzo in via degli Angeli.
Il primo litigioTra Giulio e Ippolito nacque una disputa riguardante un musicista, don Rainaldo da Sassuolo, al servizio di Giulio. Ippolito però lo voleva per la propria cappella[1][2] e, verso la fine del 1504, venendo a Ferrara in occasione della malattia del padre, portò Rainaldo con sé rinchiudendolo nella Rocca del Gesso, una fortezza appartenente a Giovanni Boiardo, conte di Scandiano. Nel maggio 1505 Giulio scoprì dove si trovava l'uomo ed insieme a Ferrante e ad altri uomini armati si riprese il proprio musicista. Ippolito, consigliere politico di Alfonso, si lamentò con questi per quanto era accaduto e il duca decise di esiliare a Modena Ferrante e a Brescello Giulio.
Sia Lucrezia Borgia (moglie di Alfonso), sia Isabella d'Este e suo marito Francesco riuscirono a convincere Alfonso a perdonare entrambi i fratelli[1][2].
Il secondo litigio [modifica]Successivamente Giulio e Ippolito si trovarono in contrasto di nuovo: entrambi si ritrovarono corteggiatori della dama di compagnia e cugina di Lucrezia Angela Borgia, la quale tra i due sembrava preferire il primo [1][2]. Il 3 novembre 1505, mentre stava tornando da una gita a Belriguardo, Giulio cadde in un'imboscata organizzata dai servi di Ippolito e rimase sfregiato e gravamente ferito agli occhi. Nel dicembre dello stesso anno comunque, Alfonso riuscì a far formalmente riappacificare i fratelli.
La congiura [In Giulio rimase però il rancore sia nei confronti di Ippolito, per avergli danneggiato la vista e la famosa bellezza, sia di Alfonso, per non averlo punito.[2] Nel 1506 insieme a Ferrante, che aspirava a sostituirsi al fratello, e ad altri signori ostili al duca, organizzò un complotto diretto ad eliminare Alfonso e Ippolito. I cospiratori però, a causa della disorganizzazione non riuscirono a portare a compimento il piano: aspettando di notte in strada con pugnali avvelenati che il duca passasse di lì, lo mancarono due volte[1][2].
Durante una delle frequenti assenze del Duca[1], le spie di Ippolito raccolsero però le prove del complotto e, prima che arrivassero ad Alfonso, sia Lucrezia che Isabella consigliarono a Giulio di raggiungere Mantova dove sarebbe stato protetto da Francesco Gonzaga[1][2]. Francesco in effetti, malgrado le richieste del cognato, si rifiutò più volte di consegnare il suo protetto.
Nel frattempo iniziò presso la casa di Sigismondo d'Este, il processo contro i cospiratori: Giulio e Ferrante, insieme ad altri tre, furono dichiarati colpevoli e condannati a morte.
Messo alle strette, essendo Alfonso intenzionato a riprendersi Giulio con le armi[2], Francesco Gonzaga lo restituì al fratello.
Mentre per gli altri cospiratori la sentenza capitale fu eseguita, Giulio e Ferrante, rinchiusi nella torre dei Leoni, furono graziati ma i loro beni confiscati.
Ferrante morì in prigione nel 1540 dopo 34 anni di carcere. Giulio invece, dopo 53 anni di prigionia, fu liberato dal pronipote Alfonso II d'Este all'età di 81 anni, destando nei passanti scalpore quando girava per strada poiché soleva vestirsi alla moda di 50 anni prima
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Inviato da: RicamiAmo
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