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Scrittrici dimenticate:Camilla Cederna
Camilla Cederna (Milano, 21 gennaio 1911 – Milano, 5 novembre 1997) è stata una giornalista e scrittrice italiana.
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Nasce da Ersilia Gabba e da Giulio Cederna figlio di Giuseppe, valtellinese di modeste condizioni, prima garibaldino e poi imprenditore del cotone a Milano. La madre Ersilia, figlia di Luigi Gabba, garibaldino e professore al Politecnico di Milano, è una delle prime donne in Italia a conseguire la laurea (in germanistica).[1]
Camilla si laurea in letteratura latina con una tesi su "Prediche contro il lusso delle donne dai filosofi greci ai Padri della chiesa". Esordisce nel giornalismo nel 1939 sul quotidiano milanese vicino al Partito nazionale fascista, L'Ambrosiano.
Dal 1945 al '55 è redattrice nel settimanale L'Europeo. Dal '58 all''81 diventa inviata per L'espresso, dove è pure titolare di una famosa rubrica di fatti di costume, "Il lato debole". Negli anni 90 collabora con la rivista Panorama.
Camilla Cederna era la sorella di Antonio Cederna.
Il caso Pinelli e la vicenda Calabresi [modifica]Per approfondire, vedi le voci Giuseppe Pinelli, Omicidio Calabresi e Lettera aperta a L'Espresso sul caso Pinelli. |
Dal 1969 la Cederna iniziò ad accentuare il proprio interesse per la politica italiana. Dopo la strage di Piazza Fontana, pubblicò un'inchiesta sulla morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, fermato per accertamenti nell'ambito dell'inchiesta e morto precipitando da una finestra di un ufficio della Questura milanese mentre si concludeva il terzo giorno di interrogatorio. Nel 1971 fu la principale ispiratrice della lettera aperta pubblicata sul settimanale L'Espresso contro il commissario Luigi Calabresi e i magistrati che, secondo la giornalista, non lo avevano tutelato durante l'inchiesta sul caso Pinelli.[2] Quando, pochi mesi dopo, Calabresi fu freddato di fronte alla sua abitazione, la giornalista si trovò al centro di dure contestazioni iniziate con il commento accusatorio del prefetto Libero Mazza ai giornalisti radunati, tra cui la stessa Cederna, all'ospedale San Carlo mentre all'interno veniva composto il cadavere del commissario[3].
La Cederna firmò anche il libro Pinelli: una finestra sulla strage, a causa del quale venne poi accusata dall'allora questore di Milano di essere il mandante morale dell'omicidio di Calabresi.[4]
Nel 1991 Vittorio Sgarbi in una trasmissione televisiva affermò: "Camilla Cederna è stata quasi la mandante dell'omicidio Calabresi perché ha scritto un libro contro di lui, incriminandolo come se fosse stato l'assassino del famoso anarchico Pinelli". Successivamente la Cederna chiese ed ottenne un risarcimento danni per cento milioni di lire. In secondo grado, nel 2000, la Corte d'appello di Milano ritenne che Sgarbi avesse esercitato il legittimo diritto di critica e revocò il risarcimento. Contro questa sentenza gli eredi della scrittrice ricorsero in Cassazione ma il ricorso venne rigettato dalla Corte Suprema con la sentenza n° 559/05 del 13 gennaio 2005.[5]
Giovanni Leone. La carriera di un presidente [modifica]Sempre dalle colonne de L'Espresso, a partire dal 1975, Camilla Cederna iniziò una veemente campagna scandalistica contro Giovanni Leone, Presidente della Repubblica in carica, ed i suoi familiari.
Nel 1978 uscì il suo libro Giovanni Leone. La carriera di un presidente che vendette oltre 600.000 copie e che fu determinante nella decisione di Leone di dimettersi da capo dello Stato. Il libro era stato scritto sulla base di fonti come quella di Mino Pecorelli con brani tratti dall'agenzia scandalistica "OP" ritenuta vicina ai servizi segreti deviati. A questo pamphlet sulle presunte irregolarità commesse dal presidente e dei suoi familiari, la parte politica di cui Leone era espressione non reagì,[6] né consentì allo stesso Capo dello Stato di reagire: il Guardasigilli del settimo governo Andreotti, più volte sollecitato dal Quirinale, rifiutò di accordare la necessaria autorizzazione a procedere penalmente contro l'autrice per oltraggio al Capo dello Stato. Furono soltanto i figli di Leone a poter sporgere querela, per i fatti loro ascritti.
La Cederna perse in tutti e tre gradi di giudizio: fu condannata per diffamazione e fu comminata a lei e al suo giornale L'espresso una multa salata. Fu altresì decretata la distruzione di tutte le copie del suo libro.[7]
Tuttavia soltanto un decennio dopo, Giovanni Leone sarà totalmente ed integralmente riabilitato. Nel 1998 Emma Bonino e Marco Pannella gli chiesero ufficialmente scusa. Il 25 novembre 2006 il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano manifestò esplicitamente il suo dispiacere per la grave ingiustizia che ebbe a subire il Presidente Giovanni Leone e la sua famiglia.
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38