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Scrittori dimenticati:Romano Bilenchi

Post n°2004 pubblicato il 25 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Romano Bilenchi (Colle Val d'Elsa, 9 novembre 1909Firenze, 18 novembre 1989) è stato uno scrittore italiano.

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Biografia [modifica]
Colle di Val d’Elsa: la stele dedicata a Romano Bilenchi

Romano Bilenchi nasce a Colle Val d'Elsa da una famiglia di piccoli industriali, con suo padre convinto socialista.

Dopo aver iniziato gli studi a Siena, ragazzo culturalmente preparato e dal carattere non facile, si forma una coscienza di classe frequentando la classe operaia della sua cittadina, nei fermenti culturali e sociali del primo dopoguerra.

Giovanissimo s'iscrive a quel movimento di sinistra che fu all'inizio il fascismo di protesta e trasferitosi a Firenze inizia a collaborare a vari periodici politici e letterari, pubblica le sue prose su L'Universale diretta dal poeta Berto Ricci e su riviste strapaesane come Il Selvaggio, sul quale esordisce nel 1930 come collaboratore di Mino Maccari suo amico e corregionale, oltre che sul Primato diretta da Giuseppe Bottai e sul Bargello, organo ufficiale del Partito fascista fiorentino.

Trasferitosi momentaneamente a Torino nel 1931 è caporedattore a La Stampa sotto la direzione di Curzio Malaparte. Nel 1934, con la raccomandazione di Galeazzo Ciano, incomincia a collaborare a La Nazione di Firenze, ma proprio in quel periodo il giovane matura una posizione sempre più critica nei confronti del fascismo, posizione che lo porta in seguito ad un'uscita semiufficiale dal partito all'epoca della Guerra di Spagna e poi definitivamente nel 1940.

Il suo primo romanzo, Vita di Pisto, che narra del nonno, vecchio garibaldino, venne pubblicato nel 1931 per le edizioni della rivista Il Selvaggio. La prima vera opera narrativa, per molti rimasto il suo capolavoro, fu però il romanzo Conservatorio di Santa Teresa, pubblicato nel 1940 ma scritto fra il 1936 e il 1938), al quale fece seguito Anna e Bruno e altri racconti (1938), il Mio cugino Andrea (1943) e la trilogia di racconti lunghi La siccità (1941), La miseria (1941) e per ultimo Il Gelo nel (1983).

Nel 1943, durante l'occupazione tedesca, lo troviamo molto attivo nella lotta clandestina e nei primi anni del dopoguerra diventa redattore capo della "Nazione del Popolo", organo del Comitato di Liberazione Nazionale toscano, e s'iscrive al partito comunista ma fin dall'inizio fu molto critico nei confronti dello stalinismo di cui non condivideva i metodi autoritari che si tramutavano sempre di più nel più becero totalitarismo. La carriera giornalistica di Bilenchi è legata alla straordinaria avventura del Nuovo Corriere" di Firenze: prima come caporedattore poi, dall'11 settembre 1948, come direttore fa del quotidiano fiancheggiatore del PCI, una voce intelligente e mai banalmente allineata alle direttive del partito. Prova ne è l'editoriale del primo luglio nel quale Bilenchi condannava la dura repressione delle proteste degli operai polacchi avvenuta a Poznan il 28 giugno 1956. Una totale libertà di giudizio che porterà alla chiusura del giornale il 7 agosto di quello stesso anno e al suo abbandono del PCI.

Nei primi anni 50, anni controversi di contrapposizione con la nascita della cosiddetta Guerra Fredda, tra il blocco sovietico e americano, è tra le personalità fiorentine di sinistra a tentare di dialogare con il mondo cattolico fiorentino e dopo alcuni anni di colloqui, nel 1955, riesce a convincere il sindaco, Giorgio La Pira, ad organizzare a Firenze un confronto tra i sindaci delle città del Patto di Varsavia e quelle della Nato che alla fine dei colloqui firmeranno in Palazzo Vecchio un patto d'amicizia.

Dal 1954, con Carlo Salinari e Antonello Trombadori, Bilenchi è direttore de Il Contemporaneo.

Per lunghi anni non pubblica quasi nulla, infine, preceduto dal volume di ricordi Amici (1976), dove è ben rappresentata l'amicizia un po' controversa e carica di tensione con Vittorini e ben delineati i ritratti degli amici di sempre (in particolare quelli di Ottone Rosai, Mino Maccari, Leone Traverso, Ezra Pound, Eugenio Montale ed altri meno noti ma pur sempre amici veri), uscirà nel 1972 il suo ultimo romanzo Il bottone di Stalingrado con il quale vince nello stesso anno il Premio Viareggio.

Morirà a Firenze nel 1989.

 
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