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L'altra metà

Post n°1188 pubblicato il 12 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Un giorno, un autore annoiato, probabilmente non sapendo cosa fare, diede vita ai personaggi di questa vicenda. Partì sul treno delle favole, sul quale prenotò un posto vicino al finestrino e arrivò su un pianeta lontano, in qualche galassia smarrita nell’universo. Poi, probabilmente per fare uno scherzo, collocò i due protagonisti al polo sud e al polo nord di quel mondo, riprese il treno delle fiabe e ritornato sulla terra si sdraiò nel suo letto e si addormentò cominciando a immaginare la loro storia...

...All’alba di quel nuovo giorno Dark, il buio, aprì gli occhi. Al polo nord il silenzio, immenso e infinito, già abbracciava la natura ed ora arrivò lui ad invadere con la sua oscurità, tutto. Si guardò intorno. Quello era il luogo in cui avrebbe dovuto vivere? Solo e senza uno scopo? Guardò al suo fianco e vide una grossa ampolla di vetro. Al suo interno galleggiavano delle strane figure, nell’aria come palloni aerostatici. Dark non capiva cosa fossero e le osservava a bocca aperta.
Erano le parole e per noi, ovviamente sarebbero state facilmente riconoscibili ma Dark, non le sapeva interpretare, leggere non era tra le sue capacità. In quello strano contenitore c’erano quattro parole: stima, sintonia, empatia e attrazione, che galleggiavano nel silenzio ovattato e buio. Erano simboli senza senso per lui, ma erano i suoi unici compagni e Dark si chiedeva: cosa c’è oltre l’orizzonte, oltre il punto dove arriva l’occhio. Prese una sacca, aprì l’ampolla e, come per incanto, le parole uscirono da lì ed entrarono nello zaino. Una piccola parte di ognuna di esse, Dark la lasciò nell’ampolla in modo che avesse fatto da punto di riferimento al suo ritorno, era il momento di intraprendere un viaggio……

...Light, la luce, si svegliò al polo sud di quel pianeta e si stiracchiò per accogliere l’alba a braccia aperte. Subito fu circondata da emozioni intense. Già, proprio quei sentimenti per noi ben riconoscibili, ogni mattina auguravano il buongiorno alla luce, che però non sapeva mai cosa farsene. Li illuminava e pensava:
“Bellissimi colori…..ma, a cosa servono? Vivo qui, sono la loro regina probabilmente e li devo proteggere….ma da che cosa e soprattutto perché?"
Prese una sacca e la aprì, tutte le emozioni capirono subito che quella sarebbe stata la loro casa per i giorni a seguire, anche se una parte di esse rimase lì a custodire quel luogo. Era venuto il momento di intraprendere un viaggio…….
Dark sedeva nella locanda. Quell’uomo di fronte a lui era l’immagine della tristezza. Guardava il bicchiere ma non lo vedeva veramente. Il suo sguardo era in fermo immagine e forse anche la sua mente. Dark gli si avvicinò e fu come se lo risvegliasse da una trance.
Quell’uomo gli raccontò il fiume tortuoso che era stata la sua vita fino a quel momento, in quella locanda, e per lui non c’era futuro fuori da lì, quella scena del loro incontro, nella sua mente, finiva senza un seguito. C’era solo il passato, corvo nero appollaiato sulle sue spalle, ventiquattr’ore su ventiquattro, a ricordargli che sua figlia non c’era più, che sua moglie se n’era andata con lei quando la piccola aveva visto la luce e insieme mano nella mano erano volate via. Lui avrebbe voluto terminare la sua vita lì, in quel locale, ogni sera vedeva così la fine ma ogni volta si alzava, tornava a casa e raccontava a suo figlio tutto quello che avrebbe voluto credere anche lui, una fantasia poetica che per suo figlio diventava realtà e così ogni volta. Ma quella sera pensava veramente di non farcela, forse non avrebbe più smesso di osservare il vuoto che attorniava quel bicchiere.
Dark aprì lo zaino ed estrasse una delle parole. Non sapeva il perché, il significato di quella parola era oscuro come lui stesso e nemmeno l’uomo di fronte a Dark lo conosceva, però la parola “stima” fu quella che scelse e la diede all’uomo che sorrise, perché qualcuno gli aveva insegnato che quando ricevi qualcosa in regalo la tua anima è più serena, ma diavolo se capiva il significato di quello che quello strano personaggio gli aveva donato.
Dark uscì da quella locanda ed entrò in un’altra per rifugiarsi dal freddo della notte e anche perché cercava qualcosa. Aveva notato che le persone entrando in quei luoghi, insieme al soprabito appendevano anche la maschera che ogni giorno erano obbligati a portare alla luce del sole, poi si sedevano e complice la fine della giornata e la presenza di altre persone, desiderose anch’esse di aprirsi e raccontare se stesse, rovesciavano sul tavolo tutte le amarezze e i problemi tenuti nascosti fino a quel momento.
Dark vide due donne che parlavano spensierate. Era bello guardarle perché una sembrava essere una parte di quello che mancava all’altra, in quel momento. I loro dialoghi erano come i tasti di un pianoforte: il bianco lasciava il posto al nero, che a sua volta lasciava il posto al bianco, in un intercalarsi armonioso, per formare insieme una dolce melodia. I sorrisi erano uno specchio delle reciproche emozioni e Dark si commosse di fronte a tutto questo. Si alzò e interruppe solo per un istante quel bellissimo ritratto di vita, per consegnare loro una parola dalla sua sacca.
Non seppe neanche lui perché proprio quella e le due donne tanto meno, ma accettarono lo stesso il suo regalo: la parola “sintonia”. Dark uscì dalla locanda quella sera e guardò la luna che faceva da lampadario nella stanza della notte e superò un confine invisibile che lo portò a iniziare la seconda metà del suo viaggio……..

...Light si trovava in una locanda. Chissà perché quel luogo? Forse perché lì la vita esce allo scoperto, complici anche un po’ i gomiti che si alzano. Non potette fare a meno di ascoltare due ragazzi che parlavano, erano così vicini a lei. Uno dei due raccontò all’altro che da quando era partito in cerca di fortuna, gli mancava talmente tanto quello che aveva lasciato, da mancargli il fiato ogni sera quando ci pensava. Però la strada che aveva imboccato sentiva che era quella giusta, tornare sui suoi passi sarebbe stato un madornale errore. Il suo interlocutore fece qualcosa che colpì molto Light: si fece prestare gli immaginari occhiali con cui l’amico guardava il mondo e una volta indossati, cercò di capire come lui vedeva le cose: lo fece parlare tanto, senza interromperlo, poi gli fece tante domande ascoltando attentamente le risposte e per qualche tempo si sforzò di cercare di essere lui, che guardava il passato con una lacrima di rimpianto e il futuro con coraggio e determinazione.
Light si alzò, aprì la sua sacca, ne estrasse un sentimento e lo trasmise nella mente dei due ragazzi, che subito si sentirono più vicini tra loro, ma senza riuscire a dare un nome a quello che aveva provocato quella sensazione. Il viaggio della nostra amica continuò. Lo zaino sulle sue spalle pesava ma lei lo portò con felicità perché era come una forte emozione che ti attanaglia il cuore: senti la sua potenza ma essa e’ vestita di piacere. Seduta in un’altra locanda Light osservava due giovani che si osservavano da un tavolo all’altro.
Era probabile che non si conoscessero neanche ma i loro sguardi parlavano per le loro bocche. Il locale per loro, probabilmente era come se non esistesse, dall’intensità di quel muto dialogo, e se di colpo fosse scomparso, i due avrebbero probabilmente continuato a guardarsi, seduti sulle panche di legno rimaste ormai sotto il cielo stellato. Light si alzò e passò vicino ad entrambi, lasciando nella loro mente una forte sensazione, a cui loro e lei non riuscirono a dare un nome, ma Light era sicura fosse quella giusta. Uscì dal locale nella notte, guardò la natura intorno a sé e sorrise. Il cielo probabilmente le rispose, perché la luna quella sera aveva proprio la forma di un sorriso. Superò anche lei un confine invisibile e si trovò nella seconda metà del suo viaggio……si ritrovò in una terra buia e sentì che quel luogo stava aspettando qualcosa. Iniziò a inoltrarsi in quella landa oscura, con il suo fedele zaino sulle spalle e notò che anche lì c’erano delle locande, per cui si fermò, aveva veramente bisogno di riposare.
Nel bar cominciò ad osservare due donne. Si sentì di colpo sola, confrontando se stessa a quello splendido legame che le univa, che forse occhi distratti potevano non notare ma lei ormai di sentimenti umani se ne intendeva abbastanza da non lasciarselo sfuggire. Si alzò, passò di fianco a loro e le inondò della polvere magica che la sua borsa conteneva.
Subito le due donne capirono cosa fare della parola data loro da Dark. Sintonia era proprio quello che a loro stava succedendo in quel momento. Era proprio la sintonia che riempiva di fiori colorati i loro cuori, ora quella parola aveva anche un significato.
Light entrò in un secondo pub e si sedette, circondata dal vociare e dal caos. Un uomo solo sedeva senza allegria e fissava nel vuoto, colmo di tristezza. Lesse nella sua mente e notò che in mezzo a tutta quella disperazione galleggiava la parola “stima” ma non vide negli occhi dell’uomo la consapevolezza di quello che essa rappresentava. Decise che era il momento di entrare in azione. Gli passò a fianco e fece ricadere su di lui, un altro dei sentimenti delle sua sacca. L’uomo capì immediatamente l’importanza di ogni sua giornata. Il coraggio che infondeva a suo figlio ogni sera e automaticamente, quello che infondeva verso se stesso e provò stima. Quella parola data a lui dallo sconosciuto, aveva preso corpo e adesso la provava verso se stesso, verso suo figlio e, nei recessi della sua mente, cominciava anche a provarla anche per la vita. Light raggiunse la fine di quel nuovo regno e pianse. Pianse di gioia perché sapeva di trovarsi di fronte al motivo di quel viaggio.....

Dark, iniziò la seconda metà del suo viaggio. Entrò nella zona di luce. La luce attendeva qualcosa. Si incamminò con la sua sacca sulla schiena e entrò in una locanda. Che stranezza! Di solito le persone si sedevano una di fronte all’altra per poi comunicare, mentre questi due ragazzi lo facevano a distanza.
Rovistò nella sua sacca e la parola “attrazione” gli sembrò la più appropriata. Uscì dal locale, regalandola ai due sprovveduti che si resero conto subito di piacersi. Ora quegli sguardi avevano un senso e la loro emozione non vagava più selvaggia nella loro mente. In un secondo bar, Dark vide i due ragazzi che Light aveva incontrato all’inizio del suo viaggio.
Li osservò a lungo, ma neanche più di tanto, ormai conosceva bene i sentimenti umani: uno dei due uomini stava leggendo i sentimenti dell’altro con un linguaggio che si avvicinava molto al linguaggio con cui quest’ultimo leggeva se stesso. Dark ormai riusciva a scegliere con facilità un nome adatto per le sensazioni umane e se quella non era “empatia”, lui da quel momento non si sarebbe più chiamato Dark. Passò a fianco ai due uomini e regalò ad essi quella parola, che vestì le loro sensazioni e le rese più comprensibili, e il significato che presero le rese ancora più importanti. Era il momento di uscire dalla locanda e Dark sapeva che sarebbe stata l’ultima del suo viaggio. Aprì quella porta e si guardò alle spalle: gli umani, in fondo, gli sarebbero un po’ mancati, con tutte quelle debolezze e quella voglia di scovare un sorriso, di stare insieme a qualcun altro per condividere le proprie amarezze e le proprie gioie. Tirò fuori un’ultima parola, che trasformò in polvere e sparse sul locale ed essa invisibile cadde dappertutto: serenità. Forse sarebbe rimasta solo una parola nel cuore e nella mente di molti uomini ma pensando ad essa forse non si sarebbero mai dimenticati di desiderarla e cercarla. Uscì nella notte e si accinse a capire il motivo di quel viaggio...
Light arrivò al polo nord. In quella terra buia e silenziosa sentì che qualcuno aveva vissuto fino a poco tempo prima. Si guardò intorno e vide un’ampolla di vetro nella quale era rimasta una piccola parte di alcune parole che galleggiavano senza un senso, senza uno scopo...
Dark arrivò al polo sud e si trovò attorniato da sensazioni che volavano libere nell’aria senza un nome, senza un significato.

Light aprì la sua borsa al polo nord. Dark aprì la sua al polo sud. E fu in quel momento che le parole si unirono per sempre a quei sentimenti selvaggi, li sellarono e cavalcarono per sempre nel mondo, su quel cavallo bianco che da sempre corre impazzito nelle nostre vite: l’amore.


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