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Il pastore crudele

Post n°1229 pubblicato il 17 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Coloro che hanno già percorso la Val Zebrù, avranno certamente notato lassù nel cielo sopra il monte Cristallo, una strana nube, con la sagoma di un pastore che il vento si diverte a scaraventare nel crepaccio della montagna.
Prima che il crepaccio la inghiotta, una raffica violenta, in senso contrario, simile ad una frustata, la riporta sulla cresta, sbatacchiandola avanti e indietro, incurante dei suoi lamenti.
E' lo spirito di Bortolo, il pastore crudele, che da vivo infierì sugli animali e che sta ora scontando questa terribile pena.
In una delle ultime contrade della bellissima Val Zebrù, viveva in una baita mezzo diroccata, che a prima vista sembrava disabitata tale era lo stato di incuria e di abbandono in cui si trovava, il pastore Bortolo.
Quando la mattina usciva sulla soglia sgangherata della sua catapecchia, ci si accorgeva subito che lì non ci poteva abitare altri che lui. Il suo volto era cupo, tanto che sembrava minacciare un temporale da un momento all'altro, o peggio ancora un terremoto, quando per un nonnulla, incominciava a lanciare contro chiunque gli capitasse a tiro, tutto quello che gli veniva tra le mani. Quando si scatenava sembrava la furia personificata, quasi che le varie parti della sua personalità non si fossero assestate solidamente in modo equilibrato, ma appoggiate, appena appena le une alle altre, come i sassi della sua stalla, che rotolavano giù al minimo temporale.
I suoi animali ne facevano quasi sempre le spese: li trattava male, dava loro poco da mangiare e tante, tante bastonate così che ogni tanto qualcuno moriva. Aveva un cane che lo seguiva ovunque, così, per abitudine. Tutto spelacchiato e triste, col muso a terra come il suo padrone. Anche a lui però non risparmiava i suoi maltrattamenti: poco cibo e molte botte. Una sera in cui Bortolo era più arrabbiato del solito, incominciò a bastonarlo furiosamente, ma il povero animale riuscì a spezzare la corda che lo legava e si allontanò.
Nessuno lo vide più. Solo la sera, per un po' di tempo si sentirono dei gemiti lugubri simili a quelli di un lupo, poi più nulla.
Così Bortolo finì col restare ancora più solo, non aveva neanche il cane da prendere a calci. Ne fecero le spese quelle poche pignatte che aveva in casa, o gli sgabelli o le povere mucche. A volte qualcuno aveva pietà di lui e cercava di avvicinarlo, ma in cambio riceveva solo sgarberie.
E Bortolo restò sempre più solo.. Perfino i gatti, quando lo incontravano, sgattaiolavano via rapidi per paura di qualche calcio o di qualche sassata. A nulla servivano i rimproveri degli altri pastori. Bortolo infieriva peggio di prima, e le povere bestie erano ormai ridotte pelle e ossa.
"Povere bestie, cosa ti hanno fatto di male, Bortolo?" Gli chiedeva ogni tanto qualcuno.
"Non sono forse bestie? E allora faccio quello che mi pare". Ribatteva sogghignando torvo.
Ma un giorno" en fulet" (un folletto), amico degli animali, prese le sembianze di un caprone, si sdraiò davanti alla porta della stalla impedendo al pastore di entrare.
Questi, infuriato come al solito, si armò di bastone e giù botte !! Ma come per incanto il caprone svanì nel nulla e si trasformò in un vortice freddo e impetuoso, sollevò da terra Bortolo e incominciò a sbatterlo qua e là, in una folle corsa senza fine, sull'orlo dei crepacci del monte Cristallo e della cima che da questa vicenda prese il nome la cima degli Spiriti.


Leggenda della provincia di Sondrio

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