Messaggi di Agosto 2012

Ritratti di donna:Angelica Balabanoff

Post n°3423 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Nacque a Černigov, nei pressi di Kiev, il 4 ag. 1877 da famiglia ebraica benestante (il padre, Isaak, era proprietario terriero e uomo d'affari), ultima di sedici figli.

Spirito indipendente e ribelle, donna di grande vivacità intellettuale, studiò in una scuola di Charkov dove imparò varie lingue europee e con la famiglia ebbe modo di fare frequenti viaggi attraverso l'Europa. Attorno al 1895 abbandonò la famiglia e la Russia per iscriversi all'Université nouvelle di Bruxelles dove studiò filosofia e seguì corsi di sociologia, economia, criminologia, ecc., e partecipò, anche in contatto con esuli politici russi, dell'ambiente radicale e socialista belga particolarmente vivace sul piano politico e culturale in quel periodo. Votata fin da giovanissima ad ideali umanitari ed egualitari, a Bruxelles abbracciò il socialismo, aderì al marxismo sulla scorta delle opere di Georgij Plechanov e si laureò in filosofia e letteratura. In Germania alla fine del secolo, a Lipsia e poi a Berlino, studiò economia politica e strinse rapporti di amicizia con Rosa Luxemburg, August Bebel e Clara Zetkin. Finalmente a Roma (1900) poté seguire uno degli ultimi corsi universitari di Antonio Labriola, che rese più profonda ed articolata la sua formazione marxista, ed entrò in contatto, per tramite di Leonida Bissolati, con il movimento socialista italiano al quale, con delle interruzioni, sarebbe restata legata per tutta la vita.

La B. non aveva vissuto questi anni di "apprendistato" socialista come un'emigrata, ma si era profondamente radicata nello spirito del socialismo europeo maturando un internazionalismo che si sarebbe dimostrato incancellabile. Persona di vasta cultura, di grande vitalità e di profonda umanità, la sua formazione politica appare coerente con le idee e la tradizione secondinternazionalista, delle quali sarebbe stata a lungo un'interprete "di sinistra" ed alle quali sarebbe restata fedele anche quando, dalla guerra in poi, quella tradizione e quelle idee avrebbero subito un inarrestabile declino.

Militante dei Partito socialista italiano dal 1900, su posizioni "intransigenti" e particolarmente vicina a Giacinto Menotti Serrati, fu impegnata nell'attività organizzativa e di propaganda nella Svizzera italiana dai primi del secolo fino al 1910, a San Gallo e poi a Lugano, dove fu per vari anni membro dell'esecutivo del Partito socialista italiano in Svizzera, imprese l'edizione dei giornale Sucompagne(che sarebbe poi confluito in La Difesadellelavoratrici diretto da Anna Kuliscioff) ed acquisì larga fama come conferenziera. Fu attorno al 1904, in Svizzera, che conobbe Benito Mussolini, allora su posizioni anarco-socialiste, al quale sarebbe restata legata da un'amicizia durata un decennio.

Su Mussolini la B. torna ripetutamente nelle autobiografie ed in alcuni scritti sul "traditore". La sottolineatura dei tratti nevrotici del futuro capo del fascismo, tratti che trovano del resto significativi riscontri, e la funzione di guida che ella ebbe sia nel cercare di "spingerlo sulla strada del marxismo e, in generale, di un maggior approfondimento culturale del socialismo" (De Felice, p. 40), sia nella leadershippolitica che a lungo esercitò su di lui, tutto ciò lascia pensare che, oltre al ruolo di maestra, vada tenuto presente, per la comprensione del rapporto, un suo coinvolgimento di tipo "materno".

Durante la rivoluzione russa del 1905, fu protagonista di un'accesa campagna di solidarietà e tenne conferenze e comizi in molte città italiane ed anche in seguito, in Svizzera come in Italia, mantenne stretti contatti con vari dirigenti socialdemocratici russi in esilio quali Plechanov, Lenin, Zinov´ev, Trockij ed altri. Contribuì all'organizzazione del V congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (Londra, aprile 1907) e vi partecipò come delegata evitando di prendere posizione per una delle due frazioni (bolscevichi e menscevichi) che, seppur riunificate nel partito, si fronteggiarono duramente.

Ormai italiana per adozione, pur conservando la cittadinanza russa, per molti anni funse da tramite - anche per la vasta conoscenza delle persone e delle situazioni, oltre che delle lingue - tra il Partito socialista italiano e il socialismo europeo, prima che questo venisse lacerato dalla guerra. Sul piano del socialismo internazionale era particolarmente vicina alle posizioni di Bebel e della Luxemburg e fu per varie sessioni membro del Bureau socialiste international, l'esecutivo della II Internazionale.

Delegata italiana al congresso di Basilea, l'ultimo dell'Internazionale socialista (novembre 1912), nel luglio dello stesso anno aveva partecipato al congresso straordinario del partito socialista che si svolse a Reggio Emilia, ed aveva avuto in quell'occasione una funzione di rilievo nel preparare la mozione, presentata da Mussolini e votata a larga maggioranza, che chiedeva l'espulsione dei dirigenti dell'ala riformista (Bissolati, Cabrini, Bonomi e Podrecca). Durante i lavori dello stesso congresso la B. venne eletta per la prima volta nel comitato esecutivo del partito e, allorché Costantino Lazzari propose Mussolini quale direttore dell'Avanti!, questi si riservò di accettare a condizione che la B. figurasse quale segretaria di redazione (lo scopo della richiesta di Mussolini - ipotizza il De Felice, p. 139 - era di coinvolgere tutta la sinistra del partito nella gestione del quotidiano ed allontanare alcuni redattori riformisti). Pur con qualche riluttanza, la B. si trasferì a Milano; la sua collaborazione con Mussolini all'Avanti! durò comunque solo pochi mesi.

Fu presente alla riunione dell'Internazionale a Bruxelles (28-29 luglio 1914) - vi erano anche Victor Adler, la Luxemburg, Hugo Haase, Jean Jaurès, Jules Guesde ed altri -, ma risultò minoritaria la sua proposta di indire uno sciopero generale contro la guerra, che col suo profilarsi stava già erodendo le fondamenta del socialismo europeo (Jaurès sarebbe stato assassinato di lì a qualche giorno).

Tornata a Milano. la B. (che al congresso socialista di Ancona dell'aprile 1914 era stata confermata nella segreteria del partito) continuò a sostenere quella che del resto era la linea del Partito socialista italiano, cioè la politica della neutralità e dell'opposizione all'intervento (scontrandosi anche con Plechanov, a Ginevra, che parteggiava apertamente per gli alleati). Allorché avvenne il repentino passaggio di Mussolini su posizioni interventiste (ottobre 1914), la B. condivise senza riserve l'unanime decisione dell'esecutivo di espellerlo dall'organismo stesso e dalla direzione dell'Avanti! sostituendolo con Serrati.

Nel 1915 si trasferì nuovamente in Svizzera, a Berna, per organizzare il movimento di opposizione alla guerra, con lo scopo altresì di arginare il generale crollo del movimento socialista europeo e ricucire i frammenti sparsi dell'intemazionalismo. Su invito della Zetkin fu tra le organizzatrici di una conferenza femminile internazionale contro la guerra, che ebbe luogo a Berna nella primavera, alla quale parteciparono lavoratrici socialiste dei paesi belligeranti e neutrali (nella conferenza la B. ebbe anche un vivace diverbio con Lenin e le donne bolsceviche che sostenevano la necessità di gettare subito le basi di una nuova internazionale). Ma, soprattutto, fu tra gli organizzatori e i protagonisti delle conferenze di Lugano (settembre 194), di Zimmerwald (settembre 1915), nella quale venne rieletta nel Bureau socialiste international, e di Kienthal (aprile 1916), divenendo il più noto punto di riferimento europeo dell'opposizione socialista alla guerra.

L'evolversi della situazione bellica in Europa, col montare della protesta popolare contro la guerra e la dissoluzione della II Internazionale, spingeva nella direzione - auspicata dalla sinistra zimmerwaldiana e, in particolare, da Lenin e dai bolscevichi - della costruzione di un nuovo internazionalismo rivoluzionario. È pertanto del tutto comprensibile che le posizioni della B. e di altri (Serrati in particolare), pur non essendo direttamente assimilabili alla sinistra, venissero sempre più ad avere con questa importanti e significative convergenze.

Allorché si diffuse la notizia della rivoluzione russa di febbraio e della caduta dello zar, la B. fu con i marxisti russi di tendenza menscevica e socialrivoluzionaria (Martov, Aksel´rod, ecc.; non Lenin che con i bolscevichi li aveva preceduti di circa un mese) i quali attraversarono la Germania con un treno speciale autorizzato dal governo tedesco che a maggio giunse a Pietrogrado. Pur non condividendo molte delle posizioni di Lenin (ed anzi, non avendo allora per il personaggio un'alta considerazione), la B. era convinta della necessità del compimento in senso socialista della rivoluzione, pena il suo soffocamento, ed era favorevole ad una pace separata russo-tedesca ed alla ripresa del movimento di Zimmerwald. Pertanto, nel luglio, quando si scatenò la campagna della stampa russa che accusava i bolscevichi, e più in generale gli internazionalisti, di essere agenti al servizio dei Tedeschi (e in particolare a seguito dello "scandalo" Grinun che marginalmente la coinvolse), la B. si recò a Stoccolma quale segretaria del Bureau socialiste international per organizzarvi il terzo convegno zimmerwaldiano che, per motivi di polizia e di politica internazionale, non poté aver luogo prima di settembre (nel convegno le tesi internazionaliste e rivoluzionarie dei bolscevichi, caldeggiate da Karl Radek, prevalsero decisamente). In questa situazione politica, con il governo Kerenskij impegnato nella continuazione della guerra, la B. sciolse gli indugi e nell'estate- quasi contemporaneamente a Lev Trockij, anch'egli rivoluzionario senza partito, col quale in quel periodo aveva avuto frequenti contatti - aderì al Partito comunista (bolscevico) russo.

Nel luglio 1917 le posizioni espresse dalla B. che nel frattempo collaborava all'Avanti! inviandovi corrispondenze e manteneva l'incarico nella direzione del partito socialista - diedero luogo anche ad una polemica tra Filippo Turati (che non la stimava e non ne condivideva le posizioni) e Serrati, a proposito della sua rappresentatività come dirigente socialista italiana.

Dopo la Rivoluzione d'ottobre, la B., convinta che il movimento di Zimmerwald avesse esaurito la propria funzione, lo sciolse e lo spinse all'adesione all'internazionalismo sovietico. Per incarico di Lenin e del partito, rimase circa un anno in Svezia dove redasse un bollettino in varie lingue allo scopo di controbattere la campagna internazionale di stampa contro la rivoluzione bolscevica, curando altresì parte dei rapporti economici e politici con l'estero per conto del governo sovietico.

Tornata in Russia nell'autunno 1918, dopo aver rivisto Lenin, ripartì per la Svizzera per raccogliere informazioni sul movimento rivoluzionario in Europa, venendo però espulsa dalle autorità elvetiche nel novembre, insieme con gli addetti all'ambasciata sovietica. Di nuovo a Mosca, dove già si profilava l'ipotesi della fondazione della III Internazionale, nel febbraio 1919 fu inviata da Lenin a Kiev per ricoprire la carica di commissario agli Esteri della Repubblica dell'Ucraina (ciò le avrebbe permesso più facili contatti con l'Europa centrale), ma ben presto - dato che per Lenin la presenza della B. era indispensabile al fine di sottolineare la continuità tra la nuova internazionale e il movimento di Zimmerwald e, più in generale, con la sinistra socialista europea - le fu affidata la segreteria del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista, incarico che la B. accettò con qualche perplessità dovuta sia ai metodi autoritari e senza scrupoli dei dirigenti bolscevichi nel condurre le battaglie politiche, sia alla presenza di Zinov´ev alla presidenza.

Impegnata strenuamente nella propaganda durante la guerra civile, entrò presto in urto con Zinov´ev e subì una sostanziale emarginazione dai vertici dell'Internazionale, fino a dover rinunciare, nel 1921, ad ogni incarico ed a lasciare, alla fine di quell'anno e non senza un tentativo di dissuasione da parte di Lenin, la Russia. La B., che a lungo non avrebbe rinnegato la validità dell'esperimento rivoluzionario dei bolscevichi, fu forse la prima militante ad esprimere un dissenso profondo e radicale con gli esiti della rivoluzione.

Se coerente appare l'approdo della B. al bolscevismo dall'internazionalismo zimmerwaldiano, altrettanto meditato - anche attraverso un'esperienza personale lacerante - ne appare il distacco. Per quanto i motivi della rottura col bolscevismo (quali traspaiono dalle autobiografie) si presentino essenzialmente legati all'ambiente politico del Comintern, divenuto per lei insopportabile, emerge altresì un atteggiamento - critico verso le degenerazioni della burocrazia sovietica che per più versi anticipa il Leitmotiv dellacritica da sinistra allo stalinismo; né è casuale, da questo punto di vista, la considerazione che la B. mostra per personalità quali Aleksandra Kollontaj o Emma Goldmann, giungendo a sostenere che, proprio in quanto donne, costoro avanzassero le prime critiche allo statalismo socialista. Alla base del dissenso della B., quale emerge dalle sue vivide pagine, c'è, in definitiva, quella situazione che di lì a qualche anno avrebbe spaccato il partito bolscevico e che sarebbe stato l'oggetto della battaglia politica e dell'analisi della società post-rivoluzionaria di Trockij.

Altro motivo di divergenza, legato questo alla politica internazionale, furono gli attacchi violenti e ingiustificati a Serrati ed il tentativo di spaccare il Partito socialista italiano. Più in generale, la B. contestava la pratica della scissione dei partiti socialisti - attuata spesso a suon di rubli e senza una reale conoscenza delle situazioni locali - che esponeva a gravi rischi i movimenti operai europei nell'affievolirne la capacità di resistenza e nel dar vita a partiti comunisti meccanicamente controllati da Mosca.

Particolarmente interessante il giudizio su Lenin. La B., con la quale Lenin non avrebbe mai rotto i rapporti personali neanche allorché ella decise di abbandonare l'Unione Sovietica, sottolinea come i metodi talora brutali del leader bolscevico fossero all'origine di molte delle degenerazioni (oltre che del successo) del partito. Ma mostra anche come per Lenin l'uso spregiudicato del potere era uno strumento della rivoluzione (e non un fine come invece, secondo la B., sarebbe stato per Stalin), e descrive altresì il capo rivoluzionario presago e preoccupato dell'evolversi della situazione interna dal punto di vista delle degenerazioni del partito e dello stato.

Fu a Stoccolma, convalescente per deperimento, e poi a Vienna dove lavorò come insegnante di lingue, aiutò Antonio Gramsci ad ottenere il permesso di soggiorno nella capitale austriaca e ricevette, nell'agosto 1924, il decreto di espulsione dal partito bolscevico.

"Anželika Balabanova, prima segretaria dell'esecutivo dell'Internazionale comunista, le cui obiezioni morali avevano spesso esasperato Lenin e Zinov´ev - racconta Victor Serge, rivoluzionario belga che aveva avuto un'analoga evoluzione politica -, era appena stata esclusa dalla Terza Internazionale. Abitava a volte a Vienna, a volte alla periferia, trasportando da una camera ammobiliata all'altra il suo materiale da perpetua studentessa povera, il fornello ad alcool per il tè, la stufetta per la frittata, tre tazze per gli invitati; e il grande ritratto di Filippo Turati, il ritratto maschio e raggiante di Matteotti, dei pacchi dell'Avanti!, la corrispondenza del partito massimalista italiano, dei quaderni di poesie. Piccola, bruna, sul principio della vecchiaia, Anželika continuava una vita entusiasta di militante, in ritardo, per fiamma romantica, di tre buoni quarti di secolo".

Nel 1926 riprese l'attività militante. Trasferitasi a Parigi, assunse la segreteria del movimento fondato dal marxista francese Paul Louis, movimento che si proponeva la costruzione di una nuova internazionale dei partiti socialisti rivoluzionari che evitasse sia il riformismo sia il bolscevismo (l'"Internazionale B." o "Internazionale due e tre quarti", come venne ironicamente definito).

Ristabiliti stretti contatti con i socialisti italiani (in tutti quegli anni di lontananza era restata membro del partito socialista), assunse la direzione dell'Avanti! dal 1926 al 1931. Nel partito italiano la sua politica fu orientata ad ostacolare quella di Pietro Nenni, favorevole all'unificazione con i riformisti del Partito socialista dei lavoratori italiani (si ebbe tra i due una vivace polemica sull'Avanti! nel gennaio 1928), ma, mentre il convegno di Grenoble (luglio 1928) la eleggeva segretaria del partito ponendo Nenni in minoranza, le posizioni espresse dal IV congresso dell'Internazionale comunista, con la teoria del socialfascismo, avrebbero spinto oggettivamente nella direzione della fusione tra PSI e PSLI. Di qui la rottura (convegno di Grenoble del marzo 1930) dei massimalisti guidati dalla B. con i nenniani e la successiva unificazione di questi con il partito guidato da Giuseppe Saragat (Parigi, luglio 1930), unificazione che avrebbe eroso la base del PSI fino a rendere precaria ed irregolare l'uscita dell'Avanti!.

In questo periodo la politica della B. è improntata ad un atteggiamento nostalgico più che ad un'analisi critica della situazione. Sull'Avanti! massimalista (ormai contrapposto a quello unificazionista che, a Zurigo, era diretto da Nenni) la B. "ricorda in articoli intrisi di accorata nostalgia le grandi figure del mondo rivoluzionario da lei conosciute nel corso della sua errabonda esistenza. Bebel e Kautsky, Liebknecht e la venerata Rosa Luxemburg, Klara Zetkin e la Krupskaja, Lenin e Trotski e molti altri personaggi minori dell'olimpo rivoluzionario appaiono in questi scritti, vicini, visti nei loro aspetti ignoti, nei loro tratti profondamente umani, nella luce di un passato che si va spegnendo e il cui ricordo deve alimentare la fede nell'immancabile ripresa della rivoluzione liberatrice" (Arfé).

Diminuito lo spazio politico sia per motivi generali (l'avanzata dei fascismi) sia per la continua emorragia di militanti dal campo massimalista verso le aree comunista e riformista, la B. si trasferì nel 1936 negli Stati Uniti d'America dove sarebbe restata per un decennio. In contatto con i gruppi antifascisti italiani, riprese la sua instancabile attività di propaganda socialista ed antimussoliniana. È a questo periodo che probabilmente si può far risalire la sua riconsiderazione dell'esperienza comunista in Russia, riconsiderazione che l'avrebbe portata su posizioni socialdemocratiche ed anticomuniste. Ci sono infatti testimoniati da una lettera a Trockij, il cui contenuto è stato reso noto dal Deutscher, lo sgomento e l'incredulità per i processi di Mosca che in pochi anni liquidarono la vecchia guardia bolscevica.

Rientrata in Italia dopo la Liberazione, nuovamente nel partito socialista, aderì nel congresso di Roma del gennaio 1947 alla scissione di palazzo Barberini, polemizzando fortemente con l'URSS ed il Partito comunista italiano. Sarebbe restata legata fino alla fine alla socialdemocrazia italiana.

La B. morì a Roma il 25 nov. 1965.

 
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Freschi di stampa:Lčonie

Post n°3422 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

La storia della famiglia Cantoni,vista attraverso gli occhi delle donne.Bel romanzo di Sveva Casati Modignani

 
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Frase delgiorno

Post n°3421 pubblicato il 12 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Intenditore:uno che è riuscito a dare a intendere d'intendersene (Morandotti)

 
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Scrittori dimenticati:Enrico Pea

Post n°3420 pubblicato il 11 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Enrico Pea (Seravezza29 ottobre 1881 – Forte dei Marmi11 agosto 1958) è stato un poetascrittore e impresario teatrale italiano.

La produzione letteraria di Pea si può racchiudere in due periodi: il primo è quello di Moscardino (1922) e di altre opere in cui, pur nei suoi tormentireligiosi, è stato impareggiabile nel descrivere scene di vita popolaresca in una disordinata estasi di raccontare tra sospiri e grida, memorie di luttipaesani, glorie e trionfi della superstizione e del sesso, oscure vicende di chi viaggia e di chi torna.
Però nel suo rammentare c'è anche la saggezza di chi ha visto e sentito.

Il secondo periodo inizia con La Figlioccia (1931), dove la sua prosa prende un andamento diverso, più delicato e modulato; aver insistito con questa prosa pacata, tuttavia, forse è costato a Enrico Pea un oblio non si sa quanto meritato dei lettori del suo tempo.

Biografia 

Dopo un'infanzia non facile, vissuta con il nonno, persona violenta e generosa, saggia e crudele insieme, entra in un convento di frati vicino a Pisa, ma a causa di un difetto alla vista non viene ammesso; a sedici anni s’imbarca come mozzo e raggiunge l'Egitto. Nella città di Alessandria intraprende commerci vari e fonda la "Baracca rossa", trasformando la sua soffitta in un luogo in cui si ritrovava con gli amici, che in quel periodo erano Ungaretti ed i fratelli Thuile in particolar modo. Fu lì che imparò a leggere e a scrivere grazie anche al ritrovamento della Bibbia di Diodati (Bibbia protestante e non cattolica e per questo censurata).
Nella prima decade del secolo, conosce il giovane Ungaretti, suo conterraneo, e lo ospita nella sua baracca, assieme a ogni sorta di amici transfughi della vita, bulgarifrancesigreci e italiani, di tendenze socialiste e anarchiche. È grazie a Ungaretti se Pea si avvicina alla letteratura.

È proprio il poeta Ungaretti a far stampare il suo primo libro – Fole, racconti di vita marinara – a un editore italiano, e in seguito a farlo conoscere ai suoi amici della rivista La Voce. Il sodalizio con Ungaretti dura molto a lungo e lo porta a ricordarlo con l'opera Vita in Egitto del 1947, evocando gli anni vissuti nella baracca rossa. Dopo la Grande Guerra, torna in Italia e si stabilisce definitivamente a Viareggio, dove dirige per molti anni il teatro Politeama da lui stesso ideato; nella sua intensa attività d'impresario riattiva la tradizione dei Maggi toscani e allestisce un suo Giuda, che scandalizza per il contenuto blasfemo. Avvicinatosi alla fede cristiana, tenta in seguito di dar vita a un nuovo genere di dramma sacro, La passione di Cristo.

Nel 1954, con un gruppo di intellettuali, tra cui Marco Carpena e Enrico Righetti, dette vita al "Premio Lerici" per un'opera di poesia edita. Nel 1958, alla morte del fondatore, il premio venne chiamato "Premio LericiPea" e con questo nome è tuttora assegnato ogni anno nella città ligure sul mare.[1]

La vera vocazione di Pea rimane la narrativa, come dimostrano il suo primo racconto – Moscardino (1922), rievocazione dell'infanzia sullo sfondo della sua terra toscana – e la Maremmana (1938,premio Viareggio), dove emergono dei sentimenti rappresentati con una singolare forza espressiva. Nel 2008 è stata in Italia ristampata gran parte della produzione dell'Autore, dopo anni di carenza.

 
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Scrittori dimenticati:Gaetano Carlo Chelli

Post n°3419 pubblicato il 11 Agosto 2012 da odette.teresa1958

Nacque a Massa il 29 ag. 1847 da Girolamo e Ruffina Bernieri. Ottenuto, nel 1878, un impiego alla Regia dei tabacchi, si trasferì a Roma, dove trascorse una vita ritirata, rifiutando impegni di collaborazione fissa con periodici che si sarebbero potuti trovare contro il governo. Dal 1883 risulta redattore della Cronaca bizantina; non resta però alcun documento comprovante familiarità o amicizia o rapporto di lavoro con letterati del tempo. Nella capitale rimase fino alla morte, avvenuta per paralisi cardiaca il 22 febbr. 1904.

Esordì sulla Cronaca bizantina del 16 ott. 1882 con Questioni di danaro, la storia di una donna, diventata a fatica una "lionne" del mondo romano, che, per paura della "lercia miseria" che la travolgerebbe dopo il fallimento del marito, sacrifica gli ultimi scrupoli. Il racconto già presenta uno dei temi che più saranno cari allo scrittore. Il C. infatti, a prescindere dal Faldella dei bozzetti romani, è il primo narratore ottocentesco ad ambientare le sue storie nella capitale, cogliendone l'aspetto di città tesa ad un rapido e disordinato sviluppo; ne profitta soprattutto la borghesia, che il C. privilegia, sulle orme di Capuana (Giacinta, del 1879) e Verga (Il marito di Elena,del 1882). La Roma degli anni Settanta può offrire il successo a lavoratori infaticabili, a idealisti fortunati (Giulio Levignani di La colpa di Bianca, Roma 1884 [ma 1883], o il protagonista de La vendetta del marito, in La Domenica letteraria,28 sett. 1884), ma il più delle volte è terreno infido ove "l'intelligenza e la buona volontà non bastano ad assicurare la vittoria" (Abnegazione,ibid., 15 marzo 1885); occorrono piuttosto mancanza di scrupoli, spregiudicatezza e tempestività delle iniziative, indifferenza ai casi altrui e una fibra fisica e psichica assai robusta per resistere ai rovesci improvvisi. Su questo aspetto corrotto e corruttore della città (già presente nella letteratura francese, e scapigliata in alcuni tratti, specie nella dialettica opposizione città-campagna), il C. imposta i due romanzi, La colpa di Bianca L'eredità Ferramonti (Roma 1884 [ma 1883], editi dal Sommaruga); al primo dà il sopratitolo "I drammi della vita romana", e presenta il secondo come iniziatore di un ciclo "Vita romana", "un'opera di vasta osservazione" della "battaglia umana".

Nella Colpa di Bianca, in particolare, il C. è attento al racconto minuto delle trasformazioni che avvengono nell'animo della protagonista a contatto con la città. La giovane e povera maestra, venuta a Roma dalla provincia, vede messi in crisi tutti i suoi principî morali; si lascia attirare dall'esistenza agiata e disinvolta dei nuovi ricchi; il suo mondo morale, una volta appagato dalla serietà del lavoro e dall'onestà degli affetti domestici, si indebolisce tra ribellioni, rimpianti, autocompatimento; fragile come è diventata, Bianca cede alla colpa, ma non è sufficientemente spregiudicata per sopportarne il peso: tormentata da passione e rimorso, è colpita da una febbre cerebrale che la uccide in tre giorni. Affine, sotto il profilo della colpa e per le sue circostanze, la vicenda di Vendetta (in La Domenica letteraria, 15 febbraio 1885), ove l'esigenza di sintetizzare rende più incisiva ed efficace che non nel volume l'analisi psicologica. La "vita romana" è nel romanzo in secondo piano, come movente essenziale, ma fuori scena, del dramma; non mancano però alcune messe a fuoco caratterizzanti, come la pagina sul carnevale. Il C., anche se propende per un'interpretazione deterministica della colpa, secondo il cliché dei romanzi naturalistici, resta fedele alla tradizionale tecnica narrativa di stampo romantico, descrivendo con attenzione la psicologia inquieta di Bianca.

Con L'eredità Ferramonti aderisce invece pienamente al verismo; si ispira ad un aspetto della realtà che lo circonda: gli sforzi di bottegai, burocrati di terz'ordine e piccoli imprenditori per raggiungere la ricchezza che, sola (dal loro punto di vista), consente di mutare stato sociale e acquistare rispettabilità. L'ordine tradizionale che prevedeva un lento miglioramento da conquistarsi con operosità e fatica è sovvertito: prevalgono le speculazioni e il gioco di borsa (Mario), gli intrighi e le ipocrisie (Furlin), la mancanza di scrupoli e la volontà di sfruttare gli altri ai propri fini, plagiandoli (Irene). Gli sforzi dei giovani Ferramonti (Mario, Pippo con la moglie Irene, Teta col marito Furlin) per impadronirsi delle ricchezze accumulate con pochi scrupoli dal vecchio fornaio, non sono che un pretesto per cogliere questo aspetto inedito della vita romana. L'impianto narrativo rispetta l'esame obiettivo del reale, caro alla poetica veristica; gli interventi dello scrittore sono irrilevanti e per lo più assumono carattere sentenzioso e quindi pressoché impersonale; l'azione è come riferita da un "coro" di osservatori che vivono all'interno della vicenda, o, ancor più spesso, secondo l'ottica di uno dei protagonisti, via via privilegiato rispetto agli altri; scarseggiano quindi i passi descrittivi, mentre predominano il dialogo e il discorso indiretto libero. I caratteri vengono delineati e messi in luce nelle loro pieghe insospettabili a mano a mano che la vicenda lo consente nel suo sviluppo; su tutti predomina la figura di Irene, ottimamente delineata specie nelle manovre di seduzione del vecchio Ferramonti.

Al romanzo, che è il capolavoro del C., non arrise il successo predetto dal Lodi; la Serao lo giudicò non omogeneo, frutto della crisi e delle incertezze letterarie del tempo, tra vecchia e nuova scuola. Il C. non ripeté l'esperimento verista.

Le novelle successive si possono ben definire bizantine. Il racconto non sembra più "essersi fatto da sé"ma è offerto agli abbonati in una trama abbastanza semplice e scontata (inizio in medias res e lunghi flash-back sulle circostanze che hanno determinato l'immancabile dramma), ma con ricchezza di notazioni psicologiche e cura sofisticata (anche se non con gli eccessi dannunziani) dei particolari (un interno raffinato, un abito, un volto, un atteggiamento). Sono quasi tutte ancora di ambiente romano, ma i protagonisti sono ormai dei parvenus, non più dominati dalla sete del denaro, ma agitati da nevrosi, inquietudini, turbamenti (Nevrosi, in Cronaca bizantina, 1º dic. 1883; Fantasie di quaresima,ibid., 1º febbr. 1884; Rancori,ibid., 1º marzo 1885); sono caratteri costituzionalmente deboli, al limite del patologico, o resi tali dall'ambiente. Il C. si lascia coinvolgere: non cerca le cause dei fatti (come nel primo romanzo), né il loro imparziale rendiconto (come nel secondo); vuole soltanto raccontare, con il disimpegno del mondo letterario romano alle soglie del decadentismo, secondo una svolta del gusto cui non appare estraneo.

Nel 1885 con Amori claustrali (in Cronaca bizantina - Domenica letteraria, 13 dicembre) si interrompe la produzione del C., anche se nelle colonne de La Domenica letteraria del febbraio di quell'anno figura in preparazione un suo nuovo romanzo, I caduti; la sua attività letteraria appare così strettamente legata alle fortune del Sommaruga, che fallì appunto nel marzo di quell'anno. Le sue opere, già non molto apprezzate dai contemporanei, furono presto dimenticate. Il Croce nellaLetteratura della Nuova Italia le cita tra i romanzi-documenti della vita romana dopo il '70, accanto a quelle di altri autori, Serao, Castelli, Fortis, Bizzoni, Del Balzo, Colautti. La loro riscoperta in epoca recente si deve al Bigazzi che ha curato anche la riedizione de L'eredità Ferramonti (Torino 1972).

 
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Ciao, serena serata
Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
 
Ciao per passare le tue vacanze vi consigliamo Lampedusa...
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
 
Buon pomeriggio.Tiziana
Inviato da: do_re_mi0
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i gatti sono proprio cosě.:)
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
 
questi versi sono tanto struggenti quanto veritieri. Ciao e...
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38
 
 

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