Il labirinto
blog diarioMessaggi del 31/10/2011
Era la notte di Natale. Un bambino aveva perso la sua mamma da poco tempo e alla finestra, guardava in cielo, perché il suo papà gli aveva detto che lei ora era lassù su una stella.
Il bambino, poiché il cielo era nuvoloso, non vedeva nessun astro brillare; improvvisamente però apparve una piccola stella.
Egli pensò che se avesse avuto le ali, avrebbe potuto raggiungerla; forse avrebbe rivisto la mamma.
Ma poi accadde una cosa inattesa: la stellina si staccò dal cielo e venne giù, sempre più giù fino ad arrivare alla finestra del bambino.
Egli aprì la finestra e la vide da vicino: era grande quasi quanto lui e al centro delle cinque punte era luminosissima.
In questa luce, vide la sua mamma che gli diceva:
“Sono felice e sarò sempre vicino a te!”
Istintivamente il bambino afferrò la stella e se la portò sul cuore, stringendosela forte forte.
Immediatamente essa assunse il colore rosso del sangue e al posto delle cinque punte spuntarono dei petali rossi.
L’astro si era trasformato in un fiore.
Nacque così la stella di Natale.
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Un giovane sordo che pascolava le capre, avendo perduto un capro, lo andò a cercare.
Cammin facendo incontrò un pecoraio, anche lui sordo, e gli domandò: «Collega, non è che hai visto il mio capro?».«Il villaggio? Comincia dopo questa collina. Vai dritto per il sentiero e ci andrai a sbatter contro», rispose il pecoraio.
Il capraio proseguì nella direzione indicata e di là dalla collina trovò, per caso, il capro che aveva perduto.
Desiderando mostrare la propria riconoscenza al pecoraio, scelse dal gregge una capra con le corna spezzate e ritornò verso di lui.
«Ecco, mio caro, ti ho portato in dono questa capra, perché mi hai mandato nel luogo in cui si trovava il mio capro, che avevo cercato invano mezza giornata. »«Come?», urlò adirato il pecoraio. «Io non ho rotto le corna a questa capra!», e proseguì per la sua via.
Ma il capraio gli andava dietro, gridando con tutto il fiato che aveva in gola: «Te la regalo! Ti prego di accettarla!».
Mentre camminavano così, si imbatterono nel custode di una mandria di cavalli. Questi era sordo anche lui e si sforzava di cavalcare un cavallo rubato.
Come lo vide, il pecoraio prese la briglia del cavallo e gli disse: «Guarda, collega! Costui sostiene che io avrei rotto le corna della sua capra!».«Non vuole accettare il mio dono!», gridò il capraio.
«Se non lo accetta, non avrò fortuna. »
«Non ho visto il vostro cavallo!», disse il mandriano e cercò di procedere oltre; ma il pecoraio gli si era piantato davanti al cavallo.«Va bene! Se il cavallo è vostro, prendetelo! Ma la sella è di mia proprietà e non ve la do», disse spaventato il mandriano.
Saltò giù dal cavallo, si prese la sella e cominciò a scappare.
Il pecoraio non badò al cavallo, che, dopo aver nitrito un po', si diresse verso la mandria.
Il pecoraio si mise a correre dietro il mandriano; e il capraio inseguiva il pecoraio, portando la capra tra le braccia e gridando a pieni polmoni: «Accettala, ché fa del buon latte!».
Continuarono a correre così, uno dietro l'altro, gridando tutti quanti, finché arrivarono al villaggio.
Gli abitanti, spaventati delle loro grida, uscirono tutti dalle loro case, credendo che arrivassero i tartari o che il villaggio fosse assalito dai briganti.
Li presero, li legarono stretti e li portarono dal giudice.
«Perché spaventate la gente con le vostre grida?», domandò loro irritato. «Che storia è questa? O siete dei furfanti?».
I tre pastori sordi, credendo che il giudice fosse al corrente del loro passato e che sarebbe stato meglio dire la verità, si tradirono.
«Signore», lo interruppe il capraio «dirò le cose come sono. È vero, in vita mia ho rubato più di cento capre e ho spezzato loro le corna perché i proprietari non le riconoscessero; ma, siccome questo pecoraio mi ha mandato dove si era perso il mio capro, volevo ricompensarlo dandogli una capra. Ebbene, pensate un po', lui non vuole accettarla!»
Il pecoraio parlò così:«È vero, in vita mia avrò rubato più o meno mille pecore; ma non sono stato io a rompere le corna a questa capra. C'è qui anche il mandriano, che ho fermato mentre andava a cavallo affinché mi fosse testimone. Lui però non ha voluto, ma è saltato giù da cavallo ed è scappato via come un matto. Perché mai? Non riesco a capire».
E il mandriano: «Non riesco a ricordare il numero esatto dei cavalli che ho rubati in vita mia, ma stavolta sono completamente innocente. Quando quest'uomo ha detto che il cavallo era suo, subito sono saltato giù e gliel'ho lasciato. Mi sono tenuto soltanto la sella, perché è veramente di mia proprietà».
Allorché il giudice udì quanti furti avevano commesso questi ladri, rimase con la bocca aperta per lo stupore.
Naturalmente furono condannati tutti e tre e finirono in galera per le loro azioni disoneste.
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C'era una volta uno strano e grande strumento, molto lungo e voluminoso. Occupava buona parte del salotto di una casa, ma la sua era una presenza rassicurante e per nulla ingombrante.
Era in effetti diventato il centro della casa stessa e tutte le cose più importanti della vita della famiglia avvenivano intorno a lui.
A Natale, buona parte dei regali per grandi e piccini venivano appoggiati sulla sua coda, durante le feste aiutava la padrona e le teneva i bicchieri o gli aperitivi, in altri momenti acconsentiva acchè qualcuno che aveva voglia di chiacchierare si appoggiasse su di lui e ascoltava confidenze e segreti.
Era discreto, e si prestava a dare una mano come poteva, come se fosse nato per quello. Pur così grande, mai imponeva la sua presenza e aspettava paziente che fossero gli altri a coinvolgerlo.
Quando però il timido pianista, il suo padrone, si sedeva sullo sgabellino e cominciava a suonare, allora pareva che entrambi prendessero vita, assumessero una autonomia diversa. Si aiutavano a vicenda e dal loro sforzo comune uscivano delle note straordinarie, talmente belle che l'insieme diventava qualcosa di più della musica stessa.
O meglio la musica che insieme creavano diventava il segnalibro nell'esistenza delle persone che li circondavano, segnava in maniera inconfondibile e per sempre alcuni momenti delle loro giornate.
Mozart diventava la colonna sonora del periodo in cui la bambina leggeva i primi libri, Schubert accompagnava le sue prime esperienze, e così le più belle diventavano ancora più belle e le più difficili diventavano più sopportabili; Beethoven aveva immortalato la vecchia nonna che giocava con il gatto e Brahms il ragazzino arrabbiato perché qualcuno aveva toccato le sue cose.
A volte scherzavano anche e frasi divertenti diventavano musica o storielle strane venivano trasformate in allegre note.
C'era una colonna sonora per il risveglio, una per gli ultimi attimi della giornata, una per ogni sentimento si avesse il coraggio di riconoscere.
Quello che forse era difficile da capire, e che divenne chiaro solo quando il piano e il pianista furono separati e le note smisero di rincorrersi, era che il pianista attraverso quello strumento avrebbe voluto esprimere tutte le parole che normalmente non riusciva a pronunciare, tutte le cose che riempivano il suo cuore e che lui sperava raggiungessero gli altri….
E che quello strumento, apparentemente inanimato, aveva dentro di sé molta molta vita e voleva insegnare che non sempre le cose sono come le si vedono. Più spesso nascondono qualcosa di stupefacente …. che con un po' di attenzione il cuore può riconoscere.
inviata da Chiara
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Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere
È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell'anima.
Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell'eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta per essere egoisti.
Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare
È la fonte della saggezza
È la strada della felicità
È il prezzo del successo.
Trova il tempo di fare la carità
È la chiave del Paradiso.
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Protagonistai di questa cronaca è il prof.Caio Talpotti,docente di matematica nella nostra scuola media.Che ha combinato?Veramente nulla,a parte il pandemonio causato dalla sua devastante,irrimediabile bruttezza:pare,e non esagero,un incrocio fra Nosferatu,lo zio Fester e Quasimodo.
Ma meglio che vi racconti,sennò non capite.
LUNEDI'- La prof di lettere Marietta Patacon ha visto il Caio e si è chiusa nel bagno urlando che un alieno era sbarcato a S.Tobia.Il Talpotti non ha assolutamente capito che parlava di lui
MARTEDI'- Nel corso della passeggiatina serale il Talpotti ha incrociato Ireneo e Belva.Al cagnazzo sono caduti tutti i peli in mezzo secondo,poi si è dato alla fuga trascinandosi dietro il padrone.Di loro si sono persele tracce.
MERCOLEDI'- Il Talpotti è andato a Firenze ed è entrato nella trattoria "Da Cecco Porco"da poco riaperta dopo l'incursione del Cornacchioni e dello Scodelloni (vedi "Che combina suor priore?")I clienti sono fuggiti in massa e il proprietario ha tentato di uccidere il Caio a padellate
GIOVEDI'- Stasera al Perepepè c'era una festa in maschera,con premiazione del travstimento più orripilante.
Caio ,senza sapere chi ringraziare,ha vinto ed ha fatto una gran fatica a spiegare a tutti che quella era la sua faccia di tutti i giorni
VENERDI'- Ai giardinetti il Talpotti ha sorriso ai gemelli Lepracchioni.L'Assuera,convinta che un pervertito stess insidiando i suoi pargoli,lo ha quasi levato dal mondo a scarpate.
SABATO- Il Talpotti ha chiesto un appuntamento alla prof di musica Euterpe Saccentoni.Quella ha cominciato a ridere così tanto che ha contagiato l'intera scuola,provocando un maxingorgo al pronto soccorso dell'ospedale di Pistoia.
DOMENICA- Il Talpotti,amareggiato,ha lasciato S.Tobia.
Sono passate due settimane.
La Patacon si sogna il Talpotti ogni notte.Il marito ha abbandonato il tetto coniugale.
Belva è riapparso,ma Ireneo non si trova.
Il propietario della trattoria ha venduto tutto e si è ritirato in un'isoletta sperduta del Pacifico.
La Saccentoni e gli altri sono guariti.
Il Talpotti sta in Burundi.
Non ci crederete,ma le donne lo considerano stupendo e se lo contendono:una ha addirittura tentato il suicidio infilando la testa in un formicaio dopo un suo rifiuto.
Se un son grulli...
Stretta la foglia,larga la via,dite la vostra che ho detto la mia
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James Herriot è veterinario scozzese che ha scritto moltissimi libri sulla sua esperienza,questoè uno dei tanti.
I libri di Herriot sono scritti molto bene,sono umoristici,ironici,toccanti e insegnano sempre qualcosa sugli animali che abbiamo intorno.
Da leggere senza dubbio!
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38