Messaggi del 09/11/2011

La scuola del bosco

Post n°1167 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Alla scuola del bosco, come ogni mattina, tutti attendevano fremendo il principio delle lezioni.
I giovani animali erano tutti lì, aspettando con ansia e eccitazione il maestro: Dotto, il Gufo.
Finalmente l’insegnante arrivò. Si accomodò alla cattedra,e cominciò a fare l’appello.
In realtà conosceva benissimo tutti i suoi allievi, e notava subito se c’era un’assenza; ma leggendo i nomi sul registro, era solito avviare la giornata, come fosse un segnale di inizio della lezione.
-Giò il Cerbiatto.-
-Presente!-
-Dea la Leprotta.-
-Presente!-
-Gesualdo il Procione!-
-Presente!-
C’erano proprio tutti: il Castoro, la Lontra, il Lupacchiotto, la Volpe, il piccolo Ghiro, l’Orsacchiotto, lo Scoiattolo, la Civetta, la Puzzola.
Dotto il Gufo cominciò la sua lezione, ascoltato attentamente dagli astanti.
L’argomento del giorno riguardava l’Educazione e l’Insegnamento.
A un certo punto Dea, la Leprotta, alzò la mano e prese la parola:
-Signor Maestro, io da grande vorrei fare l’insegnante. Come si fa a fare imparare?-
-Il lavoro di chi educa, vale a dire quello dei maestri e dei genitori, è ben duro, ma per spiegartelo ti racconterò una storiella!- disse il maestro Dotto il Gufo. E continuò:
-C’era una volta una scuola nel bosco. Proprio come questa ma un po’ più grande.
Un giorno arrivò l’ispettore didattico. In quel momento gli insegnati erano tutti impegnati a far lezione. Lui aspettò quindi in sala professori l’arrivo di un maestro, per poter essere informato circa i metodi di insegnamento.
Mentre attendeva, il giardiniere della scuola aveva finito il suo lavoro.
L’addetto al giardino si era cambiato, ed entrò in sala insegnanti per bere un caffè:
-Buongiorno! disse l’ispettore scambiandolo per un maestro. L’orticoltore rispose con un inchino.
-Come sono bene educati questi professori.- penso tra sé e sé l’ispettore. Poi cominciò a interrogarlo.
-Come svolge il suo lavoro? - domandò l’ispettore.
-Innanzitutto preparo il terreno. - rispose il giardiniere.
-Bene! Bravissimo!Innanzitutto bisogna sempre preparare il terreno per far un buon lavoro! -
-Poi semino! - continuò il giardiniere - E quindi aspetto che germoglino i primi virgulti! Ergo, mi preoccupo di sostenere quanto sta crescendo, e cerco di estirpare quanto di negativo sta intorno! Ci metto tanto amore!-
Il colloquio finì qui. L’ispettore, tutto contento, se ne andò dal preside, ed entusiasta disse lui:
-In questa scuola avete degli insegnanti superbi! Hanno capito bene quali sono le proprie mansioni! -
Il racconto del maestro Dotto finì qui. Rimaneva soltanto da dare la spiegazione finale:
-Ecco ragazzi! Come avrete capito il mestiere dell’insegnante è proprio come quello del giardiniere. Ci vuole tanto amore, occorre aiutare la crescita e sorreggerla, annaffiare e curare!-
Educare è proprio come occuparsi delle piante. Bisogna sostenere colui che cresce. Introdurre in esso sani principi e valori, ma senza mai forzare, e nello stesso modo come da un seme di zucchina possono nascere solo le zucchine, non si può pretendere , da chi è portato per una attività, come per esempio la pittura, di far nascere un avvocato. Sarebbe come volere da un seme di zucca, un pomodoro.


 
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La statura dell'anima

Post n°1166 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Il XXesimo secolo era iniziato da poco, con tutte le sue speranze, con tutti i castelli in aria che ogni nuova cosa costruisce……..
………tanti anni fa, appunto in quel periodo, in un villaggio che cominciava a togliersi di dosso gli abiti vecchi e fuori moda per indossare nuovi modelli, da poco in voga, le persone sentivano che la vita stava cambiando e cercavano di stare al suo passo. Molti pensavano addirittura, che sarebbe stato bello eliminare tutte le tradizioni……..aria nuova e totalmente. E invece purtroppo, pensavano queste persone, c’erano cose che non sarebbero mai scomparse: il progresso regalava nuove macchine, nuove idee, ma in quella nuova canzone c’era sempre qualche nota stonata che non spariva mai.
A Nuova Era, quello era il nome del paese, la gente “giusta” era tanta.
“Peccato”, quella stessa gente pensava, “che non siano tutti come noi”.
C’erano quei due personaggi, per esempio, Adelmo e Ortega, che non erano in sintonia con la vita, secondo loro. Il primo, sette anni, aveva il corpo di un uomo, un gigante bambino. Si vociferava che avesse una malattia che faceva crescere il suo corpo ad una velocità impressionante rispetto alla velocità con cui cresceva la sua mente, che si sviluppava ovviamente in modo normale. Povera creatura, quale orrore gli era capitato!
Ortega invece era un nano, un uomo nel corpo di un bambino. Arrivava dalla Spagna, dove molti avrebbero voluto fosse rimasto. Certo che la natura faceva proprio brutti scherzi e a tutti dispiaceva per quei due esseri, pero’, pensavano, se ne stiano lontano dalla gente “normale”, era meglio anche per loro in fondo, no? Le persone così andavano a letto la sera e la loro coscienza partiva con essi per un sonno profondo.
Un giorno, i due “diversi” pensarono che vivere lontano da quegli sguardi di curiosità vestita da pena, sarebbe stato più salutare e la comunità, beh inutile nasconderlo, gioì quando i due si trasferirono nel cuore della foresta in una casa che nessuno vide mai, una casa che qualcuno pensò non esistesse neanche e quel qualcuno cominciò a spargere la voce che i due fossero stati inghiottiti dal bosco e scomparsi nel nulla.
Nacque così una leggenda, che venne raccontata ai bambini, sul mistero del bosco e dei due mostri che vi vivevano. Nessuno osò più avventurarsi nella foresta, tranne qualche cacciatore temerario che voleva dimostrare più a se stesso che agli altri, di essere impavido.
Nell’ormai mitico giorno in cui i due lasciarono Nuova Era, nacque Elisa. Nove anni dopo quel giorno, la bambina viveva in quel villaggio ed era infelice. Il disagio che albergava nel suo cuore era causato dal rapporto che Elisa aveva con la vita e con gli altri. Si sentiva indubbiamente una bambina, ma nella sua mente dimorava qualcosa di più profondo di quello che normalmente c’è nella testa di un bambino della sua età. Quei pensieri arrivavano più con l’età adulta di solito, e spesso lei si sentiva a disagio e diversa, giocando con gli altri bambini, a causa di queste riflessioni.
Il problema si sdoppiò nel momento in cui la ragazzina si accorse di avere anche una grande paura all’idea di diventare grande: gli adulti erano spesso così lontani dall’innocenza e dall’immaginazione, cose a cui Elisa anelava tanto. Non voleva diventare quel “grosso involucro” che erano i suoi genitori, preoccupati solo di essere sempre aggiornati nelle mode, preoccupati solo di essere sicuri che gli altri li vedessero come persone valide quando, se fossero andati a fare una perlustrazione all’interno di se stessi, avrebbero scoperto che il valore lì, forse non c’era mai stato.
Una notte fece quell’atto di incoscienza che, prima o poi e in misura diversa da un caso all’altro, tutti i bambini fanno. Si incamminò nel bosco, con la luna come unica luce sul suo cammino, perché pensava: il bosco nasconde sempre qualche segreto, nell’oscurità, nel silenzio della notte e gli uomini, spesso troppo indaffarati durante il giorno ad apparire al mondo, non trovano il tempo o la voglia di provare a cercarlo. Nel cuore del bosco, neanche la luna riuscì più a rischiarare il sentiero. Elisa accese allora la lanterna che aveva con sé e che fino a quel momento non le era servita, quando vide, nascosta nella radura, una casetta illuminata.
Rimase a osservarla a bocca aperta, ripensando alla leggenda che il nonno le raccontava sempre la sera prima di addormentarsi. Si sentiva Biancaneve che, entrando nella foresta trovava la casa dei sette nani anche perché se la leggenda non era tale, ma era tutto vero, lì dentro viveva davvero un nano. Si accostò alla casa e guardò dentro, dal vetro della finestra: vide un piccolo essere e un uomo anziano, apparentemente normale, che mangiavano seduti ad un tavolo. Nel silenzio del bosco però, la sua lanterna che urtò contro le travi di legno che ricoprivano l’esterno della casa, forse fece un po’ troppo rumore.
I due abitanti della casa corsero verso la porta di ingresso mentre Elisa, con il cuore che le usciva dalla gola, corse verso il buio del bosco ma inciampò e cadde rovinosamente.
“Bambina cosa fai qui?” Ortega il nano, ebbe paura ad avvicinarsi troppo a lei, per non spaventarla ulteriormente.
Adelmo sembrò non pensarci e prese in braccio Elisa che era troppo terrorizzata anche per dibattersi…….
“Se io ti dicessi che ho solo sedici anni, cosa penseresti?” La frase sortì l’effetto desiderato: Elisa, anche se solo per un istante, accantonò la paura che venne sostituita dalla sorpresa e dalla curiosità e questa nuova scoperta la lasciò a bocca aperta. Era effettivamente convinta di essere in braccio ad un uomo di settant’anni, fino a quel momento.
“Adelmo mettila giù, sa camminare da sola mi sembra” tuonò Ortega, “come ti chiami bambina?”
“E-ELI-Elisa…”
“Oh, bene…pensavamo fossi muta. Dai, non puoi stare nel bosco tutta la notte vieni dentro”.
La bambina entrò, non aveva molta scelta e poi non vedeva motivo di aver paura, il suo istinto se ne stava calmo ad assistere alla scena. Fecero amicizia e Elisa mangiò, quella scampagnata notturna le aveva messo appetito.
“Così voi due siete i personaggi della fiaba che mi è stata tanto raccontata e quindi mangiate animali vivi e chiunque si avventuri nella foresta, fate riti satanici e………”
“Ehi……frena, frena” Adelmo scoppiò a ridere “Ortega, però ti vedo bene vestito con una tunica nera a sacrificare alla luna piena e nel cuore della notte, gli animali che abbiamo avanzato e non abbiamo mangiato vivi. ”
Ortega si unì alla risata e anche Elisa si fece contagiare.
“Ma dicci di te, cosa spinge una bambina a incamminarsi nel bosco nel cuore della notte?” Ortega cercò di placare le risate mentre le faceva la domanda.
“Non sto bene dove vivo, sebbene io abbia tutto quello che potrei desiderare: una mamma, un papà, amici, giocattoli, tutti mi vogliono bene e quindi cosa voglio?”
Nonostante la bambina si fosse posta una domanda, Ortega e Adelmo capirono che era una di quelle domande che una persona rivolge a se stessa e tacquero, perché la risposta sarebbe arrivata dalla stessa Elisa.
“Vedete, nella mia mente c’è spazio per i giochi da bambino questo sì, ma la mia fantasia mi ha portato oltre e non riesco più a tornare indietro. Mi rendo conto di fare pensieri più da adulto che da bambino e ho paura che un giorno, quando diventerò veramente un adulto, perderò la mia innocenza e forse con quella perderò quella dolce immaginazione che mi fa amare la vita. I miei genitori sono troppo impegnati ad apparire per pensare che il loro corpo dovrà prima o poi scomparire e non riflettono neanche un secondo su dove andrà la loro anima. Non voglio diventare come loro, vorrei morire!!”
Elisa scoppiò a piangere.
“ Coraggio!” Ortega si alzò per abbracciarla. “Se ti vedesse qualcuno adesso, penserebbe che ti stiamo per sacrificare sull’altare del demonio!”
Una risata fece capolino tra i singhiozzi di Elisa.
“Visto sono riuscito a farti ridere! Vedi Elisa, poche persone possono capirti quanto me. Come vedi ho le dimensioni di un bambino ma ho quarantaquattro anni e vedo la vita come un uomo, ma non posso dimenticare neanche per un istante di non avere il corpo di un uomo e quindi di non poterlo essere veramente. Nella mia mente mi sono obbligato a lasciare verde la terra dell’infanzia, come luogo dove rifugiarmi ogni tanto quando la mia condizione si fa troppo, diciamo “pesante”. Il bambino dentro di me vive ogni giorno ma sono costretto ad affrontare la vita da uomo e ti assicuro che non è poi così difficile far convivere le due cose, se si trova qualcuno che ti capisce!”
Guardò Adelmo.
“Già la stranezza ci ha unito e noi su di essa abbiamo costruito la nostra vita. Vedi io ho sedici anni ma il mio corpo ne ha settanta. Il bambino che vive dentro di me, ha iniziato una gara di corsa con il mio corpo ma è rimasto senza fiato chilometri indietro a guardarlo andare velocissimo verso il traguardo. Elisa, ti assicuro che il bambino che sei sopravviverà dentro di te e non solo guarderà la tua vita ma ti aiuterà a costruirla. Vedi, io potrò vivere tutto questo ancora per poco tempo, ma tu di tempo ne hai tanto per tingere d’oro il tuo futuro. Ricordati queste parole ogni volta che chiamerai quel bambino che vive dentro di te e lui sembrerà non risponderti”.
Quei due uomini avevano costruito insieme a lei una certezza nel suo cuore e lei, da quella notte entrò nella leggenda che tutti a Nuova Era raccontavano: visse con i suoi due nuovi e unici veri amici gli anni a venire e nessuno, nemmeno i suoi genitori, ebbe il coraggio di avventurarsi nel bosco per cercarla.
Un’altra persona era stata inghiottita dal bosco, questo mostro!!. La foresta rimase avvolta nell’oscurità e nel silenzio per tutte le notti che vennero, ma se qualcun altro avesse trovato il coraggio di avventurarsi nel buio, avrebbe scoperto una luce e nella luce i sorrisi e la gioia, che in fondo si nascondono nel profondo del cuore di ognuno di noi.



 
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Fiabina

Post n°1165 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

“ C’era una volta una fiaba piccina che viveva tra le pagine di un voluminoso libro di fiabe. Il libro era fresco di stampa con delle magnifiche e colorate illustrazioni. Le altre fiabe del libro chiamavano,quella piccola fiaba, Fiabina. Quest’ultima era composta di tre pagine con una sola e semplice immagine mentre le altre fiabe avevano molte pagine e variopinte raffigurazioni.”

Fiabina gironzolava sempre tra le possenti fiabe del libro. Si avvicinava ad ognuna di loro e diceva:
“ Come sei grande e colorata. Beata te! ”
Dopo un attimo di riflessione aggiungeva:
“ Io, invece, sono minuscola e nessuno mi degna d’attenzione.”
“ Ma noi siamo fiabe di un certo valore ” rispose, in modo superbo, la prima fiaba del libro.
“ Sei così piccola che è difficile vederti tra le pagine di questo grande libro ”, disse un’altra fiaba.
Fiabina le guardò intensamente:
“ Ma io…”
“ Ma tu cosa? ”domandò una maestosa fiaba al centro del libro.
“ Io sono una fiaba come voi! ” esclamò Fiabina.
Tutte le fiabe del libro risero a crepapelle.
“ Non essere sciocca. Ti sei guardata mai allo specchio? ” chiese una fiaba, che era sua vicina di pagina, indicando un’enorme e vecchia specchiera.
“ Non ho avuto occasione di farlo ” rispose con fievole voce Fiabina.
“ Questo è il momento giusto ” ribadì la sua vicina di pagina.
Fiabina lentamente si avvicinò all’enorme e vecchia specchiera. L’immagine, che si riflesse, spaventò la piccola fiaba.
“ Sono troppo piccola! Sono troppo piccola! ”
“ Non gridare in questo modo ” disse una fiaba con delle immagini di un mare azzurrissimo.
“ Devi accettare la tua natura. La decisione del numero delle pagine,della bellezza e della quantità delle illustrazioni spetta allo scrittore di questo libro. Lui è il solo responsabile della tua piccineria.”
“ Allora andrò da chi ci ha scritte! ” replicò con decisione Fiabina.
Altre risate, questa volta fragorose, invasero ogni angolo del libro.
“ Dove vuoi andare. Sei così di poco conto che lo scrittore non ti degnerà neanche di uno sguardo” sottolineò una fiaba di dieci pagine con immagini di montagne innevate.
“ Perché non mi dai in prestito alcune delle tue pagine o delle tue immagini? ” chiese Fiabina a quest’ultima.
“ Per farne cosa? ” ribatté la fiaba di dieci pagine.
“ Per diventare più grande e bella ” rispose Fiabina.
“ E’ impossibile che ti regali alcune mie pagine e delle immagini delle montagne piene di neve.”
“ Impossibile? Per quale ragione? ” domandò con caparbietà Fiabina.
“ Altrimenti il tuo significato cambierebbe e le stesse immagini sarebbero fuori luogo ” rispose infastidita la fiaba di dieci pagine.
Fiabina scrollò le spalle e si diresse verso un’altra fiaba.
“ Chi sei? Non ti ho mai visto prima.”
“ Sono Fiabetta. Le mie pagine sono sette con tre immagini dei boschi d’autunno.”
“ Anche tu sei più grande di me ” sibilò Fiabina.
“ Di appena quattro pagine ” replicò Fiabetta.
Allora Fiabina, sempre sottovoce, incominciò a parlare con lei.
“ Voglio diventare grande come te. Mi dici, per favore, come posso fare.”
“ Non potrai diventare mai grande!” disse con forza Fiabetta.
“ Questo non è vero!” interruppe Fiabina.
“ Quando crescerò mi trasformerò e diventerò come te.”
“ Ma tu non crescerai. Sei una fiaba e non un essere umano o vegetale. Sei solo una piccola fiaba e null’altro. Tutte noi siamo delle fiabe e resteremo così in eterno.”
“ In eterno? Significa per sempre? ” E Fiabina coprì il suo piccolo volto con le sue manine.
“ Per sempre, in eterno è la stessa cosa ” ripeté Fiabetta.“ Finché questo libro vivrà anche noi vivremo insieme a lui. A meno che…”
“ A meno che? ” chiese incuriosita Fiabina.
“ A meno che il libro non venga distrutto e le sue pagine strappate. Solo allora finirà la nostra esistenza.”
“ Basta! Basta! ” urlò Fiabina “ Non voglio più sentirti. ”
“ Aspetta piccola fiaba ” esortò Fiabetta cercando di calmarla“ Il libro potrà vivere anche mille anni. E tu, come noi, con il libro.”
“ Non voglio vivere in questo modo! ” urlò di nuovo Fiabina avvicinandosi a Fiabetta. Fiabina, con un rapido movimento, cercò di levar via della pagine a Fiabetta. Quest’ultima reagì.
“ Sei impazzita? ” E richiuse ogni sua pagina.
Fiabina, non contenta, ritornò alla carica.
“ Dammi una sola pagina. Ti scongiuro! ” Mentre cinse il suo corpicino intorno a quello di Fiabetta.
Tutte le fiabe del libro avevano assistito alla scena.Una vecchia e saggia fiaba si avvicinò a Fiabina e cercò di allentare la sua presa... Ma non ci riuscì. Arrivò in suo aiuto una giovane fiaba che, con un veloce fruscìo delle sue pagine, allontanò Fiabina dal corpo di Fiabetta.
“ Non è questo il modo di comportarsi! ” rimproverò la vecchia e saggia fiaba.
Fiabina abbassò lo sguardo. Poi drizzò la sua minuta schiena e rispose.
“ Come dovrei comportarmi? Di continuo mi maltrattate perché sono una piccola fiaba. La colpa è solo vostra! ”
“ Non è vero…” Cercò di dire la vecchia e saggia fiaba ma le sue pagine furono schiaffeggiate da un forte vento.
“ Da dove proviene quest’aria così potente? ” si chiesero tutte le fiabe.
“ Non saprei ” rispose Fiabetta.
Il vento continuò a spirare sempre più forte.Le fiabe, anche le più possenti, iniziarono a barcollare. Fiabina afferrò la pagina della vecchia e saggia fiaba.
“ Così facendo strapperai questa mia pagina e tu volerai fuori dal libro. ”
“ E sarà meglio per tutte noi ” dissero in coro le altre fiabe del libro. “ Ma lascia quella pagina e fatti rapire dal vento.”
“ Siete proprio cattive con me! ” strillò Fiabina.
All’improvviso il vento si placò. Fiabina lentamente si accostò a Fiabetta.
“ Pensavo di non rivederti mai più. ”
Fiabetta la guardò intensamente.
“ Un giorno nessuna di noi si ricorderà dell’altra ”, affermò con freddezza Fiabetta.
Fiabina non rispose. Una piccola lacrima scivolò sul suo visino. Le altre fiabe si ricomposero e ritornarono al loro posto. Sembrava che non fosse successo nulla.
Un terribile silenzio, accompagnato da una sola nota di violino, avvinghiò il libro di fiabe. Fiabina si accasciò vicino alla vecchia e saggia fiaba. “ E’ vero quello che ha detto Fiabetta? ” interrogò Fiabina con umile voce .
“ Non pensarci. Adesso riposa il tuo piccolo corpo e pensa a ciò che farai domani.”
“ Domani sarò sempre in questo libro e…”
“ Silenzio. Ascolta il silenzio e questa dolce musica lontana ” interruppe la vecchia e saggia fiaba.
Fiabina chiuse gli occhi e si addormentò mentre una carezza, della vecchia e saggia fiaba, lambiva la sua testolina.

Trascorsero gli anni. Le fiabe di quel grosso libro erano sempre lì in bella mostra. Qualche immagine, ormai stinta, adombrava la bellezza del libro.
“ Anche la figura che conservo è sbiadita. Come me, oltretutto”, pensò Fiabina.“ Sarò sempre una piccola fiaba e null’altro.”
Fiabina fu destata dallo sbadiglio di una grande fiaba piena di immagini coloratissime.
“ Come sei bella! Come sei bella! ”ripeté più volte Fiabina. “ Sei stata sempre così? E come mai le tue immagini non sono scolorite ? ”
La grande fiaba rispose con calma.
“ Non è la lunghezza delle pagine e la bellezza delle immagini a far grande una fiaba ma il suo contenuto.E’ sempre lo scrittore a decidere le pagine e le rappresentazioni che ci compongono. Ricordi, tempo fa, le parole delle altre fiabe ? Riguardo le mie immagini non saprei dirti perché il loro colore è rimasto inalterato.”
“ Forse hai ragione ” si convinse, in un primo momento, Fiabina.“ Però io sono così piccina e nessuno s’accorge di me. Anche chi legge le fiabe di questo libro non mi degna di uno sguardo. Mi legge in pochissimo tempo e subito continua con un’altra fiaba più lunga e ricca di immagini. Il mio desiderio, da lustri, è diventare grande e bella come te.”
“ Se questo è il tuo sogno, come ho capito, saprai a chi rivolgerti ” replicò la fiaba.
“ Certo! Allo scrittore! ” esclamò Fiabina.
“ Le altre fiabe hanno sempre detto che lui non potrà vedermi perché sono troppo piccola.”
“ Il sogno si può realizzare solo trasformandolo in realtà. E questo spetta a te farlo .” E la grande fiaba si allontanò da fiabina, con agile passo, presagendo un qualcosa che poteva accadere. Infatti una musica soave s’insinuò tra quelle fiabe.
“ Portami lontano da qui. Devo cercare chi ci ha create” chiese Fiabina alla musica e adagiò il suo piccolo corpo su due note. La dolcissima musica si allontanò dal libro di fiabe.
Sembrava che fosse trascorso un secolo, invece, dopo pochi minuti, Fiabina si ritrovò, come per magia, in una piccola casa dalle mura color avorio che si affacciava sulla spiaggia bianchissima di un luogo fantastico.
Le note, di quella piacevole musica,distesero Fiabina su di un cuscino di un divano.
Fiabina notò un uomo, con i capelli e la barba bianca seduto vicino ad una scrivania antiquata.
“ E’ lui! E’ lui!” gridò Fiabina “ Ne sono sicura. ”
“ Chi è che parla in questa stanza? ” domandò ad alta voce il vecchio scrittore.
“ Sono io. Una piccola fiaba. ”
“ Che strana voce. E’ incomprensibile ” disse tra sè il vecchio scrittore“ Da dove viene? ” si chiese nuovamente alzandosi dalla sedia.
Con calma, ed appoggiandosi sul pomo d’argento di un bastone che raffigurava la testa di un cerbiatto, si diresse verso il divano.
“ Cosa sono questi fogli? ”s’interrogò il vecchio scrittore lisciandosi la bianca barba.
“ Sono Ffiabina ! Sono Fiabina! ” gridò a squarciagola, la piccola fiaba, per farsi ascoltare dal vecchio scrittore. Quest’ultimo continuò ad osservare, con meraviglia, i fogli adagiati sul divano. Con le sue tremule mani decise di leggere quei fogli abbandonati. Lesse per qualche minuto.
“ Sono io che ho scritto questa fiaba! ” esclamò.
“ Certo signore. Mi ha scritta insieme ad altre fiabe contenute in un grosso libro che non è lontano da qui ” confermò Fiabina.
“ Ma tu parli? ” domandò incredulo il vecchio scrittore.
“ Si parlo e da molto tempo. Mi chiamo Fiabina.”
“ Adesso mi ricordo! Sì, sì, adesso mi ricordo! ” gridò di gioia il vecchio scrittore “ Ero molto giovane quando ho scritto quel voluminoso libro di fiabe. ”
Fiabina guardò dritto negli occhi cerulei del vecchio scrittore.
“ Per quale motivo mi ha scritta così breve? Il nomignolo di Fiabina mi è stato dato dalle altre fiabe del libro. ”
“ Quando ho scritto il grosso libro di fiabe, in cui sei contenuta, non pensavo minimamente alla lunghezza di ognuna di voi. Desideravo solamente esprimere le mie sensazioni affinché i lettori potessero comprenderle. ”
Fiabina respirò profondamente.
“ Purtroppo ha ragione. Ma ho un sogno che posso realizzare solo con il suo aiuto.”
“Chiedimi tutto ciò che il tuo piccolo cuore desidera” disse lo scrittore accarezzando una delle sue pagine.
“ Potrebbe farmi diventare più grande? ”domandò timidamente Fiabina.
“ Come più grande? Non riesco a capire” rispose il vecchio scrittore.
“ Allungarmi, scrivere delle altre pagine” ribatté Fiabina.
Il vecchio scrittore restò in silenzio per alcuni minuti. Di poi, stringendo sul suo cuore i tre fogli, si diresse verso la scrivania antiquata. Si sedette ed incominciò a scrivere. Da tre, le pagine divennero ben venti. Lo scrittore inserì in Fiabina anche delle immagini che aveva custodito in un cassetto della scrivania .
Fiabina si guardò. Era completamente trasformata.
“ Grazie! Grazie! ” gridò di felicità.
“ E’ il minimo che potevo fare per te ” rispose pacatamente lo scrittore. “ Mi dispiace che non sei stata, per tanti anni, considerata dalle altre fiabe del libro. E tutto ciò a causa mia. Ma non conoscevo la crudele realtà di quel libro che ho scritto molto tempo fa.”
“ Non è colpa sua. La colpa è delle fiabe del libro ad eccezione di due fiabe che sono diverse dalle altre ” rispose Fiabina.
“ Dimmi, dimmi. Quali sono? ” chiese incuriosito lo scrittore.
“ C’e Fiabetta che è un po’ più grande di me ed ha delle meravigliose immagini dei boschi d’autunno.”
“ Si la ricordo. Adesso la ricordo perfettamente” interruppe lo scrittore mentre appoggiava la sua fronte su di una pila di libri.
“ Non si sente bene ? ” domandò impaurita Fiabina.
“ No, no, piccola mia. Scusami anch’io ti ho chiamato piccola. Adesso non lo sei più” rispose lo scrittore alzando la testa.
Fiabina s’accorse dell’improvvisa commozione dello scrittore. I suoi occhi cerulei erano diventati lucidi come biglie bagnate dall’acqua.
“ Mi potrà sempre chiamare piccola. Le sue parole non sono malvagie come quelle delle fiabe del libro.”
“ Grazie. Sei molto gentile. Ma raccontami dell’altra fiaba ”, domandò lo scrittore riprendendosi da quella commozione.
“ E’ una vecchia e saggia fiaba. Con me è stata sempre comprensiva.”
“ Non la ricordo ” rispose lo scrittore lisciandosi la sua barba bianca.
“ E’ la migliore delle fiabe, insieme a Fiabetta naturalmente ” disse Fiabina con tono deciso.
“ Purtroppo non la ricordo. Ho scritto molte fiabe nella mia vita. Molte erano belle, altre meno. Adesso sono soltanto un vecchio che scrive qualche foglio e null’altro.”

“ Certamente le fiabe degli altri libri, non sono come quelle che compongono il libro di cui faccio parte! ” rispose con decisione Fiabina.
“ Hai ragione, piccola mia ” disse il vecchio scrittore mentre i suoi occhi cerulei si asciugavano, lentamente, dall’acqua della commozione.
Alcuni minuti dopo le due note della soave musica, che avevano aspettato in disparte, invitarono Fiabina a distendersi sui loro corpi. Pochi minuti e Fiabina si ritrovò nel grosso libro di fiabe.
“ Chi è quella meravigliosa fiaba? ” chiese la prima fiaba del libro alle altre sue amiche.
“ Non l’abbiamo mai vista prima. Sarà di un altro libro” risposero all’unisono le fiabe.
“ Non mi riconoscete? Sono Fiabina.”
“ Non può essere! Fiabina era piccola ed insignificante. Invece tu sei splendida ” evidenziò la fiaba di dieci pagine.
“ E’ lei! E’ lei! ” esclamò Fiabetta “ La riconosco anche se ha più pagine e più immagini.”
“ Avvicinatevi tutte quante” esortò Fiabina con umile voce.
Tutte le fiabe del libro si misero intorno a Fiabina.
“ Nel passato siete state sempre malvagie con me perché ero piccola e con un’unica immagine. Solo adesso mi prendete in considerazione in quanto sono grande, cioè sono composta da più pagine ed ho un numero maggiore di immagini.”
Tutte le fiabe restarono in silenzio.
Fiabina continuò a parlare.
“ Anche chi è più piccola deve essere stimata, allo stesso modo di chi è più grande. Ricordatevi che un granello di sabbia può essere più importante dell’ intero oceano.”
Ogni fiaba del grosso libro comprese le parole di Fiabina.
“ Come ti dobbiamo chiamare da oggi? Certo non più Fiabina ”, affermò la vecchia e saggia fiaba.
“ Ciò che hai detto non corrisponde alla tua sapienza ”rispose Fiabina “ Io sarò per sempre Fiabina! Il rispetto che provate per una fiaba come me, non deve dipendere dalla sua importanza, dal numero di pagine e da quello delle sue immagini.”
“ Hai ragione Fiabina” replicò la vecchia e saggia fiaba “ Ci hai donato una profonda lezione di vita e, per questo, ti ringrazieremo per sempre.”


 
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Il lutto si addice a Prosperina

Post n°1164 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Sì,lo so.Vi state domandando chi è questa Prosperina e se mi date tempo vi rispondo.
La signora in questione altri non è che la madre di Odoacre Puzzettoni,vedova da anni del signor Pulcherio,che si comporta come se il consorte le fosse mancato tre ore fa.
Finora il suo atteggiamento di vedova inconsolabile era stato tollerato,ma giorni fa ha raggiunto livelli tali che non è stato più possibile far finta di nulla
Non mi credete? leggete!
LUNEDI'- Odoacre ha invitato a cena il suo datore di lavoro,Properzio Scannabecchi.La Gelsomina aveva superato se stessa, preparando lasagne,pollo al crostone e tiramisù.
Il pover'uomo aveva appena iniziato a mangiare, cheProsperina,piangendo a dirotto,gli ha confidato che la buonanima andava pazzo per le lasagne.Al secondo la situazione non è migliorata:si dà il caso,infatti,che Pulcherio avesse chiesto in moglie Prosperina dopo avere assaggiato il suo pollo al crostone.
Al tiramisu il colpo finale: sempre piangendo a dirotto,la Prosperina ha raccontato alla Scannabecchi che Pulcherio era morto perchè un pezzo di tiramisù gli era andato di traverso.
C'è da meravigliarsi se quello si è ricordato di avere uno zio moribondo a Timbuktù?
MARTEDI'- La Prosperina tiene sparse per casa foto del Puclherio.
Fin qui nulla di strano,se non fossero foto da lei scattate al marito nella bara.
Questo la nuova colf a ore Fatima Makimmazzameh non lo sapeva.
Al ritorno della Gelsomina,la magrebina,leggermente alterata, le ha dichiarato che lei in casa di persone che tappezzavano la casa di foto di Jack lo Squartatore non avrebbe lavorato manco morta.
MERCOLEDI'- Arrivando al cimitero la Prosperina ha sopreso Geremia che sputava sulla foto del marito e poi la puliva con uno straccio lercio sbilercio.
Il becchino è ancora vivo perchè si è arrampicato su un cipresso,scalandolo in due secondi netti ed entrando nel Guinness.
GIOVEDI'- In presenza della cognata Cassiopea Puzzettoni ha osato affermare che il fratello Pulcherio,ricordandolo da vivo e non da morto,era un emerito rompiscatole.
Ha poi aggiunto,ahilei,che aveva sempre desiderato essere figlia unica.
La Prosperina,impugnata la doppietta (del defunto,manco a dirlo) voleva fucilarla sul posto e solo una pronta fuga ha salvato la Cassiopea
VENERDI'- Nell'ingresso c'è una cassapanca con tutti gli abiti di Pulcherio (calzini e mutande comprese).La Gelsomina l'ha portata alla discarica e la Prosperina l'ha buttata nel tritarifiuti della nettezza urbana.
La poverina è viva per miracolo.
SABATO- I Puzzettoni esasperati hanno implorato Ireneo di parlare con la Prosperina e il pio sacerdote in uno slancio (raro quanto la neve in agosto)di pietà cristiana ha accettato.
Risultato:si èbeccato lo spegnimoccoli nei denti.
DOMENICA- Narcotizzata Prosperina,Odoacre l'ha spedita a Tukambakabalo.
Sono passate due settimane.
Properzio si è veramente trasferito a Timbuctù.
Fatima è in cura da uno psichiatra perchè ogni notte si sogna Pulcherio.
Geremia ha deciso di vivere sul cipresso.
Cassiopea ha perso capelli e parola (per quello poco male,era logorroica)
Ireneo e i Puzzettoni si allenano col kalashnikov,casomai Prosperina tornasse.
Stufa di sentir sempre nominare Pulcherio,Adolf ha spedito Prosperina nell'entroterra,ad occuparsi di una colonia di scimmie piangine,tutte quante vedove.
"Fra bestie ci s'intende!" è stato il suo laconico commento
Esaurito il mio compito,io passo e chiudo

 
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Mi piaci quando taci (Neruda)

Post n°1163 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

mi piaci quando taci perche' sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.


poiche' tutte le co son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomogli alla parola malinconica.


mi piaci quando taci e sei come distante.
e stai come lamentandoti, farfalla turbante.
e mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.


lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
sei come la notte, silenziosa e costellata.
il tuo silenzio e' di stella, cosi lontano e semplice.


mi piaci quando taci perche' sei come assente.
distante e dolorosa come se fossi morta.
allora una parola, un sorriso bastano.
e son felice, felice che non sia cosi.


 
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Libri dimenticati:Donne del Risorgimento

Post n°1162 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Accanto a donne notissime comeCristina di Belgioioso,Teresa Confalonieri,la Castiglione,troviamo anche donne coraggiose e tragiche come Adelaide Cairoli,che alla patria ha dato otto dei suoi 9 figli maschi.Da leggere

 
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Frase del giorno

Post n°1161 pubblicato il 09 Novembre 2011 da odette.teresa1958

La speranza è un sogno a occhi aperti (Aristotele)

 
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