Messaggi del 22/11/2011

Il maestro di preghiera fra i berberi

Post n°1267 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

In mezzo alle alte montagne dell'Atlante, vivevano molte tribù berbere che parlavano solo la loro lingua e non conoscevano una sola parola in arabo. Avevano una vaga idea del Corano e delle preghiere, ma si sentivano musulmani e si addoloravano di non poter pregare con le parole del Libro Sacro.

Durante una riunione annuale, un anziano di una di queste tribù propose di recarsi dal sultano per chiedergli di mandare nei villaggi una persona colta in grado di istruirli almeno sulle cose essenziali.

I notabili del paese si recarono quindi dal Sultano di Fès*, il quale si commosse di tanto zelo religioso e promise che avrebbe mandato uno degli uomini più sapienti della famosa e antichissima università di Fès.

La tribù accolse quest'uomo con entusiasmo e grande ospitalità. Nel pomeriggio l'Imam** convocò la gente alla preghiera, tutti fecero le abluzioni e si disposero in file; in prima posizione si unisce il maestro e stava già per iniziare quando si accorse che il terreno era bagnato e fangoso. Per non sporcare l'abito bianco prese un pezzo di una porta le cui assi erano però sconnesse e formavano delle fessure e vi salì sopra. Sollevò le mani come prescrive la tradizione ed esclamò: "Allahu Akbar" (Dio è grande) e tutti gli uomini schierati dietro di lui ripeterono: "Allahu Akbar". Dopo la Fatiha*** e la Sura del Corano, l'Imam si inchinò e tutti ripeterono le sue parole. Quindi si prostrò a terra fino a toccare le assi con la fronte e tutti lo imitarono e ripeterono le sue parole in arabo senza capire nulla. Purtroppo le fessure delle assi si allargarono e il naso del sapiente rimase nello spazio tra le due assi e quando si volle rialzare lo spazio si chiuse e il naso rimase intrappolato. A nulla valsero I suoi sforzi per liberarlo. Allora gridò ad alta voce: "Ho il naso imprigionato!" e tutti ripeterono in arabo: "Ho il naso imprigionato". Allora gridò: "Venite ad aiutarmi!" e tutti ripeterono con fervore: "Venite ad aiutarmi!". Sempre più esasperato e dolorante l'Imam gridò: "Ma allora non capite proprio niente?" e tutti ripeterono con partecipazione "Ma allora non capite proprio niente?".

A questo punto l'Imam diede un forte strattone e si liberò, terminò la preghiera, salì sull'asino per ritornare in città e furioso disse: "Prima imparate l'arabo, poi ritornerò ad insegnarvi a pregare!".


 
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La tribù dei Figli dell'avarizia

Post n°1266 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

C'era una volta una tribù berbera, che viveva in mezzo alle montagne, chiamata Beni Shahih che significa Figli dell'Avarizia. In effetti, i componenti della tribù erano conosciuti da tutti per la loro taccagneria. I viandanti che si dovevano fermare a riposare nel loro villaggio, sapevano già che sarebbe stato loro offerto solo un pó di siero di latte allungato con acqua, beveraggio che di solito si dà ai cani.

Un giorno, un uomo della tribù, stanco di essere preso in giro con la sua gente per l'avarizia, pensò di dover liberare il villaggio da questa cattiva fama, riflettè a lungo e alla fine gli venne un'idea. Il giorno di mercato si recò sulla piazza, convocò a gran voce tutto il paese e disse: " É vergognoso che tutti ci considerino avari, dobbiamo cambiare e dare agli altri una prova di generosità e ospitalità ". Le sue parole furono accolte con entusiasmo e tutti chiesero che cosa dovessero fare. L'uomo disse: " Ognuno di noi, domani mattina, porterà un otre di ottimo siero con il quale riempiremo questa cisterna, cosi gli stranieri assetati che si troveranno a passare di qui, potranno bere invece dell'acqua dell'ottimo siero di latte. La notizia circolerà di paese in paese e tutti ci loderanno per la nostra generosità ". I presenti furono d'accordo e decisero di trovarsi la mattina seguente per riempire la cisterna. A casa però, ognuno riempì il proprio otre d'acqua, senza farne parola agli altri, in quanto ognuno pensò che in una cisterna piena di latte nessuno si sarebbe accorto di un pó d'acqua versata.

La mattina seguente tutto il villaggio si trovò intorno alla cisterna, ma questa era completamente vuota e nessuno voleva iniziare a riempirla. Alla fine uno degli uomini disse: " Scommetto che i vostri otri sono pieni d'acqua ". E gli altri replicarono: " E noi scommettiamo che anche il tuo otre contiene solo acqua! ". Tutti scoppiarono in una risata e si resero conto di quanto sia difficile cambiare il proprio carattere.

 
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Bianca Cappello

Post n°1265 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Bianca Capello era la figlia del più illustre dei nobili veneziani Bartolomeo Capello. Bianca all’età di 17 anni si innamora di un giovane di un anno o due più vecchio di lei, appartenente ad una famiglia nobile fiorentina impoveritasi nel tempo. Questo giovane si chiamava Pietro Buonaventura e si trovava a quel tempo a Venezia a ricoprire l’incarico di impiegato presso la banca fiorentina dei Salviati, che era situata dalla parte opposta del Palazzo dei Capello. La famiglia di lei avrebbe voluto ucciderla piuttosto che accordare un tale matrimonio, e così, i due giovani si sposarono segretamente. Su Pietro Buonaventura fu messa una taglia di 2000 ducati a favore di chiunque l’avrebbe ucciso. Per sfuggire alla morte Piero e sua moglie, presero dapprima una gondola, e poi fuggirono, probabilmente con una nave, per raggiungere Firenze dove suo padre e sua madre vivevano in una grande povertà. A suo padre, date le ristrettezze, gli era rimasta solo una serva e per far quadrare il bilancio familiare, anche in vista dei due nuovi arrivati, il padre fu costretto a licenziare la serva e Bianca dovette prendere il suo posto. Durante questo tempo passato in povertà ai due giovani nacque una figlia alla quale fu dato il nome Pellegrina (che poi andò in sposa a Ulisse Bentivoglio). Nel 1563, Francesco, allora ventiduenne, il figlio maggiore del Duca di Firenze, passando un giorno da Piazza San Marco (questa storia la sanno tutti i fiorentini), alzò gli occhi e vide Bianca alla finestra e subito si innamorò di lei. Ella aveva allora venti anni ed era al massimo della  sua bellezza. Dopo un invito, Bianca accetta di incontrasi con Francesco presso il palazzo di una nobildonna fiorentina nella stessa Piazza San Marco, dove abitava lei. Bianca, in ginocchio, chiede comprensione, protezione e rispetto per la sua onestà.

Francesco per un po’ di tempo obbedisce, ma poco dopo le sue attenzioni verso Bianca si fanno via via più insistenti. Ma Pietro amareggiato dal fatto che Bianca  fosse costretta a fare una vita servile a causa delle loro condizioni di povertà e anche per tutelare la sua incolumità finisce per accettare un incarico propostogli alla Corte medicea, e inoltre di andare ad abitare con la moglie in un Palazzo di proprietà del Granduca che si trovava in Via Maggio, nelle vicinanze del palazzo Ducale (Ci sapeva fare il Granduca). Pietro, a causa di questa nuova posizione sociale, divenne orgoglioso, insolente, dissoluto e detestato da tutti, e dopo un po’ di tempo fu ucciso all’angolo di Via Maggio, presso il Ponte di Santa Trinita, da uno della famiglia Ricci che Pietro aveva insultato. Francesco  allora divenne l’amante di Bianca e restò tale per tutta la vita, anche quando nel dicembre del 1564 sposò l’Arciduchessa Giovanna d’Austria, e allora, Bianca aveva solo 21 anni. Quando Francesco non era nel suo laboratorio (amava spassionatamente le ricerche alchemiche), passava la maggior parte del suo tempo da Bianca nella casa di Via Maggio. Rattristata dal comportamento fedifrago dello sposo e ammalatasi Giovanna morì nell’aprile 1578. Francesco sposò segretamente Bianca in quell’anno e l’anno successivo vi fu un matrimonio sfarzoso nella chiesa di San Lorenzo. Nel 1565 Bianca veniva accolta al Castello di Cafaggiolo dal March. Alamanno Salviati, con molti altri gentiluomini fiorentini. “Nel penultimo decennio del secolo – ci dice il Niccolai – ed anche prima, ad intervalli, vi dimorava col marito Bianca Capello, vanitosa, tenera e dispotica che ammaliava potenti e artisti”. Sempre il Niccolai descrivendo la chiesa di Olmi, presso Borgo San Lorenzo, ci dice: “Bianca Capello che ad Olmi era già stata nel 1578 (18-19 maggio) vi ritornava Granduchessa nel 1585 con sfarzoso corteo da Cafaggiolo e Alessandro Allori, detto Sandrino del Bronzino, poiché allievo e amico di Agnolo di Cosimo detto il Bronzino, che vi si trovava a dipingere due tavole d’altare (Una Maria Assunta e un San Sebastiano) la ritraeva a fresco in una parete della sala ove stava pranzando

Aveva essa allora 37 anni”. L’affresco fu poi staccato e portato alla Galleria degli Uffizi. Ma un bellissimo ritratto di Bianca all’età di 20 anni fu fatto anche da Tiziano. Questo ritratto che prima si trovava alla Torre del Gallo è scomparso. Un altro bellissimo ritratto di Bianca all’età di 30 anni fu eseguito dal Bronzino e si trova nella Galleria di Palazzo Pitti. Nel 1587 Francesco si ammalò improvvisamente, poco dopo l’arrivo del fratello Ferdinando a Firenze (futuro erede), e dopo una battuta di caccia  fatta insieme a lui, Francesco fu preso da una febbre violenta e morì poco dopo. Bianca, che anche lei si era ammalata improvvisamente, morì undici ore dopo il marito. Era inevitabile, che in questa circostanza Ferdinando fosse stato sospettato di averli avvelenati entrambi. Tutti gli storici, però, sono ora d’accordo che non ci fu avvelenamento e che Francesco e Bianca morirono per cause naturali, come risulterebbe da esami eseguiti post-mortem. Poco prima di morire Bianca aveva detto all’Arcivescovo di Firenze che l’aveva dovuta, suo malgrado, avvertire dell’avvenuta morte del marito: “Ed io farò altrettanto, questo è il mio desiderio: che io muoia con il mio signore”.

 
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Francesco de Medici e Bianca Cappello:avvelenati o no?

Post n°1264 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

A LORO MISTERIOSA MORTE, LE IPOTESI CHE SI RINCORRONO DA SECOLI, LE POLEMICHE ED ORA LE PROVE SCIENTIFICHE: NON FU ARSENICO!

Straordinari risultati di una ricerca sui resti del granduca di Toscana: la presenza di Plasmodium falciparum conferma le fonti secondo cui Francesco I de’ Medici morì di febbre malarica e manda in soffitta la storia dell’avvelenamentoTesto di Gino Fornaciari e Raffaella Bianucci

L’ipotesi dell’avvelenamento da arsenico di Francesco I de’ Medici (Firenze 1541 - Poggio a Caiano 1587) e della moglie Bianca Cappello da parte del fratello Ferdinando, cardinale e suo successore al Granducato di Toscana, è stata riproposta tempo fa in un articolo scientifico (Mari F. e coll.. The mysterious death of Francesco I de' Medici and Bianca Cappello: an arsenic murder? «British Medical Journal» 2006, n. 333), ripreso trionfalmente dai media, e successivamente in ben due volumi a carattere divulgativo (Mari F., Bertol E., Polettini A., La morte di Francesco I de' Medici e della sua sposa Bianca Cappello, Le Lettere, Firenze 2007; Ferri M., Lippi D., I Medici. La dinastia dei misteri, Giunti, Firenze 2007). Del problema si occupò anche Archeologia Viva con un’ampia inchiesta (Becattini M., Francesco e Bianca: arsenico e vecchi merletti, AV n. 123). In sintesi, i tossicologi Francesco Mari, Elisabetta Bertol, Aldo Polettini e la storica della medicina Donatella Lippi hanno sostenuto di avere le prove dell’avvelenamento. L’ipotesi era basata su analisi condotte su alcune formazioni pilifere ritrovate sull’osso mascellare di Francesco I (i cui resti sono stati riesumati nel 2004 da uno degli scriventi (GF) nell’ambito del “Progetto Medici”) e su due campioni biologici rinvenuti all’interno di un sacello pavimentale della chiesa di S. Maria a Buonistallo, parrocchiale della villa medicea di Poggio a Caiano (Po), dove – secondo un documento di archivio – furono portati dopo l’autopsia i vasi con le viscere di Francesco I e Bianca Cappello (ricordiamo qui che il corpo di Francesco fu sepolto nella basilica di San Lorenzo a Firenze, mentre il cadavere di Bianca non è masi stato ritrovato). I reperti biologici di Buonistallo, interpretati come frammenti di fegato umano appartenenti a individui di sesso opposto, sono stati attribuiti ai due coniugi anche grazie alla presenza, nella cripta, di frammenti ceramici e di due crocifissi bronzei ritenuti tardocinquecenteschi (ma risultati poi del Settecento e dell’Ottocento).

Fig. 1 - Francesco I di Mirabello Cavalori (1567-70ca)Fig. 2 - Lavori nella cappella di Buonistallo

 

Azzardata dimostrazione di un delitto. Una prima considerazione a proposito di questi fortunosi ritrovamenti nella chiesa di S. Maria a Buonistallo è che la cripta, dove nei secoli sono stati collocati centinaia di corpi, non è stata scavata con tecniche archeologiche; inoltre – come dichiarano gli Autori dello studio – il recupero dei frammenti di vasi e del materiale organico fu effettuato direttamente dai muratori... Ciononostante, gli stessi Autori hanno sostenuto che l’ipotesi dell’avvelenamento poteva essere non solo plausibile, ma anche dimostrabile. L’analisi chimica ha infatti rivelato la presenza, in questi resti, di arsenico in dosi tossiche; al tempo stesso i ricercatori fiorentini affermano – senza peraltro rendere nota né la metodologia né i dati molecolari ottenuti – che il DNA di uno dei due campioni organici sarebbe compatibile con quello delle formazioni pilifere ritrovate in corrispondenza del mascellare di Francesco I, nella cassetta di zinco dove le ossa del granduca erano state rideposte nel 1956 al termine dello studio antropologico effettuato da Gaetano Pieraccini. È un dato di fatto però che nella cassetta di zinco di Francesco I, riaperta nel 2004 a nostra cura, non c’era traccia di materiali organici, né di cute né di barba, ma solo resti dei tessili che avvolgevano le ossa, peraltro accuratamente ripulite dagli antropologi degli anni Cinquanta per effettuare lo studio antropologico e per ricavare un calco in gesso del cranio del granduca. Quindi appare assai plausibile che il DNA ritrovato – e confrontato con quello dei resti organici della chiesa di Buonistallo – non sia il DNA originale di Francesco I, ma sia dovuto – come succede spesso in laboratori non dedicati allo studio del DNA antico – a inquinamento da DNA moderno. Quanto alla presenza di arsenico, era consuetudine dopo l'autopsia trattare i visceri asportati con composti arsenicali, per favorirne la conservazione. In conclusione, già al momento della pubblicazione del lavoro sull’avvelenamento di Francesco I e Bianca Cappello permanevano forti dubbi sull’attendibilità dei risultati (Fornaciari G., The mystery of beard hairs, «British Medical Journal» 2006, n. 333).

Fig. 3 - Cranio di Francesco I fotografato dal Genna 1949 (da D. Lippi)Fig. 4 - Calco del Cranio di Francesco I calco del Genna (Museo di Antropologia di Firenze)

 

L’agonia dei granduchi. La documentazione lasciataci dai medici di corte Pietro Cappelli, Giulio Cini e Baccio Baldini (gli archiatri che assistettero Francesco I) riporta il decorso dell’improvvisa malattia. Nei giorni 6, 7 e 8 ottobre 1587 il granduca si strapazzò moltissimo andando a caccia nella tenuta circostante la sua villa di Poggio a Caiano, un’area agricola coltivata a risaia, ambiente malarico per eccellenza. La sera dell’8 Francesco si sentì male: febbre violenta accompagnata da vomito incoercibile, seguiti da insonnia e irrequietezza. Il 9 ottobre la febbre persistette tutto il giorno innalzandosi verso sera. Il  giorno 10 i medici diagnosticano una febbre malarica terzana, pertanto Francesco viene sottoposto a un primo salasso. Nella notte fra il 10 e l’11 il granduca si sentì meglio e riprese le sue attività. Il 12, 13 e 14 ottobre Francesco fu nuovamente in preda a violenti brividi causati da febbre elevata, cui si accompagnò un’intensa sudorazione che durò tutta la notte. Le sue condizioni migliorarono leggermente il 15. Il 16 e 17 ottobre il granduca si aggravò: ancora febbre alta, sudorazione profusa, vomito incoercibile, secchezza delle fauci, stitichezza e irrequietezza crescente. Il 18 sembrò nuovamente migliorare e gli furono praticati due salassi. La mattina del 19 ottobre Francesco I si confessò e dettò le ultime volontà; nel pomeriggio la febbre s’innalzò di nuovo, accompagnata dapprima da grande irrequietezza, cui seguirono una forte astenia e la perdita di coscienza due ore prima della  morte. Correva l’anno 1587 e Francesco aveva 46 anni. Quasi in contemporanea si era ammalata anche Bianca Cappello e i medici di corte, seppur in modo meno dettagliato, ne descrivono la malattia come molto simile a quella del coniuge: la stessa notte del 9 ottobre la granduchessa si sentì male, colta da un violentissimo attacco di febbre, e da allora fu febbrile con una sintomatologia uguale a quella del marito. Morì il 20 ottobre 1587 a 39 anni.

Fig. 5 - Apertura della cassetta di Francesco I senza traccia di barba ma con presenza di tessiliFig. 6 - Epigrafe in piombo di Francesco I

 

Malaria o avvelenamento? Attenti ai sintomi. I tossicologi fiorentini hanno sostenuto che la sintomatologia manifestata da Francesco I (vomito incoercibile, secchezza delle fauci, dolori e bruciori di stomaco, continua irrequietezza, ingrossamento del fegato, lesioni polmonari ed edema diffuso) è tipica dell’avvelenamento da arsenico e ben diversa da quella dell’infezione malarica. A questo proposito è opportuno sottolineare che, nelle popolazioni dei paesi dove la malaria persiste in forma endemica, l’insieme dei sintomi riferiti per la malattia di Francesco I è invece tipico della febbre malarica da Plasmodium falciparum. Infatti, uno degli apparati maggiormente colpiti durante l’attacco malarico acuto è proprio quello gastro-intestinale. Il vomito incoercibile, sempre accompagnato da stato febbrile, è il sintomo principale, che solitamente si manifesta con una frequenza elevata (da una a sette volte al dì) all’insorgere della malattia. La conseguente perdita di liquidi e di elettroliti causa una disidratazione accompagnata da secchezza delle fauci e conduce, infine, al collasso cardio-circolatorio. La malaria acuta, accompagnata o meno dalla sintomatologia gastro-enterica, include anche edema polmonare nonché disturbi di tipo neurologico quali agitazione, turbe del comportamento e perdita di coscienza. Ebbene, l’ingestione orale di triossido di arsenico in elevate concentrazioni è certamente associata a sintomi gastro-intestinali (dolori gastritici acuti, salivazione abbondante, vomito, secchezza delle fauci, sete, difficoltà di parola, diarrea, tenesmo) e neurologici (convulsioni, turbe del comportamento, coma), ma attenzione: non è mai accompagnata da febbre. A parte il vomito incoercibile e la sete inestinguibile, Francesco I nella sua agonia durata undici giorni non manifestò nessun altro sintomo riconducibile ad avvelenamento acuto da arsenico.

Referti medici e voci di popolo. Su richiesta del cardinale Ferdinando, i corpi di Francesco e Bianca furono sottoposti a esame autoptico e i medici confermarono che una forma perniciosa di malaria (terzana maligna) era stata la causa dell’improvviso e simultaneo decesso della coppia granducale. Tuttavia, subito dopo la morte dei due, cominciarono a diffondersi voci insistenti secondo cui Ferdinando avrebbe assassinato fratello e cognata con l’arsenico. Ma non mancarono altre versioni dell’accaduto. Addirittura si disse che Bianca avrebbe preparato una torta avvelenata da offrire al cognato Ferdinando: per sbaglio ne assaggiò anche Francesco e la donna, disperata, ne mangiò lei stessa per non sopravvivere al suo amato.

Fig. 7 - Reazioni immunologicheFig. 8 - Supposti peli di Francesco I trovati sul fondo

 

Fu il Plasmodium falciparum il “killer” del granduca. Recentemente, nel Laboratorio di Parassitologia della Facoltà di Medicina veterinaria dell'Università di Torino, estratti di campioni di osso spugnoso di Francesco I sono stati sottoposti ad analisi, per verificare la presenza di due proteine tipiche del Plasmodium falciparum, la proteina di tipo 2 ricca in istidina (P.f. HRP-2) e la lattato deidrogenasi (pLDH), usando due metodi qualitativi di determinazione tramite anticorpi a elevata sensibilità: il Malaria Antigen RAPYDTEST® e il MalariaDetect™ RAPYDTEST® (DiaSys, Connecticut, USA). Quest’ultimo test viene utilizzato per la diagnosi differenziale fra il P. falciparum e le altre tre specie di Plasmodium (P. vivax, P. ovale e P. malariae). I risultati hanno accertato la presenza della proteina di tipo 2 ricca in istidina di Plasmodium falciparum e dellalattato deidrogenasi di P. falciparum non solonel tessuto osseo spugnoso di Francesco I de’ Medici [MED11], ma anche in quello di altri tre membri della famiglia Medici, cioè il cardinale Giovanni [MED3], don Garzia [MED4] e la loro madre Eleonora di Toledo [MED5], deceduti per “febbre terzana” nel 1562 dopo un viaggio nella Maremma grossetana (Bianucci R. e coll.. Immunological Identification of Plasmodium falciparum and Leishmania infantum in the skeletal remains of the Medici family, in Atti del XVIII congresso dell’Associazione Antropologica Italiana, Firenze, 1-4 ottobre 2009). Il Detect™ RAPYDTEST® non ha evidenziato la presenza d’infezioni non-falciparum o miste. Invece i campioni ossei di Cosimo I [MED6], deceduto per polmonite, e di Giovanna d’Austria [MED8], morta di parto, utilizzati come controllo interno, e due campioni esterni di controllo, di epoca medievale, provenienti da aree non malariche della Francia e della Germania, sono risultati negativi per l’infezione malarica.

Quattro secoli di falsità. La teoria dell’avvelenamento da arsenico di Francesco I e Bianca Cappello ha suscitato un dibattito che dura da oltre quattro secoli. Due anni orsono, come abbiamo visto, lo studio effettuato dal professor Francesco Mari e colleghi aveva rilanciato l’ipotesi. I risultati della ricerca attuale, fornendo la prova sicura della presenza di proteine di Plasmodium falciparum nei resti scheletrici di Francesco I, confermano invece le fonti storiche, secondo le quali il granduca morì di malaria acuta. Ora la teoria dell’avvelenamento dovrà essere ricollocata fra le tante leggende che hanno circondato la dinastia granducale dei Medici, mentre il cardinale Ferdinando viene assolto da un’accusa infamante.

 
 

 
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Non l'avessi mai fatto!

Post n°1263 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Chi ha pronunciato questa frase,lettori miei? Nientemeno che Asmodeo Cuccurullo.figlio maggiore e disgrazia perenne del nostro ispettore Telesforo.
Se vogliamo esser giusti,stavolta il suo è stato il ruolo della vittima,ma è meglio che mi spieghi prima di abusare oltre della vostra pazienza.
In occasione del Carnevale,Asmodeo ha pensato bene di recarsi all'annuale veglione del Perepepè, travestito da donna e grazie all'aiuto dell'Armida in poco tempo è diventato una rossa mozzafiato,con minigonna con lo spacco e calze a rete e così conciato si è recato a folleggiare.
Non sapeva,ahilui,cosa lo aspettava!
Fra gli altri in discoteca c'era anche il cugino del famigerato Reginaldo,Maciste Trappoloni,un bestione di 1,90 per 120 kg chiamato "Einstein"per il QI stratosferico (45 scarso).Il bietolone, avvistata quella creatura da sogno,ha deciso che doveva esser sua ad ogni costo,e in men che non si dica Asmodeo si è visto abbrancare,baciare (bacio al gorgonzola che lo ha incretinito,per la cronaca) e chiedere in moglie.Con notevole presenza di spirito,il Cuccurullo ha detto al corteggiatore folle che doveva andare ad incipriarsi il naso e si è defilato...per finire iscritto al concorso "Missi Discoteca" che ha vinto a mani basse,aggiudicandosi un soggiorno nell'esclusiva beauty farm "Belli Scheletriti" di Montecatini.
A questo punto il nostro ha pensato che forse forse era meglio andarsene prima che capitasse altro,ma quando è arrivato al parcheggio ha scoperto che qualcuno gli aveva fregato le ruote dello scooter,
Gli è toccato quindi tornare a piedi a S.Tobia alle diue di notte,sacramentante,infreddolito e traballante sui tacchi a spillo.
Ha pure perso le scarpe, perchè un camionista turco,vista quella bella creatura nel belmezzo dle nulla ,ha pensato bene di provarci.
Credete fosse finita?Magari!
Quella sera Cuccurullo e i suoi uomini hanno effettuato una maxi retata fra le varie lucciole,viados e quant'altro del circondario.
Senza sapere chi ringraziare,Asmodeo si è trovato sbattuto su un cellulare in compagnia di:un trans romano, 5 viados e 8 peripatetiche nigeriane!
Quando Cuccurullo se lo è ritrovato davanti,in questura sono successe cose turche che taccio per decenza.
Sono passate due settimane.
il Trappoloni,innamorato perso,non mangia e non dorme.
Cuccurullo parla del figlio all'imperfetto e gli ha comprato un loculo al cimitero che penserà a riempire appena avrà a portata di mano quel degenerato.
Asmodeo è ricoverato alla clinica Luminaris:si crede Marilyn e se vede lo Sperandio gli canta "Bye bye baby",lo chiama Joe e gli chiede com'è andata la partita di baseball.
Il Luminaris ha confidato al qui scrivente che se non la smette lo ucciderà.
Come andrà a finire? Ai posteri l'ardua sentenza!

 
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I dittatori (Neruda)

Post n°1262 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

È rimasto un odore tra i canneti:
un misto di sangue e carne, un penetrante
petalo nauseabondo.
Tra le palme da cocco le tombe sono piene
di ossa demolite, di ammutoliti rantoli.
Il delicato satrapo conversa
tra coppe, colletti e cordoni d'oro.
Il piccolo palazzo luccica come un orologio
e le felpate e rapide risate
attraversano a volte i corridoi
e si riuniscono alle voci morte
e alle bocche azzurre sotterrate di fresco.
Il dolore è celato, simile ad una pianta
il cui seme cade senza tregua sul suolo
e fa crescere al buio le grandi foglie cieche.
L'odio si è formato squama su squama,
colpo su colpo, nell'acqua terribile della palude,
con un muso pieno di melma e silenzio


 
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Libri dimenticati:Cinderella Man

Post n°1261 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

La biografia di Jimmy Braddock,grande boxeur

 
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Frase del giorno

Post n°1260 pubblicato il 22 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Due cose sono infinite,l'universo e la stupidità umana,ma sull'universo ho ancora dei dubbi (Einstein)

 
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