Messaggi del 28/03/2012

Scrittori dimenticati:Alain-Fournier

Post n°2290 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Henri-Alban Fournier, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Alain-Fournier, nasce a La Chapelle-d'Angillon, nella Cher, in Francia, il 3 ottobre 1886. Scrittore e poeta francese, in vita ha visto pubblicata una sola opera, avendo trovato la morte alla giovane età di ventisette anni, probabilmente nella battaglia di Verdun, durante la Prima Guerra Mondiale. Alcuni però, sostengono sia stato ucciso nell'altra sanguinosa battaglia della Marna.

Non si sa molto della sua vita e, in ogni caso, ciò che si sa è molto esiguo. Il piccolo Henri-Alban è figlio di insegnanti, cui probabilmente deve la sua passione per le lettere e, in generale, per lo studio. La sua infanzia trascorre nella regione francese della Sologne, e nel Basso Berry. Fino al 1898 studia e frequenta con buon profitto la scuola di Epineuil-le-Fleuriel, nella quale insegna suo padre. Il passo successivo è quello dell'ingresso, in qualità di convittore, al Liceo Voltaire di Parigi. In questi anni però nel giovane Henri-Alban matura sempre di più l'idea di entrare alla scuola navale, anche per via del suo spiccato idealismo, il quale alimenta questa propensione. Nel 1901, intenzionato a dirigere la propria vita verso la notoria Ecole Navale, si trasferisce al Liceo di Brest. Tuttavia, non si sa bene per quali ragioni recondite, ben presto abbandona questa idea e lascia anche questa scuola.

Consegue il baccalaureato al liceo di Bourges, nel 1903, e continua le sue peregrinazioni formative passando al liceo Lakanal di Sceaux, nei dintorni di Parigi. Lo studente Alain-Fournier è determinato ad entrare alla famosa École Normale Supérieure e si impegna fino in fondo per prepararsi come si conviene all'esame di ammissione il quale però, di lì a poco, non riesce a superare.

È proprio in questi anni che si lega ala figura di Jacques Rivière, suo amico fino alla morte. Questi sposa la sorella minore di Alain, Isabelle Fournier, esattamente nel 1909. Dalla profonda amicizia che intrattiene con Riviere, scaturisce una fitta e talvolta illuminata corrispondenza tra i due, che inizia nel 1905 e finisce nel 1914, praticamente con la morte dello scrittore francese. Tra il 1926 e il 1928, il carteggio tra i due vedrà la luce in forma di stampa, postuma ovviamente, e intitolata "Correspondance avec Jacques Reviere".

Nel giugno del 1905 Alain-Fournier incontra l'unico, grande amore della sua vita, la bella Yvonne Quiévrecourt. I due si conoscono sui moli del fiume Senna, durante una passeggiata. La donna è la musa ispiratrice della sua unica opera realmente compiuta, trasfigurata nel personaggio femminile di Yvonne de Galais, protagonista del suo romanzo. L'incontro tra i due è breve e, soprattutto per l'autore, a dir poco folgorante.

Due anni dopo, nel 1907, il poeta francese manca una seconda volta l'esame di ammissione all'Ecole Normale Supérieure e, l'anno dopo, si ritrova a dover prestare servizio militare, fino al 1909. Nel 1910 fa rientro a Parigi, trovando un posto da redattore al Paris-Journal. Sono questi anni di grande fervore letterario e culturale, anche e soprattutto nella testata per cui lavora. È proprio qui, infatti, che Fournier incontra André Gide e Paul Claudel, due dei futuri protagonisti della scena culturale francese. Tuttavia, l'esperienza al noto quotidiano parigino non dura molto. Fournier lascia la redazione del Paris-Journal appena due anni dopo, nel 1912, per dedicarsi alla politica, una delle sue grandi passioni giovanili. Diventa allora, segretario del politico Casimir Perrier e, contemporaneamente, comincia a scrivere il suo capolavoro, il romanzo "Le Grand Meaulnes" (Il grande Meaulnes, in italiano), fortemente ispirato agli eventi che l'hanno riguardato dall'infanzia sino all'età adulta. La vicenda descritta nel libro è semplicissima, attorno a questa però, raccontata con grande maestria, si compone la parabola poetica del passaggio dall'infanzia all'adolescenza, in un fitto intrecciarsi di realtà e di sogno, tra sottili impressioni psicologiche e tenero, allucinato lirismo.

Nel 1913, molto probabilmente per caso, lo scrittore incontra nuovamente Yvonne Quiévrecourt. Quando si rivedono però, la donna è sposata, oltre che madre di due bambini. La cosa suscita forti turbamenti nell'animo dell'autore, i quali sono visibili in alcune delle poesie scritte durante questi anni, pubblicate solo dopo la sua morte.

La testata "Nouvelle Revue Française" si appassiona al suo romanzo e decide di pubblicarlo, come feuilleton, un po' alla volta, a puntate. Verso la fine del 1913 poi, il romanzo, nella sua interezza, viene pubblicato dall'editore Emile-Paul. Subito allora, forte di un buon successo di pubblico e delle ottime critiche ricevute, il romanzo "Le Grand Meaulnes", viene selezionato per partecipare al prestigioso concorso per il Premio Goncourt.

L'anno dopo, Alain-Fournier cerca di dedicarsi anche al teatro, prendendo a lavorare alla piece "La maison dans la forêt". Al contempo, comincia a stendere quello che sarebbe stato il suo secondo romanzo, "Colombe Blanchet", il quale, come il lavoro teatrale, resta purtroppo incompiuto.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, decide di arruolarsi con l'esercito francese, nell'agosto del 1914, come tenente della riserva. Dopo poche settimane viene dato per disperso in battaglia a Les Éparges, nei pressi di Verdun, nella Mosa. Probabilmente, Alain-Fournier trova la morte proprio il 22 settembre del 1914, durante uno dei primi scontri del conflitto. Tuttavia, il suo corpo non viene identificato fino al 1991, quando lo ritrovano in una fossa comune tedesca. La località, vicina a Tranchée de Calonne, strada che unisce Verdun e Hattonchâtel, sembra confermare la causa della sua morte e, soprattutto, il luogo esatto.

Nel 1924, sull'onda del successo avuto dal suo primo e unico romanzo, viene pubblicata una raccolta di poesie dello scrittore, dal titolo "Miracoli". Mentre risale al 1944, il lungo e appassionato racconto dal titolo "La donna avvelenata". Nel 1957 invece, Pauline Benda, attrice francese e moglie del politico Claude Casimir-Périer, per cui è stato segretario Alain-Fournier, rivela di aver avuto una relazione con il poeta. Nel 1992, a conferma di quanto affermato, viene pubblicato anche il loro carteggio, intitolato "Alain-Fournier, Madame Simone, Correspondance 1912-1914".

 
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Scrittori dimenticati:Luigi Capuana

Post n°2289 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Luigi Capuana (1839-1915) - Nato a Mineo in provincia di Catania nel 1839, da una famiglia di proprietari terrieri, trascorse buona parte della giovinezza impegnandosi nell'attività politica in favore di Garibaldi e dell'unità d'Italia prima e come ispettore scolastico dopo il 1871.

Tra il 1864 e il 1868 visse a Firenze svolgendo attività di critico teatrale per il giornale fiorentino "La Nazione". Lavorò come giornalista anche a Milano (1877-1882) presso il "Corriere della Sera" e a Roma (1882-1884) dove diresse "Il Fanfulla della domenica". Sulla sua formazione letteraria influì sia il soggiorno fiorentino, dove entrò in contatto con letterati famosi (Prati, Aleardi, Fusinato, Capponi) e conobbe Verga, sia il soggiorno milanese durante il quale, insieme a Verga, frequentò l'ambiente degli scapigliati. A Roma conobbe un altro grande conterraneo, Luigi Pirandello, il quale, dopo aver iniziata l'attività letteraria come poeta, scoprì la sua autentica vena di narratore proprio per i suggerimenti di Capuana.

Rimase a Roma come professore di letteratura italiana all'Istituto Superiore di Magistero sino al 1884, quindi passò ad insegnare estetica e stilistica all'Università di Catania, città nella quale si stabilì definitivamente. Rientrato a Mineo si dedicò agli studi teorici sulla letteratura, oltre che alle opere filosofiche di Hegel e ai testi del Positivismo.  Morì a Catania nel 1915.

Capuana fu il teorico e il divulgatore del verismo; a lui si deve il primo romanzo verista Giacinta (1879). Scritto dopo la lettura di Madame Bovary di Flaubert ispirandosi a un caso di vita vera, il racconto, che è dominato dal canone verista dell'impersonalità, presenta l'analisi minuziosa e quasi clinica della vita dei singoli personaggi. Ma il suo capolavoro è Il Marchese di Roccaverdina (1901). Pregevoli sono anche dei racconti per l'infanzia e molto importanti gli studi critici che fanno di Capuana il miglior critico letterario dell'Italia del suo tempo.

Fondatore del verismo insieme a Giovanni Verga, Capuana fu superiore a Verga come teorico ma inferiore come scrittore. Infatti, mentre Verga è riuscito a dare una rappresentazione storicamente precisa ma soprattutto intimamente umana degli umili, visti come portatori di una civiltà degnissima di rispetto, Capuana è rimasto legato per certi versi agli aspetti scientifici del naturalismo francese. Ne deriva un gusto (evidente in Giacinta) per il caso patologico e per la precisa ricostruzione storica e ambientale. Anche nel Marchese di Roccaverdina l'aspetto patologico (la pazzia) e la minuta descrizione dell'ambiente sono strettamente collegati all'analisi psicologica del personaggio principale.

CAPUANA SCRITTORE

La sua prima opera letteraria fu essenzialmente poetica: un dramma in versi, Garibaldi (1861), e Vanitas vanitatum (1863). Alla poesia ritornò vent'anni dopo con Parodie (1884), parodie dei pometti di Mario Rapisardi, e con Semiritmi (1888), il cui titolo evidenzia una ricerca metrica originale di verso libero.

Con Profili di donne, in cui ancora è evidente la matrice romantico-sentimentale, con il romanzo Giacinta e con le novelle Le appassionate scopre altre possibilità espressive che alcuni sostengono del verismo, e scrive numerosi saggi per mezzo dei quali si fa promotore della nuova corrente letteraria, sostenendo il "metodo sperimentale", la necessità cioè di una rappresentazione obiettiva e distaccata del mondo e dell'uomo.

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(Con le novelle Le appassionate (1893) Capuana non scopre le possibilità espressive del verismo; lo fa, invece, con Le paesane (1894). Le Appassionate sono l'applicazione (e anche la sperimentazione), accanto ai più acerbi Profili di donne (1877), dei moduli della narrativa francese (Dumas fils, in particolare) e della prosa romantica in voga nell'Ottocento, in cui le possibilità dell'analisi interiore e della psicologia prefreudiana trovano una prima e concreta espressione, attraverso l'indagine dell'animo e della condizione femminili. Questa corrente novellistica, che si ispira alla teorica dell'amore di Stendhal e dei filosofi sette-ottocenteschi, anticipa un filone della narrativa derobertiana. (By: Dott. Maria Lucia Zito, dottore di Ricerca , Università di Bari)**

Dei romanzi, oltre ai più noti Giacinta (1879) e Il Marchese di Roccaverdina (1901), sono apprezzati La sfinge (1897), Profumo (1891), Rassegnazione (1906).

Delicate sono alcune novelle della raccolta Le paesane e assai piacevoli le fiabe per i bambini di C'era una volta...Fiabe (1882), Il regno delle fate (1883), Raccontafiabe, seguito al C'era una volta (1894), Chi vuol fiabe, chi vuol? (1908).

Tra gli scritti teorici: Studi sulla letteratura contemporanea (1880,1882), Per l'arte (1885), Gli "ismi" contemporanei (1898), Cronache letterarie(1899). Si interessò al teatro non solo come critico sulle pagine dei giornali e come autore de Il teatro italiano contemporaneo (1872) ma anche come autore di adattamenti teatrali e di commedie in dialetto.

LE OPERE PIÙ SIGNIFICATIVE

GIACINTA (1879). Giacinta, figlia di un padre inetto e di una madre intrigante, avida di denaro e di godimento, è violentata, ancora bambina, da un giovanetto, servo di casa. Solo più tardi, da fanciulla, attraverso le chiacchiere delle domestiche, ella conosce la sciagura, della quale aveva perduto perfino la memoria.

La rivelazione provoca in lei una disperata aberrazione: ella non vorrà mai sposare l'uomo che ama, Andrea, e sarà invece la sua devota e appassionata amante fin dal giorno delle sue nozze con un vecchio conte Giulio, il quale accetta di vivere fraternamente con la moglie, senza inquietarsi della continua presenza, in casa, di Andrea. Giacinta ostenta quasi la sua passione per Andrea, che dopo la nascita di una bambina le sembra consacrata per sempre.

Quando la madre di lei, preoccupata della sua condotta, riesce, per salvare le apparenze, a far traslocare Andrea, Giacinta obbliga l'amante a dare le dimissioni dall'impiego e ad accettare, per vivere, il danaro che ella gli offre. Da quel momento Andrea, in cui l'amore cominciava ad affievolirsi, sente nella nuova situazione falsa ed avvilente aumentare l'insofferenza del suo legame con Giacinta senza però trovare la forza di rompere. La bambina intanto si ammala di difterite e muore; l'indifferenza di Andrea di fronte alla sventura, fa comprendere a Giacinta come sia irreparabilmente finito quell'amore a cui si era abbandonata con una foga testarda; e poiché la vita ormai, per lei, non ha più senso, si uccide.

Alcuni critici hanno sostenuto che manca a questo romanzo la dignità di stile e la forza rappresentativa necessarie a salvare la narrazione dalle strette del caso patologico e dello scandalo. Preoccupato soltanto di serbar fede al canone naturalista, l'autore non si sarebbe accorto che fra tanti particolari di vita reale, minuzie quasi cliniche, i suoi personaggi rimanevano anonimi, vaghi, privi della necessaria vita fantastica.

IL MARCHESE DI ROCCAVERDINA (1901). Il marchese di Roccaverdina vive nelle sue terre di Sicilia, con la prepotenza, la cocciutaggine, gli arbitri dei suoi bisavoli che furono soprannominati i Maluomini. Nel palazzotto dove abita solo con la vecchia balia, mamma Grazia, egli è cresciuto per dieci anni con Agrippina Solmo, una contadina che gli dedicò gioventù, bellezza, purezza, con animo di innamorata e di schiava. Per non correre il rischio di disonorare il nobile casato sposandola, il marchese la dà in moglie a un suo devoto fattore, Rocco Criscione, esigendo però che entrambi giurino davanti al crocifisso di vivere come fratello e sorella.

Quando però, qualche tempo dopo le nozze, gli nasce il dubbio che Rocco e Agrippina abbiano violato il giuramento, il marchese si apposta di notte dietro una siepe e mentre Rocco Criscione passa sulla mula lo uccide con una fucilata; del delitto viene accusato Neli Casaccio, che già aveva minacciato Rocco perché apparentemente gli insidiava la moglie.

Il romanzo inizia a questo punto, essendo la storia della lotta segreta e feroce fra il marchese e il suo rimorso. L'antefatto è vivo e presente il tutta la vicenda, riflesso come in uno specchio stregato nella coscienza del marchese che cerca di liberarsene prima nella confessione, e, quando l'assoluzione gli è rifiutata, con lo strappare da sé ogni fede religiosa.

Dopo il delitto, l'amore per Agrippina, che gli è rimasto nel sangue, ha qualche volta sapore di odio, è un tormento in più: per vincerlo, il marchese decide di sposare Zosima Mugnos che ha amato nell'adolescenza e che ora, a trentadue anni, vive con la madre e la sorella nella miseria in cui le ha ridotte la prodigalità del padre. Poi, mentre Agrippina Solmo passa a seconde nozze con un pastore dei monti, il marchese si dà a una vita piena di attività in contrasto con l'isolamento caro alla sua indole. Ma il ricordo del suo delitto ritorna a lui di continuo, nell'immagine di un Crocifisso abbandonato in casa, nei racconti dei contadini che vedono riapparire Rocco sul luogo dell'assassinio.

Lo scenario di questa lotta è un paese arso e immiserito da sedici mesi di siccità che screpola la terra, decima uomini e bestie. L'angoscia si fa da una pagina all'altra più spietata e incalzante, si confonde all'attesa della pioggia che i fedeli invocano in processione, flagellandosi. Finalmente le nubi salgono sul cielo di Ràbbato e la pioggia scroscia, la terra verdeggia e fiorisce, Zosima diviene marchesa di Roccaverdina, l'innocente Neli Casaccio muore in carcere, muore anche don Silvio La Ciura, il santo prete che in confessionale ha conosciuto il delitto del marchese.

Solo il marchese, sebbene libero da ogni timore e da ogni testimone, non può sottrarsi al suo giudice segreto che lo assedia e lo spinge alla pazzia. Zosima, che dalla follia del marito apprende il suo delitto, lo abbandona. A soccorrerlo, pietosa della sua miseria umana, accorre vicino a lui, tutta amore e dolore, Agrippina Solmo, che gli sta al fianco finché alla pazzia furiosa succede il presentimento della morte.

 
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Scrittrici dimenticate:Florence Barclay

Post n°2288 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Florence Louisa Barclay (2 December 1862 – 10 March 1921) was an English romance novelist and short story writer.

She was born Florence Louisa Charlesworth in Limpsfield, Surrey, England, the daughter of the local Anglican rector. One of three girls, she was a sister to Maud Ballington Booth, the Salvation Army leader and co-founder of the Volunteers of America. When Florence was seven years old, the family moved to Limehouse in the London Borough of Tower Hamlets.

In 1881, Florence Charlesworth married the Rev. Charles W. Barclay and honeymooned in the Holy Land, where, in Shechem, they reportedly discovered Jacob's Well, the place where, according to the Gospel of St John, Jesus met the woman of Samaria (John 4-5). Florence Barclay and her husband settled in Hertford Heath, in Hertfordshire, where she fulfilled the duties of a rector's wife. She became the mother of eight children. In her early forties health problems left her bedridden for a time and she passed the hours by writing what became her first romance novel titled The Wheels of Time. Her next novel, The Rosary, a story of undying love, was published in 1909 and its success eventually resulted in its being translated into eight languages and made into five motion pictures, also in several languages. According to the New York Times, the novel was the No.1 bestselling novel of 1910 in the United States. The enduring popularity of the book was such that more than twenty-five years later, Sunday Circle magazine serialized the story and in 1926 the prominent French playwright Alexandre Bisson adapted the book as a three-act play for the Parisian stage.

Florence Barclay wrote eleven books in all, including a work of non-fiction. Her novel The Mistress of Shenstone (1910) was made into a silent film of the same title in 1921. Her short story Under the Mulberry Tree appeared in the special issue called "The Spring Romance Number" of the Ladies Home Journal of 11 May 1911.

Florence Barclay died in 1921 at the age of fifty-eight.

 
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Scrittrici dimenitcate:Vera Barclay

Post n°2287 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Vera Barclay, anche conosciuta con il nome di Vera Chalseworth e lo pseudonimo di Margaret Beech (Sussex, novembre 1893Londra, settembre 1989), è stata una scrittrice ed educatrice inglese.

Oltre che famosa autrice di romanzi e racconti per fanciulli in lingua inglese e francese è stata co-autrice, insieme a Robert Baden-Powell (B.-P.), del "Manuale del Lupetto"[2], è stata un'importante studiosa in campo umanistico e una dei maggiori esperti inglesi nello studio della Sacra Sindone.

Importantissima presenza nel movimento scout britannico, raro ed importante esempio di "donna capo" all'interno dell'associazione maschile: già capo di reparti di esploratori venne scelta da Baden-Powell come primo "Akela d'Inghilterra" (ovvero responsabile della neonata branca lupetti dell'associazione Britannica) e diede a questa un importante impulso organizzativo quanto metodologico, sviluppando l'iniziale intuizione di B.-P. nell'ottica di uno "scautismo per fanciulli".

Sempre ritenuta marginale nella storia del movimento (forse a causa del sessismo dell'epoca) troviamo invece sue importanti impronte nello scautismo moderno: si devono a lei la definizione di "famiglia felice" per il branco e la codifica della legge del lupetto ("il lupetto ascolta il vecchio lupo; il lupetto non ascolta se stesso" [3]).

Biografia [

Vera Barclay nacque nel Sussex nel novembre 1893 dal Charles W. Barclay, reverendo di una parrocchia anglicana, e Florence Louisa Charlesworth, famosa scrittrice di romanzi.

Educata fin dall'infanzia al servizio verso gli altri si innamorò subito dello scautismo ed entra nella fraternità scout nel 1912 diventando nel 1914 la prima capo donna del movimento prestando servizio da Capo Reparto in un gruppo maschile.

Commossa dai bambini del suo villaggio che la salutavano con le tre dita e le chiedevano insistentemente di entrare nei "Boy Scouts" comincia ad interessarsi alla metodologia lupetti i cui primi passi erano descritti da Baden-Powell nell'Headquarters Gazette.

Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruola nella Croce Rossa prestando servizio nell'ospedale di guerra di Netley, vicino Portsmouth, nel frattempo accosta al suo servizio di Capo Reparto quello di vecchio lupo sostituendo molti capi chiamati al fronte.

In questo periodo dedica alle attività scout tutti i lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì sera oltre che i fine settimana e buona parte delle vacanze, coinvolgendo in questo anche la sorella Angela.

Nel 1915 in seguito ad una grave crisi di coscienza abbandona l'Anglicanesimo convertendosi al cattolicesimo creando per questo grosso scalpore all'interno dell'associazione britannica che, in momento di guerra ancor più che di pace, si era stretta intorno al Re.

Nel 1915 incomincia ad occuparsi di lupettismo scrivendo numerosi articoli ed il 16 giugno 1916 partecipa al primo incontro capi su lupettismo organizzato dallo stesso Baden-Powell. Al termine di questo incontro Baden-Powell, positivamente impressionata da quanto Vera ha finora scritto le chiede insistentemente di collaborare alla composizione del manuale del lupetto (che molti attribuiscono principalmente a lei) convincendola a trasferirsi a Londra.

Nel settembre 1916 si ha il battesimo della branca Vera Barclay viene scelta come responsabile guadagnando il titolo di prima Akela d'Inghilterra.

Circa 500 Lupetti eseguono il "Grande Urlo davanti a B.-P. durante il primo Jamboree mondiale ad Olympia

In occasione del primo Jamboree ad Olympia Baden-Powell le chiede di portare con sé 1000 lupetti per il "Grande Urlo", ma la Barclay, ritenendo ciò disagevole per i ragazzi, accetta per "soli" 500 (anche se poi riuscì a portarne "solo" 420).

Così Vera si recò in visita a tutti i 32 branchi prescelti per controllare che in tutti questi il "Grande Urlo" (e la danza di Kaa, anch'essa svolta durante il Jamboree) fossero conosciute nella stessa forma. L'idea fu buona in quanto Vera, invece di registrare un successo, si dovette rendere conte della grande eterogeneità presente allora in associazione (ancora non era stata istituita una formazione capi centralizzata).

Proprio al Jamboree di Olympia riceve, davanti ai suoi lupetti, il Lupo d'Argento, ovvero la più alta onorificenza dello scautismo di allora.

Allo stesso Jamboree padre Jaques Sevin, venuto con una sparuta rappresentanza dei primi "Scouts de France", aveva chiesto di incontrarla per chiederle di recarsi in Francia per spiegare ai capi il metodo del lupettismo.

Vista la sua grande padronanza del Francese ciò non le fu difficile così nel 1923 si svolse a Chamarande il primo campo scuola lupetti, che replicò nel 1925 e 1926, quando nomina padre Sevin "Akela Leader" affidandogli il compito di dirigere i campi scuola successivi.

Dopo il Jamboree dichiarò sulle pagine dell'Headquarters Gazette di voler abbandonare il movimento per farsi suora nell'ordine di san Vincenzo de Paoli, tuttavia, una volta in contatto con gli ambienti cattolici, dispiaciuta nel constatare come questi diffidassero dello scautismo, tornò a far parte del movimento per dargli un maggior respiro all'interno del mondo cattolico.

A questo scopo scrisse due libri dedicati particolarmente al pubblico cattolico: “Good Scouting - note da una parrocchia cattolica” (1927) e “The Scout Way” (1929) guadagnandosi l'appoggio delle gerarchie cattoliche britanniche e la benevolenza del cardinale Bourne, primate d'Inghilterra.

Nelle estati tra il 1920 ed il 1929 si occupò del servizio dei giovani meno fortunati dei quartieri popolari di Birmingham, dove organizzò alcuni campi della durata di sei mesi denominati “Gospel Farm” che le consentirono un importante lavoro educativo e le permisero di dimostrare come il metodo scout fosse utile negli ambienti cattolici. Nei restanti sei mesi invernali, invece, continuava il suo servizio di capo scout.

Sempre a Birmingham lanciò la Catholic Scout Guild di cui fu la prima segretaria generale.

Si rese sempre più attiva negli ambienti cattolici assistendo il canonico Drinkwater nell'impostazione dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, scrivendo regolarmente racconti, poi raccolti in un libro, sul "the Sower", il mensile edito dal canonico stesso.

Tanta attività si ripercosse sulla sua salute e, nel 1930, dovette abbandonare tutto per andare a riposarsi presso un'amica nella contea di Norfolk. Non avendo ottenuto i miglioramenti sperati, Vera fu costretta a partire per la più salubre Svizzera vivendo a Berna dal settembre 1931 al 1936.

In questi anni si dedicò alla stesura di vite di Santi e alla composizione di romanzi per ragazze editi sotto gli pseudonimi di Margaret Beech e Vera Chalseworth.

Di nuovo in Inghilterra fece ritorno nel Sussex andando a vivere con un'amica svizzera nei dintorni di Brighton e scrivendo racconti per bambini spesso di argomento ecologico.

In questo periodo aumentò la sua popolarità quando un suo libro divenne un programma radiofonico della BBC chiamato "l'ora dei bambini".

Nonostante l'età e gli acciacchi, allo scoppio della guerra divenne subito attiva dando impulso e direzione alle attività assistenziali promosse dagli scout inglesi.

Successivamente alla guerra lascia nuovamente l'Inghilterra andando a vivere in Svizzera e Francia, ma rimanendo in contatto con l'associazione Inglese scrivendo periodicamente sull'Headquarters Gazette.

Nel 1953 cominciò a dedicarsi agli studi sulla Sacra Sindone, in cui divenne una dei tre maggiori esperti inglesi: fu in contatto con G. Envie, di Torino, col salesiano Luigi Fossati, con don P. Coero-Borga, Segretario del Centro Internazionale di Sinologia, e con l'americano Antony Sarva, producendo numerosi scritti in argomento. Si interessò della sua datazione al carbonio, scrivendo agli scienziati della "Atomic Energy Research Establishment".

Alla Sindone dedicò anche un libro divulgativo per i ragazzi intitolato "The Face of a King", pubblicato nel 1955.

Le sue peggiorate condizioni di salute la riportarono a Londra nel 1983 quando, all'età di quasi 89 anni, andò a vivere, ormai cieca, presso una istituzione religiosa dove le potevano essere garantite le cure necessarie.

Morì sei anni dopo all'età di 95 anni.

 
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Don Tazzoli (1812/52)

Post n°2286 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

12 Novembre 1848: Don Enrico Tazzoli predicava in Basilica cittadina. Giovane professore del seminario era nato a Canneto sull'Oglio nel 1812 ed era stato consacrato sacerdote nel 1835 legava il commento della Parola di Dio alla realtà del secolo. Viene immediatamente deferito al Delegato della Fortezza di Mantova, Gorzkowski, che ne ordina l'arresto, così giustificato all'allora Mons. Giovanni Corti (Vescovo dal 1847 al 1868): don Tazzoli é reazionario ; ha sostenuto tesi che, benché velate, contenevano aspetti sovversivi. Successivamente prosciolto dall'imputazione, il Vescovo deve catechizzare il suo sacerdote perché non esca fuori dalle righe della tradizionale dottrina cristiana .

Il 23 Novembre 1848, Mons. Corti ringrazia il Delegato Gorzkowski, per aver riconosciuto il Tazzoli innocente. Ma il suo secondo arresto risulta fatale. Veniva tradito da un suo confratello, don Bosio e finiva per riconoscersi responsabile della congiura contro il regime di Vienna. Richiesto dagli stessi organi di potere di esprimere il perché i preti mantovani apparissero più politicamente reattivi rispetto al clero veronese, Don Tazzoli redige un lungo memoriale. Fornisce una chiave di lettura che merita di essere brevemente richiamata: il clero veronese risulta essere obbedientemente fedele alla tradizione romano-cristiana; il clero mantovano prevalentemente oppone una obbedienza più critica, ragionata e si presenta maggiormente impegnato sul terreno del sociale. D'altronde lui stesso don Tazzoli aveva ricoperto ruoli non solo professorali nel seminario, ma anche un ruolo manifestamente riconosciuto sul piano dei primi asili d'infanzia in Città, sull'onda dell'Aporti.

A titolo di testimonianza inedita e meritevole di essere riconosciuta, citiamo una lettera, datata al 12 Maggio 1868 , e indirizzata a Monsignor Luigi Martini, dal Segretario degli Asili, Bresciani:


Seminario Diocesano Vescovile

A Lei, Monsignore, era riservato di raccogliere in epoca assai infausta e memoranda il duplice Legato di affetto e d'interesse che l'amoroso Professore D. Enrico Tazzoli, zelantissimo Segretario degli Asili stessi, testava a loro favore la vigilia del suo supplizio. E la Scrivente Direzione sortita a rappresentare il Patrio Istituto in tempi ben diversi da quelli, gode di vedere illustrato il pio lascito nelle commoventi pagine del Confortatorio, edito da Lei, e nelle quali acquistano non poca importanza individui, fatti e circostanze o ignorate fin qui, o non apprezzati abbastanza. Per ciò poi che riguarda la pratica esecuzione dell'estrema volontà del lagrimato D.Tazzoli, cioè la pubblicazione colle stampe delle Prediche composte in Castello, la Direzione è ben lieta di rimettersi in tutto a Lei, degno depositario e interprete dei supremi voleri di quell animo invitto .

E' un tassello, di notevole importanza, per non ridurre il sacerdote Don Tazzoli soltanto ad uno dei memorabili Martiri di Belfiore. E sacerdote, persino nel carcere del Castello, alla vigilia dell'esecuzione capitale, estensore di Prediche, il cui ricavato sarebbe stato devoluto a favore degli Asili. E socialità qualificante il suo modo di essere sacerdote; per questo poteva scrivere con autorità dinanzi alle autorità austriache che il clero mantovano era dotato di una fedeltà alla tradizione cattolica, con spirito aderente al sociale e al concreto dei valori educativi e formativi dell'uomo. E per attuarne le esigenze occorreva essere liberi . Rientrava così nel solco di chi in Europa aveva già sbrecciato barriere, per pubblicamente dire da cattolico: solo nella libertà si può essere veri. E la verità comincia, quando ci si educa nella libertà.

Io perdono di cuore scrisse a chiunque potè in queste faccende o in altro danneggiarmi Così Dio mi perdoni. E mi perdonino tutti quelli che in qualunque modo fossero o si credessero stati danneggiati ed offesi da me (6 dicembre 1852).

Il 7 dicembre 1852, nella valletta di Belfiore, consacrava sul patibolo queste parole libere e vere.

 
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Amatore Sciesa (1814/51)

Post n°2285 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

ontatto con i comitati clandestini repubblicani milanesi. Arrestato nella notte tra il 30 ed il 31 luglio 1851 mentre affiggeva manifesti insurrezionali in via Spadari (indicazioni posteriori della polizia austriaca rivelano la falsità dell'accusa), venne condannato alla forca ma, per la mancanza del carnefice, subì la fucilazione. Mentre lo conducevano al luogo dell'esecuzione, fu fatto passare sotto casa sua sperando di indurlo, col pensiero della famiglia, a rivelare il nome dei complici e, in cambio, aver salva la vita. Il coraggioso operaio alle esortazioni dei suoi carnefici rispondeva (in dialetto): "Tiremm innanz", difendendo con semplice dignità la sua grandezza e la sua città che combatteva l'invasore austriaco. (Dagli atti del processo sembra che le parole realmente pronunciate siano state: "Mi soo nagott! Podi minga parlà, e parli no! Quel che è faa, è faa!" = "Non so niente! Non posso parlare e non parlo! Quello che è fatto è ormai fatto!")

 
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La gratitudine (Trilussa)

Post n°2284 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Mentre magnavo un pollo, er Cane e er Gatto
pareva ch'aspettassero la mossa
dell'ossa che cascaveno ner piatto.
E io, da bon padrone,
facevo la porzione,
a ognuno la metà:
un po' per uno, senza
particolarità.

Appena er piatto mio restò pulito
er Gatto se squajò. Dico: - E che fai?
- Eh, - dice - me ne vado, capirai,
ho visto ch'hai finito... -

Er Cane invece me sartava al collo
riconoscente come li cristiani
e me leccava come un francobbollo.
- Oh! Bravo! - dissi - Armeno tu rimani! -
Lui me rispose: - Si, perché domani
magnerai certamente un antro pollo!

 
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Libri dimenticati:La biblioteca dei 1000 libri

Post n°2283 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

1947.Mentre l'India sta per diventare indipendente,il musulmano Bilal,13 anni,vede morire il padre e inventa per lui un mondo di pace e serenità,aiutato da tante persone.
Commovente,bellissimo,sccorrevole,ve lo consiglio!

 
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Frase del giorno

Post n°2282 pubblicato il 28 Marzo 2012 da odette.teresa1958

Occhio per occhio ,e alla fine l'umanità diventerà cieca! (Gandhi)

 
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