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« Editoriale di Angelo Imbrenda

EDITORIALE

Post n°5 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da lavocedibuccino
 

Diario di Bordo

Dicembre-A.D. 2008

Avviso ai naviganti


Siamo sempre nell’anno domini 2008 e continuo a navigare con questa piccola barca di carta. Nell’ultimo scalo d’autunno,  Mario, il nostro bravo nostromo,  ha deciso  di scendere a terra  stanco delle troppe turbolenze incontrate negli ultimi mesi di navigazione. Mi ha spiegato che preferisce percorrere con il suo asino   sentieri più tranquilli. Ci siamo salutati e nel ringraziarlo, per  quanto ha fatto per questa barca e per il suo armatore, gli ho confermato la mia stima.

 Se lo vorrà, potrà inviare le sue lettere che andrò a inserire nel diario di bordo della VOCE. Non dovrà fare altro che cliccare sul mouse e scrivere : lavocedibuccino@inwind.it.

 Ed io sempre più solo, considerato  nella mia patria d’origine un elemento pericoloso per il palazzo comunale, ammaino il gonfalone con lo stemma del gallo di cui mi ero impossessato e alzo la bandiera  nera con  il teschio, simbolo dei pirati.  Quando  avrò nostalgia e il desiderio di tornare a Buccino, nottetempo e in incognito, mi introdurrò attraverso Porta San Mauro o Porta Consina  e  calpesterò il suolo natìo.

Lascerò come sempre traccia del mio passaggio attraverso La Voce di Buccino. Questo libero periodico  continuerà ad arrivare ai tanti buccinesi che lo vorranno ricevere, anche attraverso la diffusione postale.  In questo caso il postino non busserà solo due volte ma ad ogni arrivo di una nuova stagione.  Così come i postini di tutto il mondo continueranno a consegnare ai tanti buccinesi e conterranei sparsi in ogni angolo dell’orbe terraqueo la Voce della loro  e della nostra terra.

E dopo questo avviso ai naviganti  chiudo il mio diario di bordo e torno sul ponte di comando per riprendere la navigazione.

Il mio viaggio solitario è interrotto di tanto in tanto dall’apparire sul video di servizio di messaggi in arrivo. Tutte le volte che compare una  busta svolazzante inserisco il pilota automatico e corro ad aprire la posta. Ecco una e-mail di Geppino Nitto che mi invia un corposo e debordante  articolo su: democrazia e leadership. Un argomento di viva attualità politica che avete la possibilità di leggere all’interno.

Subito dopo mi arriva la notizia della scomparsa di Nicola Cariello e con essa anche il desiderio di Giovanni (Nino) Salimbene di voler ricordare il comune amico con la pubblicazione di un manoscritto dal compianto Nicola.

Ed ecco ancora  il  puntuale articolo di Maria Rosaria Pagnani sulla storia semi seria della Befana. E dopo altre lettere e articoli,che andrete a leggere in questo numero invernale, mi arriva previa telefonata anticipatoria, la lettera che più mi ha colpito e che ha lasciato il segno.

Me la invia Luciano Fernicola, un cinquantenne buccinese emigrato in Germania, che mi chiede in sintesi di esaudire un suo desiderio. Raccontare sulla Voce l’emozione vissuta nel festeggiare il suo compleanno. Una festa diversa e irripetibile. Andate a leggere questa lettera e capirete perché dopo 15 anni di navigazione solitaria sono ancora qui ad emozionarmi e a continuare questa incredibile avventura. Sono queste lettere che mi hanno convinto a non abbandonare questa navicella di carta.

La mia e la nostra Voce con tutti i suoi limiti e i suoi difetti riesce a riempire in parte quel  vuoto che   solo chi ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza di emigrante può comprendere.

La stella polare che mi guidato in questi quindici anni è stata proprio il riconoscermi negli emigrati buccinesi. 

In oltre un secolo di vita sono stati in   migliaia coloro i quali  hanno attraversato  i mari e  varcato i monti per cercare, in terre più o meno lontane, di crearsi un futuro migliore.

Nessuno di costoro sia nella buona che nella cattiva sorte ha mai dimenticato il paese natìo.  Non lo fece il mio nonno materno che tornò a Buccino e investì i risparmi americani in un terreno, continuando a fare l’agricoltore. Non lo fece il mio nonno paterno, che tornò in Italia, ma non ebbe il tempo di godere il frutto dei suoi sudati risparmi, perché una granata austriaca lo ferì mortalmente nella prima guerra mondiale.

Non l’hanno fatto loro e non posso farlo io. Significherebbe tradire la loro memoria.

 Se  qualche  sopracciò nostrano, dal basso della innata  boria, non è riuscito  a capirlo, pazienza.

 

 
 
 
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