La voce di Megaride

Chi ama ci segua


Qualcuno da Lassù ci ama ancora, nonostante tutto. E’ questa la netta sensazione: dopo anni, don Giuseppe Rassello, martire napoletano, ci guida alla meta della Verità e della Giustizia…. della Napolitudine. In questi ultimi anni ho scritto solo tre volte del suo caso ed ogni volta è accaduto qualche prodigio, si è creata una “rete” extraterrestre, angelica, di comunicazione, miracolosamente laddove persistevano la menzogna, il tabù, lo squallore, la perfidia. La politica! Negli anni del mio confino padano, a parte la vicenda Contrada d’interesse nazionale, ho sempre avuto il chiodo fisso di voler fare qualcosa per i “preti coraggio” di Napoli (sono stata allieva e parrocchiana di don Antonio Maione, al Vomero!) quindi, ora che -“’na mano annanze e ‘n’ata arréto -  sono tornata in Patria a respirarne tutte le ipocrisie, le barbarie ma anche la bellezza, l’anima… sono LIBERA di votarmi a quella ch’è sempre stata la mia missione… e che tanti guai mi ha procurato. All’appello in rete lanciato ieri per la riabilitazione pubblica del meridionalista identitario san Giuseppe della Sanità “dottore” della Chiesa, inoltrato come sempre alle solite testate che non riconoscono dignità alcuna al nostro piccolo blog di Megaride, miracolosamente a scaricare la posta de IL NAPOLI c’era Arnaldo Capezzuto, un allievo di don Rassello. Che strana coincidenza! Ci siamo contattati, poi, a lungo, anche a viva voce, e – raccontandoci – ne abbiamo razionalmente convenuto che è don Giuseppe, da Lassù, a dirigerci. Forse, siamo stati “chiamati”, come suol dirsi: niente “forse”. Siamo stati “chiamati”. Perorando scientificamente sensazioni, eventi,  miracoli moderni operati in vita da don Giuseppe, stati d’animo e ricordi, questa è stata la più nobile conclusione dei “ragionamenti” e ne ho avuto prova quando informando Salvatore Rassello delle strane circostanze (giungevano almeno altre due eclatanti testimonianze delle quali terremo conto nel documentario) dalla sua nave in crociera ai Caraibi, Salvatore dichiarava:  ” Marina, tutto questo lui l'aveva previsto. Infatti mi diceva sempre che avrebbe lasciato un segno della sua vita terrena. Io non posso che essere onorato di aver avuto un fratello unico come Giuseppe, e sono ugualmente compiaciuto verso tutti quelli che dopo tanti anni lo ricordano ancora con affetto. un saluto dal mar dei Caraibi (qui pero' piove da una settimana, altro che Caraibi) Salvatore”. In rete, potete constatare, gli “intellettuali” progressisti della laicità strumentale alla Cristofobia ed al Protestantesimo globalizzante, in un sabba immondo sulla pedofilia dei preti, impera col caso Rassello, con caratteristiche morbose, come le campagne-stampa anti istituzionali riservate  a Giovanni Leone, a Bruno Contrada e ad altri capri espiatori (ragione per la quale anche la sottoscritta chiede l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, sempre più simile ad una congrega, ad una “loggia”, per giunta gravata da balzello). Lo squallido martirio di Giuseppe Rassello, insigne letterato e storico, professore di Liceo, è stato imputato totalmente alla Camorra ch’egli combatteva ma – a cominciare dalle istituzioni – si deve avere l’Umiltà di riconoscere che “quella” Camorra – come di solito avviene dalle nostre parti – è solo il braccio armato, il servitore muto… il cane che spolpa l’osso… della Politica locale e di certa piccola Massoneria. Ritengo, a giusta ragione, che esistano quantomai OGGI i presupposti per sottoporre al processo di canonizzazione don Giuseppe Rassello e farò di tutto per accertarne i meriti. Del resto, S. Marina vergine e martire e S.Arnaldo, con le loro singolari storie di santi, non sono stati individuati a caso da don Giuseppe, tra i battezzati in loro nome, per portare avanti questa dura battaglia. Marina Salvadore 
Prete anticlan, ricordo sfregiato il fratello: ucciso dalle calunnieDopo anni di silenzio il parente decide di parlare: voglio togliere il fango dalla sua memoriaArnaldo Capezzutoarnaldo.capezzuto@epolis.sm«Lavorerò insieme alle persone che gli hanno voluto bene per difenderlo contro tutte le ingiustizie che ancora oggi infangano il suo nome».ROMPE UN LUNGO silenzio Salvatore Rassello, fratello di Don Giuseppe, il parroco anticlan del rione Sanità che un'accusa-infamia lo bollò come un prete pedofilo. Un dispiacere che gli cambio la vita fino a condurlo - dopo una lunga e dolorosa malattia - nel gennaio di otto anni fa alla morte. «È trascorso un tempo giusto - spiega Marina Salvadore animatrice dello scomodo blog “La voce di Megaride” ( http://blog.libero.it/lavocedimegaride/ ) - per scrivere la verità su quella storia oscura».Occasione un convegno e una cerimonia il prossimo 22 gennaio quando avverrà l'inumazione dei resti di Don Giuseppe nella Basilica di Santa Maria della Sanità, traslati dalla natia Procida. Sarà proiettato un documentario-inchiesta ricco di testimonianze. Don Giuseppe sul finire degli anni Ottanta balza sulle pagine dei quotidiani nazionali. Le sue omelie dal pulpito della Basilica della Sanità sono vere requisitorie contro la camorra e i torbidi poteri della malapolitica che la usano e le ampie zone grige. Partecipa ad una memorabile puntata della trasmissione televisiva “Samarcanda” di un giovanissimo Michele Santoro. Don Giuseppe, fa i nomi ed i cognomi del malgoverno e dei boss. È la sua condanna. Ad orologeria scoppia l'infamia: è accusato di pedofilia. Nasce un tormentone giudiziario che si conclude con una strana condanna a un anno e pochi mesi. Un dispositivo che lascia perplessi gli stessi giudici. Nel documentario a firma di Marina Salvadore e Mauro Caiano per la prima volta parla Salvatore Rassello, comandante della compagnia “Carnival”. «Peppino ha abbracciato i problemi ed i drammi della gente del rione Sanità era una persona dolce e non si è dato mai per  vinto ha combattuto fino alla fine la camorra per liberare il suo popolo». «È stato infangato dopo un rapido e strano processo ma la verità emergerà». E poi svela:  «Durante gli ultimi mesi della sua tragica malattia ha scritto tantissimo, opere che custodisco e voglio rendere pubbliche perchè appartengono alla gente di Napoli».