LE CITTA' DEL SUD

IL MERIDIONE CONDANNA GARIBALDI PER "INVASIONE". AVREBBE FAVORITO GLI INTERESSI DI PIU' POTENZE STRANIERE


Giuseppe Garibaldi è “responsabile di aver violato nel 1860 la sovranità di uno Stato sovrano, il Regno delle Due Sicilie, dichiaratamente in pace con l’intera comunità internazionale, organizzando e utilizzando formazioni di combattenti irregolari, e di aver violato il diritto del popolo meridionale alla propria autodeterminazione, favorendo con ciò gli interessi di più potenze straniere”, interessate a quel tempo all’usurpazione delle risorse economiche e minerarie dell’Italia meridionale. È la “sentenza di condanna” arrivata dopo 45 minuti di camera di consiglio, al termine del processo storico celebrato il 25 giugno 2011 a Saludecio, borgo sulle colline riminesi che ospita anche un museo garibaldino, dove l’eroe si è trovato accusato di invasione di Stati esteri e spregio delle leggi di diritto internazionale, in un evento organizzato dall’associazione Identità Europea in collaborazione con il Comune romagnolo.La Corte era presieduta da Francesco Mario Agnoli, già membro del Consiglio superiore della magistratura, storico e scrittore, e composta dal saggista Luigi Copertino e dall’avvocato Renzo Fogliata, del Foro di Venezia; pubblico ministero il magistrato napoletano Edoardo Vitale, direttore de L’Alfiere (storica rivista meridionalista che ha recentemente celebrato 50 anni di pubblicazioni), mentre la difesa era rappresentata da Domenico Cacopardo, magistrato Consigliere di Stato e noto scrittore siciliano. Folto il pubblico al Teatro Verdi, tra cui delegazioni delle Associazioni Garibaldine della Romagna e di numerose istituzioni e associazioni culturali da Veneto, Emilia, Toscana e Marche. Per la pubblica accusa, Vitale ha elencato «i danni concreti che l’impresa dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi, e la conseguente conquista piemontese, hanno inferto al Meridione d’Italia», chiedendo poi la condanna del condottiero. Per la difesa, Cacopardo ne ha chiesto invece la piena assoluzione: nel clima del 150º anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, si è appellato «alle ragioni della Storia, che nella sua marcia verso il Progresso libera da ogni possibile accusa chi si pone alla testa delle forze della libertà, come Giuseppe Garibaldi per tutta la sua vita coscientemente fece». Poi la sentenza (con la precisazione che «non può essere irrogata condanna nei confronti di un imputato defunto»), letta dal presidente della Corte. La difesa ha subito annunciato che presenterà appello; per l’anno prossimo, dunque, è già in agenda il processo di secondo grado.Fonte: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=109975