LE CITTA' DEL SUD

NOI, I “MAFIOSI” DEL SUD ITALIA


Ci risiamo. Ogni qual volta il Sud alza la testa per protestare contro le iniquità e la corruzione dello stato italiano, diventiamo tutti mafiosi e camorristi. E’ successo a Terzigno dove ci si ammala di tumori e succede ora in Sicilia dove la crisi è talmente profonda che un giovane su due e disoccupato e dove si fa fatica a mettere il piatto in tavola. Insomma noi gente del Sud non abbiamo nessun diritto, neanche quello di protestare: dobbiamo “chinare” il capo e basta. Dobbiamo subire le ingiustizie delo stato italiano, la prepotenza della criminalità organizzata e l’arroganza della nostra classe politica senza battere ciglio, perchè è cosi che ci vogliono da 150 anni. Noi siamo la pecora nera, quelli che non hanno voglia di lavorare e si lamentano sempre, siamo quelli che proteggono i mafiosi, gli “Affricani”, o come ci appellano più recentemente i “topi da derattizzare”.Perdendo la sovranità di popolo libero e indipendente da quel maldetto 17 marzo del 1861, abbiamo perso ogni diritto per diventare cittadini di serie B di uno stato che per stessa ammisione di Gramsci “è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”.Eppure in tutti questi anni di unità, nonostante le violenze ed i soprusi subiti, abbiamo sempre stretto la cinghia ed aiutato l’intero paese a crescere, altro che zavorra o palla al piede. Siamo stati costretti ad abbandonare la nostra terra e servire uno stato per noi straniero, il Piemonte, che ci ha sempre considerato una terra di conquista da sfruttare. E nonostante le violenze fisiche e psicologiche subite abbiamo contribuito con il nostro sangue e il nostro sudore a rendere grande questo paese. Ma è bene dirlo, lo abbiamo fatto a caro prezzo. Dopo la farsa dell’annessione, questa era la situazione del meridione ben descritta da Francesco Proto Carafa, Duca di Maddaloni:  “Intere famiglie veggonsi accattar l’elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest’ uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati del Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio dei napoletani. A facchin della dogana, a camerieri a birri, vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuole trattare le province meridionali come il Cortez ed il Pizzarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala". E molti anni dopo Luigi Einaudi ammise che l’unità d’Italia fù a solo vantaggio del nord: “Si è vero, noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato qualcosa di più delle spese fatte dallo Stato italiano, peccammo di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio ed ad assicurare così alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale”.Ma nonostante questo, nonostante i nostri martiri dimenticati e infangati con i marchio di “briganti”, nonostante la fame e le umiliazioni subite, siamo andati avanti con dignità e nell’interesse di tutto il paese. Sempre chinando il capo.Allora è poco corretto definire “mafiosa” la gente del sud che, giustamente protesta; certo oggi non potrebbero più definirci “briganti” proprio come furono definiti coloro che combattevano per la libertà dall’oppressore piemontese. Tutto ciò è strumentale e inaccettabile e forse qualcuno farebbe bene a ricordare che la mafia è un prodotto dell’unità nazionale e che essa, come disse Rocco Chinnici, “...... come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita....”. Qualcuno farebbe bene a ricordare che da sempre lo stato italiano si è servito di mafia e camorra per impedire al sud di intraprendere e di alzare la testa. O ricordare le parole di Napoleone Coljanni che considerava lo stato "il re della mafia".Allora, prima di giudicare in maniera superficiale o strumentale il popolo meridionale, andrebbero capite le ragioni della sua protesta, inquadrandole in un contesto che non puo essere solo quello attuale, ma che parte dall’unità d’Italia, cioè dal momento in cui come disse Giustino Fortunanto, comincia “la nostra rovina economica” perchè “lo stato italiano profonde(va) i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali”. Cosi come va capito, chi per rabbia (e non per cinica demagogia) brucia la bandiera italiana nella quale non si riconosce piu’. E se al Sud aumentano episodi del genere andrebbe capito il motivo profondo e non scegliere la strada piu semplicistica di accomunare taluni gesti con quelli della Lega Nord, che poco hanno a che vedere con le vere tragedie sociali che colpiscono il Mezzogiorno d’Italia dal 1861.Quello che oggi il popolo meridionale chiede non è, al contrario della Lega Nord,  la secessione e questo è bene chiarirlo. Ciò che chiede e che le differenze tra Nord e Sud, create dallo stato italiano, si possano finalmente azzerare e che il Sud torni ad avere una speranza di futuro per i suoi giovani, perchè finalmente dopo 150 anni non siano piu’ costretti ad abbandonare la loro terra. Ciò che il Sud chiede è avere pari opportunità di crescita, cosi come la stessa qualità di vita e dei servizi di un cittadino del nord, dal momento che le tasse sono pagate al Sud come al Nord. Ciò che il Sud chiede è una nuova classe politica meridionale che sappia difendere le istanze della propria gente senza dover piu ricorrere all’usanza mafiosa del “voto di scambio” ma facendo semplicemente valere ciò che ci spetta come un diritto e non come un favore. Ciò che il Sud chiede e dare degna sepoltura ai martiri meridionali trucidati da quella sporca guerra contro il brigantaggio che, come scrisse Indro Montanelli “costò più morti di tutti quelli del Risorgimento........il falso del Risorgimento che assomiglia ben poco a quello che ci fanno studiare a scuola".Quello che il popolo meridionale vuole è semplicemente tornare ad essere quell’ eden verso il quale, per stessa ammissione del Console svizzero Claude Duvoisin, “tanti svizzeri, che vi emigrarono agli inizi dell’800, furono spinti per ragioni economiche, oltre che dalla bellezza dei luoghi e della qualità della vita”.Quello di cui il popolo meridionale ha bisogno è di una vera rivoluzione, la “Rivoluzione Meridionale”, auspicata quasi un secolo fa da Guido Dorso, profeta inascoltato, che possa finalmente farlo uscire da un ritardo, che secondo il politologo statunitense Robert Putnam, è dovuto anche al fatto che fino a ieri “l’interesse per la politica non (era) dettato dall’impegno civico, ma per obbedienza verso altri o per affarismo”, dove la “corruzione viene considerata una regola dai politici stessi....(e) i principi democratici ..... guardati con cinismo”. Ma questa assenza di “comunità civica”, prosegue Putnam e stata voluta dallo stato italiano che ha da sempre soffocato, attraverso l’assistenzialismo, ogni tentativo di elaborare un cosciente pensiero politico autonomo, abituando  il popolo meridionale a chinare il capo al potere e disabituandolo al lavoro.Ma per fortuna il Sud stà, finalmente, elaborando una nuova coscienza politica e civica, e non è piu’ disposto a differenza del passato a “chinare la testa”. Oggi al Sud si respira sempre piu’ aria di rivoluzione, aria di libertà, di voglia di riscatto e di cambiamento.  Il popolo del Sud, per usare una citazione di Guido Dorso, non vuole piu’ la carità, ma giustizia; non chiede piu’aiuto, ma libertà. Il popolo del sud che si ribella non è mafioso!