LE CITTA' DEL SUD

FERDINANDOPOLI: LA PRIMA COMUNITÀ SOCIALISTA D'EUROPA


 
 Nel 1773 Ferdinando IV, illuminato dagli studi di Gaetano Filangieri e Bernardo Tanucci, incarica l'architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli, di realizzare Ferdinandopoli, l'utopia pre-socialista di una città ideale in cui dare attuazione a riforme sociali, introducendovi la manifattura della seta nell'intera filiera: dalla coltivazione del gelso al prodotto finito. Purtoppo il sogno di una città ideale con teatro, ospedale, cattedrale e aree verdi finì con la fine del '700 e l'avvento della rivoluzione francese. Ma è rimasto il borgo di San Leucio e soprattutto gli artigiani e i maestri che ancora oggi, nonostante il lungo declino seguito all’Unita d’Italia, tessono la seta.San Leucio è un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi per sperimentarvi impianti industriali basandosi sulla autonomia industriale. L’utopia di ferdinandopoli, tuttavia, si differenzia dagli esperimenti filantropici che avevano come scopo quello di migliorare le condizioni di vita e di salute degli operai nei primi nuclei abitativi che cominciavano a sorgere intorno alla nuove fabbriche a partire dal XVIII secolo. San Leucio và vista più che come un fenomeno sociale e politico come una anticipazione dei centri operai sorti intorno alle fabbriche delle Company Towns (Saltaire, Port Sunlight, Bourneville …) perché poco ebbe in comune con le altre comunità utopiche, che al contrario avevano un fondo essenzialmente di trasformazione sociale.  La politica riformatrice dei Borbone è visibile nell'aspetto urbanistico e architettonico del borgo, non ispirato all'assolutismo monarchico ma ai principi di uguaglianza e sopraututto nel “codice delle leggi”, l’esperimento più interessante per i suoi aspetti senz’ altro progressisti.Nel 1789, infatti, Ferdinando IV di Borbone promulga il "Codice delle leggi" che regola in modo innovativo la vita ed il lavoro della comunità leuciana. In realtà lo Statuto dell'Istituto di San Leucio si deve alla sua consorte Maria Carolina e tale scoperta, recente, si deve a Nadia Verdile giornalista e autrice di un saggio su San Leucio contenuto nel quinto numero dell' "Archivio per la Storia delle Donne", a cui va attribuito il merito aver trovato le prove della "maternità" carolinea di un Codice che guarda oltre il suo tempo, lanciando una sfida per l'emancipazione della figura e del ruolo delle donne nel Meridione d'Italia.Lo Statuto, primo al mondo che riconosce i diritti delle donne, si fonda su basi di assoluta eguaglianza tra i mondi del maschile e del femminile. Scompare la differenza tra uomini e donne e tutti i coloni godono di pari diritti per: “Essendo voi dunque tutti Artisti, la legge che Io v’impongo, è quella di una perfetta uguaglianza.......Nessun di voi pertanto, sia uomo, sia donna, presuma mai pretendere a contrassegni di distinzione, se non ha esemplarità di costume, ed eccellenza di mestiere”.Il codice sanciva il diritto e il dovere al lavoro. Il guadagno era proporzionale al merito e la retribuzione del lavoro veniva effettuata con un crescente compenso fino ad una cifra corrispondente all’opera dei maestri più qualificati:“Il solo merito forma distinzione tra gl' individui di S. Leucio. Perfetta uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contra del lusso”. Tutti uguali anche nel vestire, quindi, tutti vanno a scuola. L'istruzione è obbligatoria dai sei anni in poi: “Già si è situata in Belvedere la Scuola normale, in cui s’insegna a’ fanciulli, ed alle fanciulle sin dall’età di anni 6 il leggere, lo scrivere, l’abbaco; il catechismo della religione; i doveri verso Dio, verso se, verso gli altri, verso il Principe, verso lo Stato; le regole della civiltà; della decadenza e della polizia; i catechisti di tutte le arti; l’economia domestica; il buon uso del tempo, e quant’altro si richiede per divenir uom dabbene, ed ottimo Cittadino”Aboliti i testamenti, gli averi vanno ai parenti o al Monte degli Orfani. Parte dei compensi va versato alla Cassa della Carità destinata agli invalidi, vecchi e malati. Vengono abolite le doti per le figlie e vi è divieto assoluto dei genitori di interferire negli affari di cuore dei figli. Un'unica limitazione: si sposa solo chi è bravo a lavorar la seta. C'è un arte da difendere e tramandare. Il cittadino si sente parte attiva di una comunità di uguali e al tempo stesso è il protagonista essenziale del processo di produzione. Ogni gruppo familiare, alloggiato nelle abitazioni a schiera, è dotato di telai per la lavorazione a cottimo. In seguito tutte le lavorazioni vengono riunite in un nuovo opificio. Accanto alle maestranze locali sono impiegati artigiani genovesi, francesi, messinesi e piemontesi. Il governo della comunità era affidato, insieme al parroco, a cinque “seniori del popolo” eletti ogni anno tra i membri anziani della comunità. Tra i doveri del popolo leuciano vi erano sia quelli “negativi”, ovvero quelli che “impongono l'obbligo di astenersi dall'offender alcuno in qualche maniera” sia quelli “positivi” ovvero quelli che “impongono di fare a tutti il maggior bene che si possa ........ A ciascun de’ nostri simili ..... finanche a’nimici”, dove ”La più bella vendetta è quella di far bene a colui, che ci offese; ed il più bel piacere è quello d’imperare per mezzo delle beneficenze sopra colui, che ci disprezzò. Soccorrerlo nelle avversità, ed ajutarlo ne’ bisogni e mostrare a tutti gli uomini la più sublime grandezza di cuore e di generosità”. Leggi lo Statuto di San Leucio. Clicca qui