LE CITTA' DEL SUD

CHECK-UP MEZZOGIORNO: TUTTI I DATI DEL DISASTRO ECONOMICO DEL MEZZOGIORNO.


Pubblicato il numero di dicembre 2012 del Check-Up Mezzogiorno, raccolta ragionata e commentata dei principali indicatori economici e sociali meridionali, a cura dell’Area Mezzogiorno di Confindustria e di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Il Check-up, con un ampio corredo di tabelle e grafici, articolati in 11 capitoli ed in un ampio “Focus crisi”, fornisce una dettagliata fotografia dei principali fenomeni economici e sociali relativi al Mezzogiorno – dal quadro macroeconomico alle caratteristiche delle imprese, dal mercato del lavoro alla dotazione infrastrutturale, dal credito all’attuazione delle politiche sviluppo – arricchiti dal dettaglio regionale e da confronti con gli altri paesi europei. In particolare, il nuovo approfondimento “Focus crisi”presenta l’aggiornamento di un numero più selezionato di indicatori di natura più squisitamente congiunturale, al fine di illustrare (anche graficamente, grazie all’ausilio di un vero e proprio “cruscotto”), l’impatto della crisi economica e finanziaria sulle regioni meridionali. Il rapporto analizza e documenta il permanere di rilevanti divari di sviluppo, sia interni sia internazionali, mettendo in evidenza anche i segnali positivi che provengono dall’area, ed in particolare, quelli provenienti dal tessuto produttivo meridionale, a partire dalla significativa ripresa dell’export. Tra il 2007 e il 2011 il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Mezzogiorno, in termini reali, ha subito una riduzione di quasi 24 miliardi di euro (-6,8%), mentre gli Investimenti Fissi Lordi nel 2011 sono stati di 8 miliardi inferiori rispetto al 2007 (-11,5%).Nel Mezzogiorno il numero di imprese attive al III trimestre 2012 (circa 1 milione e 700 mila) si è ridotto dello 0,9% (-16.287) rispetto al III trimestre 2007, mentre per il Centro-Nord il saldo risulta positivo (+2,7%).Il calo dell’attività economica nel Mezzogiorno ha avuto riflessi altrettanto importanti sul livello di occupazione ampliando ulteriormente i già profondi divari esistenti.Nel Mezzogiorno, tra il 2007 ed il 2012 il numero di occupati si è ridotto di circa 330 mila unità, mentre nel Centro-Nord, al contrario, ci sono 32 mila occupati in più nel 2012 rispetto al 2007.Il tasso medio di disoccupazione dei primi due trimestri nel 2012 è salito a 17,4% (era pari al 13,6% nello stesso periodo del 2011).Il calo dell’occupazione e le crescenti difficoltà economiche delle famiglie si traducono in un problema che può avere effetti strutturali per lo sviluppo economico del Mezzogiorno: “l’emorragia di capitale umano”.Sono sempre di più, infatti, i cittadini meridionali che decidono di lasciare il Mezzogiorno per andare a vivere nel Centro-Nord o all’estero.Il persistere della crisi è causa ed effetto del forte calo degli investimenti pubblici. La spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta, dal 2007 al 2011, di circa 7 miliardi di euro, passando dai 22 miliardi del 2007 a poco più di 15 nel 2011.I problemi infrastrutturali, burocratici e di corruzione, il deficit di servizi ad elevato valore aggiunto, la restrizione del credito, l’insufficiente spesa in ricerca, i ritardi dei pagamenti della PA, sono tutte questioni nodali che scoraggiano tale propensione ad investire e che una rinnovata e forte politica di sviluppo dovrebbe porre al centro della propria azione.Al centro di questa politica dovrebbe tornare l’esigenza di una rinnovata politica industriale per il Mezzogiorno che torni a promuovere gli investimenti delle imprese meridionali. Una politica rinnovata e migliorata, e dotata di strumenti e risorse adeguati.In questo scenario caratterizzato da un drastico calo della domanda interna (a causa del calo di consumi e degli investimenti), le imprese si sono volte con maggiore decisione verso i mercati internazionali più dinamici.Non a caso, quella delle esportazioni (come documenta il Focus Crisi) è l’unica variabile che si è riportata, già oggi, al di sopra dei valori pre-crisi. Inoltre, se si guarda alla dinamica più recente, questa è anche una delle poche variabili per le quali i divari interni tendono a ridursi. Dal I semestre 2011 al I semestre 2012, le esportazioni nel Mezzogiorno sono aumentate, infatti, del 7%, più di quanto siano aumentate nel Centro-Nord (+3,9%).Tuttavia, le imprese meridionali che esportano sono ancora relativamente poche (33,2% contro il 54,9% in Italia, secondo le stime per il 2012) e la percentuale media di fatturato realizzata all’estero è pari a 32,9% (38,2% in Italia).In conclusione, per l’economia del Mezzogiorno il momento della ripresa sembra non essere ancora arrivato. La “febbre” è ancora alta, ed i medicinali per farla scendere sono più che mai necessari, visti gli effetti estremamente negativi che si stanno producendo sulle imprese, sui lavoratori, sui cittadini meridionali. Tre appaiono, perciò, gli ambiti prioritari di intervento.In primo luogo, l’impresa. Il processo di selezione in corso rischia di condurre ad un significativo depauperamento della base produttiva meridionale: è necessario intervenire con decisione, sia sul versante pubblico sia su quello privato, per favorire la ripresa degli investimenti, il superamento della limitazione dimensionale, l’orientamento all’export, la capacità creditizia, l’innovazione delle imprese del Mezzogiorno, così come va ampliato il numero di tali imprese, sostenendo soprattutto i giovani nell’avvio di nuove attività imprenditoriali innovative e capaci di esaltare caratteristiche e potenzialità del territorio.In secondo luogo, il lavoro. L’aumento rilevante del ricorso agli ammortizzatori sociali, la riduzione del potere d’acquisto, la perdita vera e propria di centinaia di migliaia di posti di lavoro, l’assenza di opportunità occupazionali, soprattutto per giovani e donne, impongono alle Istituzioni, alle imprese, alle organizzazioni di rappresentanza degli interessi, l’adozione di misure urgenti per frenare l’emorragia e porre le basi di una struttura economica e di una disponibilità di capitale umano più capace di rispondere nel lungo periodo alle sfide del mercato.In terzo luogo, le condizioni di vita dei cittadini del Mezzogiorno. Gli effetti congiunti di una lunga crisi e di politiche di bilancio sempre più restrittive stanno peggiorando il livello di benessere del Sud: il processo di costruzione delle condizioni di contesto, prima di tutto infrastrutturali, affinché nel Mezzogiorno si possa restare e vivere bene, e vi possano di conseguenza essere attratte imprese e persone, traffici e turisti, va rafforzato al più presto. Fonte: http://www.confindustria.it/Conf2004/hp.nsf/hp?ReadFormPer vedere il testo completo del rapporto “Chek-Up Mezzogiorno” clicca qui