LE CITTA' DEL SUD

LA LEGISLAZIONE BORBONICA AVANTI ANCHE NELLA TUTELA DELLE DIFFERENZE DI GENERE


Nel regno delle Due Sicilie, femminielli e omosessuali sono parte integrante della società. Per esempio,  i femminielli insegnavano ai giovani i ruoli del sesso, facevano da sensali, predicevano il futuro con la tombola, e portavano le donne a Montevergine perché avessero gravidanze feconde. Le leggi sull'omosessualità vigenti nel Regno delle Due Sicilie erano le più illuminate dell'Italia pre-unitaria, e i reati sessuali (stupro, sevizie, ratto, violenza su minori, oltraggio al pudore e simili) venivano trattati a prescindere dal sesso dei soggetti.Con l’unità d’Italia viene applicato lo Statuto Albertino, copiato dai prussiani. Lo statuto prussiano è influenzato direttamente da quello Vittoriano, che è la fonte di ogni persecuzione ancora oggi nelle numerose colonie del Commonwealth, ed istituisce il famigerato paragrafo 175, che impone la prigione ad ogni “uomo che” permette o “commette atti licenziosi e lascivi con un altro uomo”.Il codice penale del Regno di Sardegna fu esteso nel 1860 al resto dell'Italia appena unificata. Il famigerato articolo 425, che puniva gli atti omosessuali su querela di parte o in caso di "scandalo", entrò così in vigore anche nelle altre province del neonato Regno.Ci fu però un'eccezione molto significativa: al momento di promulgare il "nuovo" codice nell'ex-Regno delle due Sicilie, l'art. 425, assieme a pochi altri, fu abrogato. È questo un sintomo del disagio con cui le bigotte disposizione legislative sarde sull'omosessualità venivano accolte nel resto d'Italia. Si tratta anche di un implicito riconoscimento degli effetti devastanti che una legge repressiva avrebbe avuto sui costumi del Sud Italia, dove una fase di comportamento omosessuale veniva data implicitamente per scontata nella vita di ogni individuo.  Fu insomma una prima, silenziosa ammissione della diversità fra le due "culture" dell'omosessualità, quella mediterranea e quella nordica, esistenti anche oggi in Italia.Di fatto si giunse comunque a un paradosso: la pratica omosessuale fra adulti consenzienti poteva costituire un reato a Torino, Milano, Cagliari o Ancona, ma non a Firenze, Napoli, Bari o Palermo. Una situazione decisamente anomala.Quando però venne il momento, dopo interminabili discussioni, di promulgare il primo codice penale veramente "italiano" (il codice Zanardelli, del 1889), il contrasto fra le due disposizioni legislative fu risolto una volta di più secondo la tradizione del codice napoleonico. Quello omosessuale ritornò così ad essere un comportamento che, se compiuto fra adulti consenzienti in privato, non era preso in considerazione dalle leggi. Questo durò poco, perchè durante il fascismo gli omosessuali vennero inseriti tra i gruppi da colpire per la "tutela della razza". Il fascismo si basava su almeno un secolo di tradizione giuridica e clericale repressiva italiana, che puntava a cancellare del tutto l'omosessualità negandole qualsiasi spazio di visibilità, fosse pure deviante.La repressione delle condotte omosessuali in Italia fu estremamente efficace: Viviani e De Filippo non citeranno mai la figura del femminiello nelle loro numerose opere!Il sud ha perso 152 anni di civiltà ed oggi siamo costretti a dover discutere su una legge contro l'omofoba, quando la nostra cultura mediterranea, per secoli, ha considerato l'omosessualità un fatto assolutamente naturale e lecito.