LE CITTA' DEL SUD

LA FIGURA DI FRANCESCO II DESCRITTA DA PIETRO CALA’ ULLOA


Pochi giorni dopo la sconfitta di Giuseppe Garibaldi a Mentana, nel Lazio, (3 novembre 1867) a opera di un contingente formato da soldati pontifici e francesi, il marchese Pietro Calà Ulloa scrive un agile pamphlet, nel quale prende spunto dalla nuova congiuntura storica per sviluppare alcune riflessioni sulla situazione politico-militare dell’Italia di allora. Pietro Ulloa (1801-1879) fu l'ultimo Presidente del Consiglio napoletano di Francesco II, di cui era molto amico. Fu ufficiale dell’esercito napoletano, magistrato, storico e saggista, ed è considerato uno dei padri dell'idea confederativa meridionalistica: furono infatti particolarmente apprezzate le sue argomentazioni in materia, secondo alcuni di origine neoguelfa (tesi peraltro dimenticate per oltre un secolo e solo recentemente riscoperte) su una possibile unione confederativa della penisola italiana, alternativa alla unità d'Italia. Costituzionalista, è tra coloro che parteciparono al progetto di dettato costituzionale, tardivamente approvato da Francesco II. Le sue numerose opere sono interessanti per la luce che gettano sull'ultimo periodo storico visto da parte borbonica.Il libretto viene steso in francese ed è indirizzato agli alti vertici del governo parigino, con l’intento non dichiarato, ma facilmente rintracciabile, di sottoporre alla valutazione di Napoleone III (1808-1873) la possibilità di non vanificare la vittoria di Mentana e di imprimere una svolta federalista alla questione dell’unità nazionale italiana, impedendo l’assorbimento dello Stato Pontificio nella compagine del neonato Regno d’Italia. Da questo libretto abbiamo estratto il brano che descrive, con grande ammirazione, la figura di Francesco II, ultimo re delle Due Sicilie. “Vi è soprattutto uno di questi principi che, or sono sette anni, entrava in palazzo Farnese, triste, ma sereno, come soldato ferito. Questo giovane re non ha avuto il tempo di farsi accecare dal potere, aveva già saputo mostrare il rigore che sostiene il diritto e che la tempesta per quanto lunga, non può scoraggiare. Se ha saputo difendere il suo diritto col valore incontestabile dimostrato sul Volturno e a Gaeta, ora manifesta a Roma un coraggio, una rassegnazione che hanno dell'eroismo. Egli sa che non vi è diritto contro diritto, egli sente la giustizia e l'onore. Se gli uomini l'hanno abbandonato, Dio lo farà vincere. Egli si sente destinato a sollevare le rovine sotto le quali geme il suo regno. Ed è bello vedere la fede nel crollo delle cose umane, la costanza nelle innumerevoli minacce del tempo.Bisogna vederlo circondato dai pochi amici rimasti, rispettosi e sinceri. Sorprende la vastità delle sue conoscenze, poiché ha passato la sua giovinezza negli studi. Assiste da sette anni alla decomposizione di questo regno d'Italia, nato appena ieri e già cadente a pezzi. Ha udito anche le campane a morto del Parlamento italiano. Egli sa, e ne sorride sdegnato, che in questo Parlamento si afferma che i suoi popoli non sono governabili, mentre in realtà non sono affatto governati. Intelligenza ferma ma senza illusioni, energia razionale e paziente, egli ha studiato in profondità i bisogni dei suoi popoli. L'arte di reggere la società si compone di temperamento, indulgenza, numerosi accomodamenti che esigono più prudenza che forza. Questo sovrano è convinto che bisogna camminare con le giuste e moderate aspirazioni del popolo, più spesso prevenirle, dirigere il corso della storia, soprattutto non tentare mai di andargli contro.Egli sa che la prosperità di uno stato non consiste nel trionfo di questo o quel partito, ma nel benessere generale e nella felicità del popolo. Non potendo più difendere la propria corona e l'indipendenza del paese con la forza delle armi, egli ha nondimeno continuato a difendere gli interessi dei suoi popoli. Ha difeso davanti all'Europa il diritto pubblico e quello privato, la giustizia, l'umanità, quelle leggi che sono di tutti i tempi e di tutti i paesi. Questo ha costantemente richiamato alla coscienza del mondo. Non ha perso occasione, questo re in esilio, di elevare la sua voce per far conoscere al mondo la triste e miserevole condizione dei popoli del suo regno. E con i diritti dei suoi popoli, egli difendeva quelli dell'Europa stessa, perché i diritti di tutti gli stati e di tutti i sovrani sono fra loro solidali.Al suo fianco vi è la Giovanna d'Arco del regno di Napoli, celebre per la sua bellezza come per la bontà del suo animo, velata di un mistero che la grazia e il fascino non possono nascondere. Questa regina che tante simpatie sa suscitare, e tanto rispetto attorno alla sua figura, è in veste muliebre tutto ciò che si può avere di santamente grazioso e commovente nell'abnegazione spinta fino all'eroismo. Francesco II e Maria Sofia sono circondati a Roma dalla doppia aureola della giustizia di una causa infelice e dell'affetto dei loro sudditi. Egli passeggia solitario per le strade. Augusto e Siila, è vero, percorrevano queste stesse strade soli e con addosso una toga di lana; ma il terrore che le loro azioni evocavano era sufficiente a difenderli. Oserebbero fare altrettanto i nemici di Francesco II per le vie di Napoli e di Palermo? Tutti vogliono vedere e ammirare questa bella graziosa regina che ha desiderato e ha saputo meritarsi una gloria da soldato. E io, non ho forse visto con i miei occhi un cerchio di ferro e di fuoco ai suoi piedi, quando la morte si incendiava a Gaeta? L'Europa, che davanti a Gaeta ha cominciato a provare simpatia per quest'uomo, si è lasciata rapire di ammirazione per la ferma regale attitudine di questi sovrani nel loro esilio. Tali simpatie e tale tenace affetto dei popoli annunciano chiaramente che la restaurazione a Napoli sarebbe salutata dai popoli e dall'Europa come un'era novella di pace, ordine e prosperità. Il fatto è che l'unità d'Italia è un'utopia e nessun uomo di stato ne dubita più in Europa. La situazione dei differenti stati, da sette anni in qua, non è cambiata; non vi è altra soluzione: o un congresso che impedisca la guerra ristabilendo il misconosciuto diritto della giustizia, o delle guerre disastrose che portino comunque a un congresso. Allora si sentirà imperioso il bisogno di restaurare i principi spodestati. E Francesco II avrà un ruolo indispensabile, poiché solo lui può ottenere per il regno delle Due Sicilie le migliori condizioni possibili e una libertà che dia all'autorità dignità e serenità. Solo lui può far tornare nel mezzogiorno d'Italia la concor-dia insieme con la nazionalità, e l'indipendenza, questo bene carissimo ai popoli civili, e l'unione nella giustizia e nella pace. La figura di Francesco II sarà necessaria ali Italia e all'Europa, che sentono un impellente bisogno di pace e stabilità”. marchese Pietro Cala Ulloa, 10 novembre 1867