LE CITTA' DEL SUD

PERCHE’ IL SUD E’ OCCUPATO MILITARMENTE DA 150 ANNI


La notte del 10 maggio del 1860, arrivarono alle Egadi i due vapori "Piemonte" e "Lombardo", che trasportavano i Mille di Garibaldi, pronti a compiere la straordinaria impresa di “liberare” il Regno delle due Sicilie dal dominio Borbonico per unificare l'Italia. La mattina dell' 11 maggio i garibaldini raggiunsero Marsala, dove sbarcarono senza problemi poco dopo mezzoggiorno. Il resto dei fatti è noto a tutti, ma quello che non si racconta nei libri di storia sono le vere motivazioni che portarono il Regno Sabaudo, corrotto e in bancarotta, ad invadere senza alcuna dichiarazione di guerra un’altro stato sovrano, sono i crmini di guerra commessi dai Piemontesi e i danni materiali e morali subiti dalla popolazione duosiciliana. Quello delle Due Sicilie era un regno in floride condizioni economiche e che durava da 730 anni, tanto da avere due volte più monete di tutti gli altri Stati della Penisola messi insieme (Francesco Saverio Nitti). Lo sbarco fu, pertanto, l'invasione di uno Stato in pace senza dichiarazione di guerra, agevolata da fenomeni di corruzione e dalla connivenza della Massoneria (Angela Pellicciari) che provocò l’ annessione ad un altro stato (quello Sabaudo), con notevoli danni morali, civili ed economici per le popolazioni del mezzogiorno. Fù lo stesso Garibaldi a dire più tardi che gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali furono incommensurabili. Ed aggiunse “sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esser preso a sassate, essendo colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio”. E’ bene ricordare che oggi nel diritto internazionale, una dichiarazione di guerra comporta il riconoscimento tra i paesi di uno stato di ostilità tra le nazioni coinvolte, e tale dichiarazione agisce in modo da regolare la condotta delle milizie dei paesi. In realtà i primi trattati multilaterali che stabilirono regole per le dichiarazioni di guerra furono le Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907, ma è altrettanto evidente che allora fù letteralmente ignorato il diritto internazionale e calpestata qualsiasi traccia di giuridicità interstatuale. Come è noto, le relazioni tra gli Stati nazione si fondano essenzialmente sull'idea secondo cui l'uso della forza costituisce una prerogativa monopolio del potere sovrano e sul principio di uguaglianza tra soggetti che si riconoscono una pari e reciproca legittimità: la guerra assume, quindi, sempre un carattere simmetrico, almeno formalmente, laddove il conflitto si sviluppa tra soggetti che si percepiscono come dotati di una stessa legittimità (Marco Balboni). Ma allora non esisteva un’organismo come l’ONU e tutti guardarono impotenti alla dissoluzione delle terza potenza economica (ma non militare) del mondo. Cosi nè Spagna, nè Russia, nè Austria osarono mettersi contro Inghilterra e Francia, poichè questo avrebbe causato (o semplicemente anticipato) la prima guerra mondiale. Ma la violazione delle norme internazionali non può non avere conseguenze. Innanzitutto va denunciato sia l’illecito omissivo (mancato adattamento del diritto interno alle direttive comunitarie) che quello commissivo (assassini, tortura e maltrattamento di individui, catture di detenuti avvenute in territori di altri stati, e simili). Pertanto se è stato commesso tale illecito va riconosciuta la Responsabilità per colpa e il danno materiale e morale: ciò determina, quale conseguenza dell’illecito, l’attuazione delle misure di autotutela, cioè quelle misurae dirette a reintegrare l’ordine giuridico violato, ossia a far cessare l’illecito e a cancellarne, ove possibile, gli effetti. Nel caso specifico secondo quanto previsto dala Corte Internazionale di Giustizia, l’autotutela non può consistere (per ovvie ragioni) nella minaccia o nell’uso della forza, vietati ex art. 2/4 della Carta delle Nazioni Unite. A seguito dei gravi crimini commessi durante la seconda guerra mondiale (sterminio, deportazioni di massa, imposizione di lavori forzati) la comunità internazionale sentì l’esigenza di punire i criminali nazisti responsabili di tali atrocità, in relazione alle quali per la prima volta si parlò di crimini internazionali e di responsabilità degli individui. Ma quali sono i crimini internazionali? I crimini di guerra rappresentano tutte quelle violazioni delle leggi e consuetudini di guerra consistenti in gravi infrazioni (arruolamento forzato dei prigionieri di guerra, cattura di ostaggi, attacchi contro la popolazione civile) delle Convenzioni di Ginevra e del Primo Protocollo addizionale del 1977, nel contesto di un conflitto armato di natura internazionale o interna. Ma, in realtà, oggi sappiamo che quei crimini di guerra sono stati commessi per la prima volta sui cittadini del Regno delle Due Sicilie, e le atrocità sono talmente enormi che ancora adesso questo stato, figlio di quello invasore Piemontese, non ha il coraggio di affrontarle, preferendo ignorarle e, peggio, continuare nella esaltazione delle falsa retorica risorgimentale. Tuttavia l’art. 41 della Convenzione europea dei diritti umani stabilisce che, accertata una violazione della convenzione, qualora il diritto interno non permetta di eliminare le conseguenze della violazione, la Corte possa concedere un risarcimento alla parte lesa. E le forme di “riparazione” previste sono la Restitutio in integrum (restituzione di persone, di cose, di navi, documenti, ecc), la Soddisfazione (presentazione di scuse, omaggio alla bandiera, versamento di una somma simbolica, ecc) e il Risarcimento del danno (sia quelli materiali che morali). Nel primo caso rientrano i saccheggi effettuati nelle casse dello stato e nelle Banche nazinali, nonchè tutte le appropriazione indebite delle proprietà immobili e in ultimo l’inquinamento delle nostre campagne e dei nostri mari con i rifiuti tossici provenienti dal Nord. Nel secondo caso, ancora più grave del primo perchè mai terminato, rientra la perdità dell’identità culturale e della memoria, la nascita dell’emigrazione, la distruzione del tessuto sociale, la nascita della disoccupazione, il peggioramento delle condizioni sanitarie, la nascita della criminalità organizzata. A tal proposito è utile ricordare le parole di Rocco Chinnici che già nel 1983 osò dire: “Prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia”Le origini di questa nazione si fondano su una iniqua occupazione dell’Italia Meridionale. Di quel luogo di pace, di prosperità, di contento generale che si erano promessi e proclamati come conseguenza certa dell’unità d’Italia, denuncia il deputato scozzese McGuire nel 1863, non si ha altro di effettivo che la stampa imbavagliata, le prigioni ripiene, le nazionalità schiacciate ed una sognata unione che in realtà è uno scherno, una burla, un impostura. I piemontesi, come racconta Giacinto De Sivo nel 1868, incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli. E ancora Francesco Proto Carafa, duca di Maddaloni: “Intere famiglie veggonsi accattar l’elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest’ uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati del Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio dei napoletani. A facchin della dogana, a camerieri a birri, vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuole trattare le province meridionali come il Cortez ed il Pizzarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala". Questo eravano 150 anni fa e questo siamo ancora oggi. Per noi la storia di soprusi, di ricatti, di emigrazione, di disperazione, di distruzione della società civile e dell’ambiente, continua ancora sotto l’indifferenza della nostra classe politica da un lato e la rassegnazione del popolo meridionale dall’altro. Popolo che non ha più una sua memoria perchè cancellata 150 anni fa con l’invasione Piemontese, i quali non si accontentarono solo delle nostre ricchezze, ma vollero anche dustruggere la nostra cultura e la nostra identità per fare in modo da non poterci più ribellare. E ci riuscirono dopo una guerra civile durata circa 10 anni, fatta passare per Brigantaggio è costata la vita a quasi 1 milione di meridionali.Per liquidare i popoli, diceva Milan Kundera, si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un'altra cultura, inventa per loro un'altra storia. Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E, intorno, il mondo lo dimentica ancora più in fretta. L’Italia che sognavamo noi meridionali, duosiciliani, non era questa. Siamo stati ingannati e ne paghiamo ancora le conseguenze. Finchè non ci sara riparazione da parte del governo e della parte nord del paese, questa Italia non sarà mai una e indivisibile; se tale riparazione non avverrà il sud dovrà scegliere, prima o poi, la sua strada: se cioè continuare a stare con l’ex invasore che continua a sfruttarlo e a tenerlo in una condizione di subalternità (grazie anche all’aiuto delle criminalità organizzata il cui legame non si è mai spezzato), o riprendere la sua strada da solo, in piena autonomia e libero da chi fino ad oggi lo ha soffocato.