LE CITTA' DEL SUD

PER NON DOMENTICARE MAI ANGELO MANNA, NOSTRO PATRIOTA E COMBATTENTE


INTERPELLANZA PARLAMENTARE SUI CRIMINI PERPETUATI DAI PIEMONTESIResoconto stenografico 597 Seduta di Lunedì 04 marzo 1991Presidenza del Vicepresidente Adolfo SartiIl sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della Difesa, per sapere – constatato che vige tuttora il più ostinato e pavido top secret di fatto su quasi tutti i documenti comprovanti gli intenzionali bestiali crimini perpetrati dalla soldataglia piemontese ai danni delle popolazioni, per lo più inermi, delle usurpate "province meridionali" dal tempo della camorristica conquista di Napoli a quello della cosiddetta "breccia di Porta Pia" (praticata dai papalini dal di dentro delle mura leonine?..): top secret voluto, evidentemente, dai grandi custodi di quell’epoca di scelleratezze e di razzie che prese il nome di "Risorgimento italiano" e della quale il sud paga sempre più a caro prezzo le conseguenze; considerato altresì che nell’assoggettato ex reame libero e indipendente va assumendo, finalmente, sempre più vaste proporzioni quel processo di revisione e di demistificazione della storia scritta dai vincitori (tuttora ufficiale!) che dovrà fornire le motivazioni di fondo e lo stimolo alle future immancabili rivendicazioni politiche delle colonizzate regioni: quando vorrà degnarsi di consentire il libero accesso agli archivi dello stato maggiore dell’esercito italiano che nascondono tuttora, in almeno duemila grossi volumi, documenti fondamentali di natura non già soltanto militare (ordini, dispacci, rapporti relativi a movimenti di truppa e ad esiti di combattimenti, di imboscate e di raid repressivi e briganteschi), ma anche e soprattutto di natura squisitamente politica: istruzioni riservate e anche cifrate del governo subalpino a profittatori, luogotenenti, prefetti, ufficiali superiori, sindaci, comandanti di guardie nazionali; verbali di interrogatori eseguiti nelle carceri, nelle caserme, presso le sedi municipali dagli aguzzini in uniforme che si coprono di disonore nell’infame periodo delle leggi marziali e delle sbrigative esecuzioni capitali; soffiate di spie e informazioni di agenti segreti ai militari, distinte di requisizioni e di espropri illegittimi con l’indicazione delle vittime; elenchi dettagliati dei preziosi, dei contanti e degli oggetti d’arte o sacri razziati nelle case, nei banchi pubblici, nei palazzi reali e nelle chiese; concessioni, infine, di premi, cattedre universitarie o liceali, sussidi una tantum o vitalizi a rinnegati, prostitute, delinquenti comuni (camorristi) e profittatori dai nomi altisonanti trasformati in "eroi puri" e beatificati o divinizzati nei sacri testi della agiografia risorgimentale. Certo: l’ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale la setta tricolore conserva e protegge i suoi risorgimentali scheletri infami; conserva e protegge le prove delle sue gloriosità sempre abiette; conserva e protegge le prove che nel 1860 l’esercito italiano calò a tradimento del Regno di Napoli e si comportò, secondo il naturale dei suoi bersaglieri e carabinieri, da orda barbarica; conserva e protegge le prove che Vittorio Emanuele II di Savoia, ladro, usurpatore ed assassino – e perciò galantuomo – nonché il suo protobeccaio Benso Camillo, porco di Stato – e perciò statista sommo – ordinarono ai propri sadici macellai di mettere a ferro e a fuoco l’invaso reame libero, indipendente e sovrano e di annetterlo al Piemonte grazie ad un plebiscito che fu una truffa schifosa, combinata da garibaldesi, soldataglia allobrogica e camorra napoletana. L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri bestiali, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi dolosi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con Tore ‘e Crescienzo (all’anagrafe Salvatore De Crescenzo) e con la sua camorra, degli stupri di fanciulle, delle giustizie sommarie di cafoni miserabili ed inermi, delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute, come la famigerata Sangiovannara, De Crescenzo, anch’essa, per l’anagrafe… Quali studiosi hanno potuto aprire questi armadi infami, signor sottosegretario? I crociati postumi, gli scribacchini diventati cattedratici per aver saputo rinnegare la propria origine e per aver saputo rinunciare alla ricerca della verità storica, per aver dimostrato di saper essere i sacerdoti del sacro fuoco del mendacio. Signor Presidente, per favore, si giri: guardi il pannello alle sue spalle. E’ falso, è un falso storico! L’ho detto e ridetto sette anni fa: alle urne, nel Regno di Napoli invaso, si presentò solo l’1,9 per cento! Come si ebbe, allora, un milione di voti?Ma noi del Sud – che non intende subire ulteriormente il danno della colonizzazione tendente all’assoggettamento totale e la beffa della distorsione premeditata dei fatti storici, che la sua colonizzazione determinò – non interessano le bubbole che i vestali del sacro fuoco del mendacio tricolore fanno propalare anche ad un sottosegretario di stato, nella certezza che, per carità di patria, anche egli, come i suoi predecessori, non disdegni di farsi complice loro nel servire la mistificazione e i suoi profeti abietti. L’ufficio storico dell’esercito italiano custodisce e protegge le prove storiche che quella sacra epopea, che fu detta Risorgimento, altro non fu se non una schifosa pagina di rapine e di massacri scritta da un’orda barbarica che, oltre la vita ed i beni, rubò al Sud e portò nell’infranciosato Piemonte finanche il sacro nome d’Italia. Gli armadi con gli scheletri infami, che riguardano la repressione del cosiddetto brigantaggio – che fu epopea storica di decine di migliaia di cafoni disperati – recano la catalogazione G11 e G3, e sono circa 150 mila i fogli che, contenuti in 140 dossiers, costituiscono la prova documentale delle efferatezze subito dal Reame degradato a feudo sabaudo, da disbattezzare, spremere, colonizzare e sottomettere.Signor sottosegretario, signor Presidente, colleghi, io non mi chiedo affatto se l’aspetto più vergognoso sia rappresentato dal non già ottuso ma settario rifiuto da parte degli eredi della soldataglia piemontese, ligure e lombarda di aprire gli armadi infami, o se sia piuttosto rappresentato dall’acquiescenza, che è omertà passiva, di un Governo che consente a dei soldati (che possono solo gloriarsi di avere fatto carriera sul campo dell’eterna battaglia delle lottizzazioni ingaggiata dai partiti democratici egemoni) di gestire a piacimento una massa di documenti storici di eccezionale valore e di concederli in visione a piacimento soltanto a scrittorelli di indubbia fede antistorica, che non sprezzerebbero mai il sacro giuramento ateo liberal-capitalistico di servire vita natural durante il mendacio tricolore sul quale è fondata l’ancora imperversante agiografia del cosiddetto Risorgimento.Sarebbe troppo esigere dai militari l’apertura degli armadi nei quali sono custoditi e protetti gli scheletri del cosiddetto Risorgimento. Ma non perché mai e poi mai, signor Presidente, un esercito ammetterebbe i crimini di cui si è macchiato per ordine di una classe politica egemone. Tutti gli eserciti del mondo commettono crimini orrendi, saponificando, napalmizzando, lanciando bombe atomiche, chimiche, batteriologice, ed è umano che nessun esercito sia disposto a mettere in piazza la propria disumanità e a produrne l’inconfutabile prova documentale.Nel nostro caso, però, si tratterebbe di mettere in piazza che gli eroi del cosiddetto Risorgimento furono dei criminali sull’orlo dell’asburgizzazione, e che i loro sacri ideali fecero da paravento a uzzoli predatori e sanguinari. Al grido di: " fuori lo straniero" gli eroi – cioè i criminali – imposero ai rinnegati e agli spergiuri del Regno di Napoli la cacciata di un re che era napoletano da quattro generazioni e la distruzione di uno Stato libero, indipendente e sovrano. Ed al suo posto imposero un re che parlava francese e che era il re più spergiuro e fellone e debitoso d’Europa, a prova di storia.Nel nostro caso si tratterebbe di mettere in piazza che l’annessione del reame napoletano fu un’operazione che senza l’intervento della camorra non sarebbe riuscita. Furono i camorristi di Salvatore De Crescenzo, "Tore ‘e Crescienzo", a presidiare i seggi nel corso del truffaldino plebiscito e ad "uccidere di mazzate" i difensori timidi, pavidi, delle ragione della monarchia nazionale borbonica. E furono ancora i camorristi ad inchiodare con le bocche rivolte verso il mare i cannoni che i fedelissimi della guardia nazionale (che si fregiava della bandiera tricolore, signor Presidente) avevano puntato sulla stazione ferroviaria dove, proveniente da Salerno, sarebbe arrivato lui, il leone imbecille, Giuseppe Garibaldi.Nel nostro caso, signor Presidente, si tratterebbe di mettere in piazza che ai decennali massacri belluini perpetrati dall’orda barbarica seguì un’emigrazione che fu un’esplosione, a catena, che fu l’effetto della raffica di calcioni tricolori sparata dal regno unitario nei fondelli sfondati di coloro i quali avevano avuto l’infelice idea di scampare ai massacri. In tal modo si renderebbero pubbliche finalmente le cause vere della questione meridionale e si fornirebbero dunque ai politici e ai sindacati di oggi, signor Presidente, le basi sulle quali impiantare, finalmente, la fabbrica dei rimedi specifici. Nel nostro caso, infine, si tratterebbe di mettere in piazza che l’invasione, l’annessione e i massacri subiti dall’Emirato libero e sovrano del Kuwait pochi mesi fa li subì il Reame di Napoli ad opera di Saddam Hussein che si chiamava Vittorio Emanuele II, nel 1860 ....... e che anche allora l’invasione, l’annessione ed i massacri costituirono una violazione del diritto internazionale… Ma noi no avevamo il petrolio. Avevamo soltanto l’oro, la dignità, l’onore… E, ciò che contava, eravamo un’enorme piazza di consumo: un mercato di nove milioni e mezzo di bocche!E la comunità mondiale se ne stette comodamente a guardare! E, quando fu raggiunta dagli urli di sdegno degli uomini, e dai lamenti dei torturati, e dalle grida delle fanciulle, stuprate talvolta soltanto a colpi di baionetta, si affrettò a chiudere finestre e balconi; infastidita, molestata dal rumore.Signor sottosegretario, ho avuto dei rapporti con Falco Accade, che è stato Presidente della Commissione Difesa nella IX legislatura, e con i colleghi Edo Ronchi e Guido Pollice. Abbiamo spesso convenuto che bisognerebbe trasferire la massa documentale di cui l’esercito è tenutario e protettore dal 1856 (da quattro anni prima dell’annessione del Regno di Napoli a quello piemontese: quindi da quando non era esercito italiano ma esercito sardo-piemontese) presso gli archivi di Stato. Ma – quanto volte ho dovuto eccepirlo – a ciò non si opporrebbe l’esercito, ma tutti quei ministri i quali,  pur di continuare a far credere agli italiani la bella favola del cosiddetto Risorgimento, non esitano a venire in quest’aula (o a frequentare convegni, presiedere congressi) per prestare a copioni vetusti le proprie voci nemmeno di attori, di pappagalli. E a rimetterci quel po’ di prestigio ministeriale, governativo e italiano, che ancora avevano.Onorevole sottosegretario, se lo gradirà, potrò darle una copia degli atti del convegno sul brigantaggio meridionale svoltosi a Cerreto Sannita nel 1986. Tra i suoi documenti vi è la scheda con la quale gli studiosi possono chiedere l’accesso alla massa documentale riguardante il brigantaggio e il cosiddetto Risorgimento. Dall’esame di questa scheda ella si potrà rendere conto che, alla fine, questi documenti restano inaccessibili ai quivis de populo .... Democraticamente! Ricordo che il generale Poli l’11 marzo 1987 scrisse al vicepresidente della Commissione difesa della Camera, l’onorevole Baraccetti, le seguenti parole: "Il problema più generale del libero accesso all’ufficio storico nella realtà non esiste, in quanto nel pieno rispetto e nell’osservanza del decreto del Presidente della Repubblica n. 1409 del 30 settembre 1963, il suo archivio è aperto a tutti i ricercatori, italiani e stranieri, senza remora o restrizione alcuna. Ne fanno fede le larghe utenze fruite da grossi nomi del mondo accademico". Sottolineo che tra questi "grossi nomi" non vi è nessun meridionale, nessuno studente, nessuno studioso attendibile. A fruire dei "permessi" sono stati e sono sempre i soliti scribacchini che fanno spendere centinaia di miliardi al contribuente italiano per consolidare le "puttanate" che gli storici prezzolati cominciarono a scrivere dal 1860 in poi, forti del solo merito di aver vinto a Gaeta la “bonafficciata” di un’onda barbarica…Angelo Manna 1935 - 2001 (deputato MSI alla Camera)per approfondimenti visita il sito dell'Associazione Culturale Amici di Angelo Manna:http://www.angelomanna.it/index.html