LE CITTA' DEL SUD

AL SUD SI PUO' MORIRE PER DIFENDERE LEGALITA E SVILUPPO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO


E ciò avviene nella totale assenza dello stato, un’assenza cosi forte che diviene quasi complicità. Il più delle volte, infatti, i sindaci sono lasciati soli in un sistema politico e partitico assente e distante. Se è vero che spesso le colpe dell’attuale condizione di arretratezza sono anche dovute alla incapacità degli amministratori locali, è altrettanto cruedelmente vero che quando ci sono amministratori capaci, questi vengono eliminati da chi non vuole che il sud esca dalla sua condizione di marginalità e subalternità rispetto alla parte più ricca del paese. Angelo Vassallo, sindaco pescatore della perla del Cilento, è stato ammazzato brutalmente e violentemente perchè era un’amministratore capace che voleva mantenere intatta la bellezza del suo territorio, contro la speculazione selvaggia che distrugge quotidianamente le nostre terre sfreggiandole e trasformandole da paradisi naturali in paesaggi infernali. Un uomo che ha speso tutta la sua esistenza nella difesa dei valori come la tutela dell'ambiente e la qualità della vita e per migliorare il territorio che tanto amava. Sviluppo sostenibile, decrescita felice, fonti rinnovabili, tutto questo, non in un comune della  Germania o del nord Europa, ma nel cuore del Cilento, in quel sud condannato dal 1861 ad esser colonia d’Italia in mano alla criminalità. Un sindaco virtuoso che amava e diffondeva il principio della decrescita, che aveva trasformato il piccolo comune cilentano in una cittadina slow-food, che aveva portato al 70% la raccolta differenziata, che aveva elevato Pollica a traino dell’economia turistica del Cilento, che portava avanti importanti progetti di autosufficienza energetica, che metteva grande cura nella gestione delle risorse idriche, sostenendo e sviluppando il progetto dell’acquedotto duale. Un sindaco che non risparmiava stoccate ai suoi colleghi campani circa la gestione idrogeologica del territorio, accusandoli di volersi fare belli con ristrutturazioni di piazzette (capaci di portar consensi e voti) e mai di risanare il letto di un fiume o di mettere in sicurezza un costone pericolante, mancando cioè costoro di assumersi precise responsabilità nei confronti dei loro concittadini. In ultimo stava portando avanti la candidatura della “dieta mediterranea” a patrimonio dell'Unesco. Un progetto a cui teneva molto anche perché, prima di essere estesa altrove, la dieta era nata proprio a Pioppi, frazione del comune da lui amministrato. Ma questo miracolo, questo sogno è stato bruscamente interrotto da quella barbarie in cui da 150 anni il sud è costretto a vivere.Se oggi Giuseppe Vespoli ritornasse in vita e provasse a riscriverere il suo viaggio nel regno delle Due Sicilie resterebbe inorridito dallo stato in cui oggi versa quel regno in cui “la natura è stata larga de’suoi doni” e dove “lo sguardo si ferma in tutti i punti, incantato allo spettacolo che presenta il suo vasto orizzonte, circosscritto quà da verdeggianti colline, là da alte montagne coperte di alberi, in una parte dal mare, in altra da ampie pianure”. Oggi tutto questo è perso, come anche l’identità e la dignità del nostro popolo che non riesce più ad indignarsi per i suoi fratelli ammazzati barbaramente nello svolgere il proprio dovere e per migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini. Al contario, la morte diventa un fatto normale, o addirittura qualcuno arriva a dire che se lo meritava e che sicuramente aveva fatto qualche “sgarro” alla camorra, come quasi a giustificare chi compie tali atti. Nè la stampa e le televisioni nazionali hanno dato il giusto risalto ad un fatto che ha una gravità inaudita e senza precedenti, laddove è stato colpito un simbolo di efficienza, di legalità e di tutela dell’ambiente; e si sà che da queste parti quando diventi un simbolo hai firmato la tua condanna a morte. Nessuno ha probabilmente capito che in questo paese, e soprattutto nella nostra “colonia” meridionale si può morire per rendere più vivibile il proprio territorio, per promuovere un turismo sostenibile, per tutelare il paesaggio e per affermare i principi della legalità. E al sud si muore anche per difendere il proprio posto di lavoro, come è successo a Mariarca Terracciano, che ormai nessuno più ricorda, tranne i suoi due figlioletti la cui vità e stata terribilmente segnata dall’ingiustizia sociale che stà sempre più imputridendo questo paese. Come possiamo allora pensare e sperare di riscattare il sud e farlo ritornare ad essere un luogo vivibile dal quale non scappare più, come possiamo fermare questa emorragia dell’emigrazione che dura, ormai, da troppo tempo, quando è proprio questo che non si vuole, quando sotto un assenza complice dello stato, si fa di tutto perchè questo non avvenga colpendo i suoi figli migliori e costringendo altri ad emigrare.Tutto il sud dovrebbe essere a lutto perchè con Angelo muore un nostro martire, uno che ha sacrificato la sua vità per ridare dignità a questa terra da troppi anni abbandonata e calpestata. Con Angelo però non deve morire la nostra speranza di riscatto, anzi il suo sacrificio deve darci la forza di indignarci di nuovo e la voglia di riscoprire la nostra identità. Solo unito il popolo del sud potrà liberarsi dalla dipendenza di chi, da 150  anni, continua a spezzare i nostri sogni e le nostre vite.