LE CITTA' DEL SUD

O SI FA LA RIVOLUZIONE MERIDIONALE O È L’ITALIA CHE MUORE


I fatti inquietanti e preoccupanti di questi giorni stanno segnando uno dei momenti più bui e difficili per il nostro mezzogiorno. Disoccupazione in aumento, scuole che non riaprono, dispersione scolastica, treni cancellati, sanità con debiti non più controllabili con medici che lavorano in trincea. Regioni, province e comuni che sono al collasso, in attesa che il governo si decida a sbloccare quei maledeti fondi FAS, finora serviti a finanziare il disavanzo delle Ferrovie dello Stato, i trasporti del lago di Garda, l'abolizione dell'Ici, l’aeroporto Dal Molin di Vicenza (dove gli americani intendono costruire una nuova base militare), l’edilizia carceraria, gli sconti su benzina e gasolio concessi agli automobilisti di Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige, le quote latte degli allevatori del nord, gli ammortizzatori sociali, le new town in Abruzzo (che già cadono a pezzi mentre la ricostruzione è ben lontana dal ricominciare), il G8, il termovalorizzatore di Acerra (che non serve a nulla se non per riempire i portafogli di politici ed imprenditori corrotti e collusi), il credito alle piccole imprese e, infine, sono serviti a ridurre il debito pubblico, quando la spesa pubblica incredibilmente continua a crescere. E tutto questo mentre assistiamo impotenti ai continui annunci di un fantomatico Piano per il Sud che in questi giorni viene addirittura usato come forma di ricatto per “acquistare”, come se fossimo a calciomercato, una manciata di “ascari” pronti a tradire la loro terra per sostenere un governo nordista che non è intenzionato ad aiutare il sud. Anzi, il mezzoggiorno sembra incredibilmente ripiombare all’indomani di quella tragica sciagura che ha segnato inesorabilmente il nostro destino. Una sciagura che apparve subito chiara, come si evince dal discorso fatto nella seduta del 20 novembre 1861 (atto nr.234) dal deputato di Casoria, Proto, duca di Maddaloni, il quale propose subito il distacco dell’ex Regno Duosiciliano dal Regno d’Italia e accusò apertamente il governo piemontese di avere invaso e depredato il Napoletano e la Sicilia: «Intere famiglie veggonsi accattar l'elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest'uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabbricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napoletani. A facchini della dogana, a camerieri, a birri vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le provincie meridionali come il Cortez ed il Pizarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala». Allora io mi chiedo, e chiedo a voi tutti, popolo del sud, cosa è cambiato per noi da quel tragico 17 marzo 1861? La risposta è: nulla. Il sud continua a morire e nel sud si continua a morire se si prova ad alzare la testa e a far ricrescere il proprio territorio, come è successo al sindaco di Pollica, solo l’ultimo martire, in ordine di tempo, di un sud che non si rassegna ma lotta nella totale assenza dello stato. E vi chiedo ancora: cosa possiamo fare noi oggi per riprendere il mano il nostro futuro ed arrestare l’emorraggia dell’emigrazione dalle nostre terre? La risposta non è semplice. Di una cosa, però, dobbiamo essere certi: non è nè con le chiacchiere di Piani o Banche del sud e nè con un federalismo sperequativo che la Questione Meridionale, ovvero il dualismo economico del paese più anomalo d’Europa, può essere risolto. Il vero problema sta in chi il problema non lo ha saputo (o voluto) affrontare e risolvere, e cioè i partiti nazionali, i nostri veri nemici da combattere, oggi più che mai espressione degli interessi del capitalismo del nord (destra) e delle banche e cooperative tosco-emiliane (sinistra). I continui attacchi dei detrattori del sud, ultimo quello tristemente noto del nano-ministro Brunetta, non fanno altro che gettare benzina sul fuoco e provocare (forse anche volutamente) un popolo ormai allo stremo, rassegnato e incapace di reagire. E’ allora urgente, oggi, se vogliamo riprendere seriamente in mano la questione meridionale, rilanciare quest’ultima al primo punto dell’agenda politica nazionale. Il motto non è più “o si fà l’Italia o si muore”, ma o si fa la rivoluzione meridionale o è l’Italia che muore. Come diceva Guido Dorso più di 60 anni fà “la questione italiana è… la questione meridionale, e la rivoluzione italiana sarà la rivoluzione meridionale…”, e affichè ciò avvenga è necessaria una nuova classe politica in grado di garantire una forte rappresentanza di governo, ed una nuova forza politica che riunisca tutti i movimenti e i partiti meridionalisti e che aspiri a diventare il primo partito dall’Abruzzo alla Sicilia. Un partito che, tuttavia, non sia in antitesi con la Lega Nord, ma diventi strategicamente suo alleato per governare il paese e spazzare via, definitivamente, quei partiti nazionali colpevoli di aver trascinato il mezzogiorno in un baratro dal quale è sempre più difficile risalire. Del resto va riconosciuto alla Lega di aver capito prima di tutti la necessità di cambattere i partiti nazionali e lo statalismo centrale ereditato dall statuto albertino. E la lega, anche se incosapevolmente, ci sta tendendo una mano (ricordate Borghezio e fenestrelle?): sta a noi accettare questa sfida o rischiare che il nostro popolo, in assenza di riferimenti politici alternativi ai partiti nazionali, ormai in crisi, si facccia travolgere dall’avanzata leghista nelle nostre province. Lasciamo da parte, individualismi, personalismi ed interessi di parte ed uniamo le nostre forze in un partito d’azione che possa candidarsi, assieme alla Lega, a guidare una nuova nazione in cui fratelli del nord e fratelli del sud potranno finalmente guardarsi negli occhi e stringersi la mano senza più rancore. Questo è quello che sogniamo e questo è quello di cui il paese ha bisogno per compiere finalmente la sua unità. Come disse Aristotele, “la speranza è un sogno ad occhi aperti” ed il sud ha bisogno di riaprirli.