LE CITTA' DEL SUD

ITINERARIO 19


Provincia (Intendenza) di Girgenti (capoluogo: Girgenti) Distretti: Girgenti, Bivona, SciaccaIl vallo o intendenza di Girgenti confina al nord coi valli di Trapani e di Palermo; all'est con quello di Caltanissetta; al sud col Mediterraneo; all'owest col vallo di Trapani. Questa intendenza vien partita in tre distretti, 17 circondarli e 46 comuni. I tre distretti del vallo di Girgenti, sono: Girgenti (Agrigentum), Bivona (Bisbona), Sciacca. Sono pur anche in essa degne di notarsi le città di Naro, di Cannicattl e Licata. In picciola distanza da questa città osservasi il monte Etnomus, sopra di cui era un castello, in cui Falaride teneva il toro di bronzo. Il suolo di Girgenti è ricco di depositi di zolfo, gessi, strunziana. Ci sono varie acque termali sulfuree. Crete finissime. Grano, orzo, vino, mandorlo, oli, pistacchi. Vi si fabbricano ottimi vasi di maiolica.Alicata, Gela. Giace questa città sul lido del mare Affricano presso alle falde del monte Ecnomo, oggi detto delli Mucciacchi, sulla cui sommità si veggono molte rovine, e pietre quadrate, e nelle falde si osservano abitazioni scavate nel masso. Questo sito fu da Falaride, tiranno crudele di Agrigento, munito di una fortezza, ed in essa racchiudeva le vittime della sua tirannia, che quindi faceva morire fra i più spietati tormenti, e nel famoso toro di bronzo. Che la città di Gela fosse sotto questo monte, e non altrove, si ricava da un passo di Diedoro, dove parla della occupazione, che Amilcare Cartaginese fece di questo monte nella guerra contro Agatocle. Ma più di tutti decide la situazione dell'antica Gela nella città di Alicata, un marmo ivi scoperto nel 1660, e che siconserva nel castello Reale di Alicata. Questo monumento è largo un palmo, lungo tre, e termina in acuto a guisa di piramide. Esso contiene in greco un decreto della Repubblica di Gela, in cui lodasi la buona condotta di Eraclide figlio di Zopiro, e si onora di una corona di olivo per avere bene amministrato la carica di Ginnasiarco. Gela fu ne' tempi più antichi una città assai celebre, e quantunque situata alle falde dell'Ecnomo, pure si estende va fino al mare, cosicché quando questo è tranquillo, si veggono nel suo seno avanzi di edifizj costrutti di pietre quadrate. Di questa città, quantunque madre di Agrigento, poche sono le rovine, che ci restano, poiché fu anticamente affatto distrutta da Finzia, tiranno di Agrigento, per gelosia. Egli ne trasportò gli abitanti più oltre per allontanarli sempre più da Agrigento, edificando una città del suo nome, e perciò il Principe di Biscari ha ben ragione di porre la città di Finzia ove oggi è Terranova, cioè di là, e non di qua da Gela, rispéttivamente ad Agrigento, contro quello, che Gluverio, e D'Anville pensarono. Presso la città di Gela scorreva il fiume di questo nome, oggi chiamato Salso. Nelle acque di Gela avvenne la famosa battaglia navale detta di Ecnomo fra i Romani, ed i Cartaginesi, e vinta da Regolo, che dopo passò in Affrica. La città moderna di Alicata è una delle principali della Sicilia sopra questa costa, è adorna di buoni edificj, cinta di mura, e fortificata con un castello. Vi si fa qualche commercio specialmente coll' isola di Malta, alla quale si va assai facil1nente da questa città.Agrigento, Agrigentum. Fu patria di Polo, e del filosofo Empedocle, che fiorì verso 444 Avanti Cristo. Girgenti fu fabbricata con le rovine dell'antico Agrigento, il qual'era, dopo Siracusa, la più gran citta della Sicilia. Gli Agrigentini eran rinomati per la loro ospitalità, pel lor lusso e la loro magnificenza. Platone diceva di loro che fabbricavano come se dovesser sempre vivere. Di fatti si vedon ancor oggi le sontuose vesligia de' lor edifizi. La città attuale non occupa se non la parte della montagna, su la quale era la cittadella dell'antico Agrigento, ed in tutta la Sicilia è la più degna dell'attenzione dell'antiquario, dell'amatore delle belle arti e del filosofo. Fu l'antica città di Acragante, nome, che i Latini convertirono in Agrigento, ed i moderni per ulteriore corruzione in Girgenti, città molto celebre nell’ antichità, e che ogni altra della Sicilia supera per i monumenti antichi, che ancora conserva. Essi la chiamarono Acragante dal fiume, presso il quale fu edificata, e le diedero le leggi patrie di Gela. Ma questa colonia non tardò a divenire rivale in possanza della sua metropoli, e finì, come si disse di sopra, col distruggerla. La sua cittadella è fabbricata in luogo inespugnabile, e di accesso assai difficile, e merita perciò di essere veduta. Di tutti gli avanzi, che rendono Agrigento così interessante, i tempj specialmente sono ben conservati, e sebbene in rovina, pure respirano ancora la maestà primitiva. Cominciando dal Tempio di Giove Polièo, se ne veggono gli avanzi dietro la Chiesa de' Greci, consistenti in un pezzo di muro di pietre quadrate, al quale servono di zoccolo tre gradini di eguale struttura. Nelle sue vicinanze esistono grotte incavate nel sasso, ed acquedotti dello stesso lavoro. Uscendo dalla porta del ponte, si trova il sito un dì occupato dall' antico Agrigento, e seguitando la via de' Cappuccini, si veggono a sinistra verso la estremità del declivio gli avanzi del tempio di Cerere e Proserpina, il più antico di quelli di Agrigento, poiché al dire di Plinio, mentre ivi era raccolto il popolo per le feste in onore di quella Dea, Falaride occupò la tirannide. Questo tempio non avea colonne, ed era di forma quadrata. Sulle sue rovine è stata edificata la cappella di S. Biagio. Siccome era situato sul pendio, il terreno era stato eguagliato, e sostenuto con solide sostruzioni. Presso questo tempio si veggono i residui di una delle porte di Agrigento, ma assai rovinata. Proseguendo il cammino pel declivio, si veggono i magnifici avanzi del tempio di Giunone Lucina, nel quale fu posta la famosa pittura di Zeussi, che rappresentava una donzella, per dipingere la quale avea tolto il meglio da cinque delle più belle giovani di Agrigento, secondo che narra Plinio. Continuando il viaggio da oriente ad occidente, si veggono scavate nel masso varie camere sepolcrali, molte delle quali s'internano sotto le antiche mura formate pure di pietre quadrate, come si riconosce dagli avanzi esistenti. Circa trecento passi distante da quello di Giunone, si osserva il magn1fico tempio della Concordia, che è uno degli edificj più conservati non solo della Sicilia, ma di qualunque altro paese. Di questo non manca, che il tetto, un pezzo di frontone, ed una porzione del cornicione, nel resto sono in piedi tutte le colonne, che formano il peristilio, e la cella, quantunque alcune delle colonne non tarderanno a cadere per la corrosione, alla quale sono andate soggette. Questo edifìcio è di quelli nominati pseudo-dipteri, perchè non solo è fiancheggiato da ogni parte da colonne; ma ancora di fronte, e di dietro ne ha due altre internamente, che servono di decorazione all'ingresso della cella, onde veduto di fronte sembri promettere un doppio ordine di colonne anche ne'lati. Il peristilio intorno alla cella è formato da sei colonne di fronte, e tredici ne' lati, contandovi le colonne di angolo. Esse sono di ordine dorico di sei palmi di diametro, scanalate, senza base, e composte di quattro pezzi ben commessi. Sembra certo che questo tempio fosse edificato, o ristaurato dopo la guerra punica, poiché Diodoro afferma che ad eccezione del tempio di Giove Olimpico gli altri furono tutti, o arsi, o totalmente disfatti ne'varj assalti che la città dovè sostenere. Proseguendo il cammino si trovano molti sepolcri scavati nella pietra, e quindi si veggono a circa trecento passi di distanza le rovine del famoso tempio di Ercole. La magnificenza di questo tempio è dimostrata dalle rovine di colonne, e pietre di grandezza sorprendente, cha ivi si veggono, e mostrano essere stato anche esso di ordine dorico, senza base, scanalate. Questo tempio stava secondo Cicerone non lungi dal Foro, ma del Foro non ne rimane traccia. Anche ivi si conservava una pittura di Zeussi rappresentante Alcmena, tanto pregiata dal suo autore stesso, che stimandola di là dal prezzo, che poteva riceverne amò meglio donarla agli Agrigentini che venderla, siccome Plinio racconta. Non molto lungi di qua era l'edificiò più grande, e magnifico, che gli Agrigentini facessero, cioè il tempio di Giove Olimpico, il quale non fu mai compito per la guerra Punica sopraggiunta, secondo che narra Diodoro. Questo scrittore nello stesso tempo che afferma, che rimase senza tetto ne dà la descrizione più minuta. Egli asserisce che era il più grande de'tempj dell' isola. Verso Oriente il frontone era decorato di bassorilievi rappresentanti la pugna de'giganti, e verso Occidente, di bassorilievi rappresentanti la presa di Troja. Il non essere stato questo edificio mai compito fu causa della sua rovina più sollecita. Di questo tempio magnifico, e delle colonne smisurate che lo sostenevano altro oggi non rimane, che un monte di rovine deformate fralle quali appena si riconosce qualche triglifo maltrattato, ed un capitello pressoché distrutto. Il tempio colossale di Giove Olimpico, è ingombro di rovine; ma si sa, per la descrizione di Diodoro Siculo, che avea 15o palmi di altezza, e che sorpassava in magnificenza ogni antico e moderno monumento, compresovi S. Pietro di Roma. Retrocedendo alquanto verso il Tempio di Ercole, e scendendo a sinistra verso il mare si trova un monumento sepolcrale volgarmente chiamato di Terone, senza però che vi sia un documento sicuro; Si sa, che questo Terone dominò sedici anni in Agrigento, che fu amato dai cittadini. Continuando il cammino verso il mare, si scoprono le rovine di un tempio creduto senza alcuna ragione di Esculapio, del quale rimane soltanto una testata. L' edificio posa sopra tre gradini e vi si vede appoggiata una casa rurale. Di là si passa al tempio di Castore e Polluce, che giace più verso occidente. Di questo tempio non restano, che alcuni pezzi di muro, qualche parte degli scalini, che lo cingevano, e due colonne scanalate, una nell'angolo, e l'altra nel latomeridionale. Dal tempio di Castore andando verso il Convento di S. Nicola si osservano le rovine di parecchi acquedotti, altri scavati nel sasso, altri costrutti. In un giardino del Signor Lo Jacono si vedono frammenti di marmo di ordine corintio appartenenti ad un bagno, del quale veggonsi le rovine in un giardino verso San Nicola. In questo Convento si osserva una piccola fabbrica nel bosco formata di pietre quadrate, e forse un sepolcro con porta di bella architettura, con cornice, situata fra due pilastri, che risaltano dal muro con basi, e capitelli; ma il cornicione manca intieramente; questa fabbrica si appella volgarmente l'Oratorio di Falari. Presso di questo edificio veggonsi indizj di altre fabbriche distrutte. Riprendendo la via di Agrigento si trovano, poco dopo S. Nicola nel principio della salita, le vestigia di un antico edificio con camere ornate di mosaici; quindi verso ponente si osservano alcuni acquedotti situati nel masso; e giunto alla porta del ponte, prendendo, senza entrare in città, la via di mezzogiorno, si trovano molti sepolcri, e di là tornando per la gran valle, si entra per la parte della Chiesa di S. Stefano, dove si osserva la celebre entrata antica di Camico. Circa la. moderna città di Girgenti essa è ben lungi dallo splendore dell'antica, e solo merita di essere citata la Cattedrale non per il tempio stesso, mapjer i monumenti antichi, che essa contiene, fra i quali meritano particolare menzione il sarcofago di marmo, sul quale vedesi rappresentato in bassorilievo il fatto tragico d'Ippolito e Fedra. Nell' archivio particolare poi di questa Cattedrale merita di essere osservato il vaso italo-greco, o siculo-greco con pittura rappresentante, secondo il P. Pacciaudi, Ulisse e Tiresia. Merita pure di essere visitata la Biblioteca pubblica del palazzo Vescovile, nella quale si osserva non solo una raccolta di medaglie greche, romane, e sicule di vario modulo e metallo, ma ancora due belle patere doro. Merita di essere osservato, prima di lasciarlo, il fiume Acragante, oggi chiamato Drago, e le rovine di un ponte sotto il Gamico, che appartenne alla via, che da Agrigento portava ad Eraclea.Naro. Da Favara si può passare a Naro, che è circa 12 miglia lontano da Girgenti, e 8 da Favara. Anche esso fu feudo de Ghiaramontani, e da loro venne fortificato col castello, che ancora si vede. I monumenti antichi sepolcrali, che vi si rinvengono, indicano ivi la esistenza di un antica città, ma quale fosse, è incerto.Favara. Lasciando Girgenti , quattro miglia lontano si trova la Terra della Favara, dove si vede un castello de'bassi tempi, edificato da Federico Chiaramonte verso l'anno 1270.Eraclea, Minoa. Questa città si trova sulla via da Girgenti a Sciàcca sulle sponde del fiume de'Platani già detto Àlico. Essa, chiamata Macara in origine, quindi Minoa, ebbe il nome di Eraclea da Ercole, al quale cadde in potere dopo la sconfitta di Erice. Il nome di Eraclea le fu imposto da Dorieo Lacedemone uno degli Eraclidi, e per distinguerla dalle altre città di questo nome, ebb l'aggiunto di Minoa. Quindi passò sotto il dominio de' Cartaginesi, e de' Romani. Di essa oggi restano poche rovine, che non meritano osservazione.Sciacca. Passata Eraclea, dopo circa venti miglia si giunge a Sciacca città moderna, che si è formata colle rovine della antiche città di questo circondario distrutte, e specialmente con quelle di Selinunte. Ivi sul monte di S. Calogero si veggon le antiche Terme Selinuntine, scavate nella rupe.