LE CITTA' DEL SUD

SALERNO: LA MANCHESTER DELLE DUE SICILIE


Altro che Regno arretrato e assolutista! Il Regno delle Due Sicilie negli ultimi anni della sua sfortunata esistenza fu caratterizzato da un dinamismo economico e culturale che non aveva eguali in tutta l’europa, a tal punto che, verso la metà dell'Ottocento si assiste ad un flusso migratorio dalle città svizzere più importanti, come Ginevra, Neuchâtel, Zurigo e Friborgo verso il Mezzogiorno, dimostrando peraltro la grande capacità attrattiva del Regno borbonica tanto nei confronti dei germanofoni, quanto dei francofoni.La prima ondata migratoria dalla Svizzera verso Napoli avviene tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell'Ottocento ed è di estrazione sociale piuttosto variegata. Molti partono con le famiglie e si trasferiscono nel Regno delle Due Sicilie come imprenditori, banchieri, ma anche come forza lavoro, dando forte impulso ad interi comparti economici delle aree maggiormente produttive, dalle industrie (soprattutto tessili e cotonfici) alle banche, dagli alberghi al commercio. Famiglie come Meuricoffre, Egg, Caflish, Schlaepfer, Vonwiller, Meyer, Corradini, Zollinger, Wenner, von Arx, tanto per citare le più rappresentative, trasferiscono le loro attività produttive a Napoli, Caserta e Salerno attirati da condizioni favorevoli quali l’incondizionato appoggio del governo borbonico, la protezione accordata dall’autorità borbonica all’attività delle imprese laniere e cotoniere locali (con politiche di forti dazi protettivi che metteva i prodotti e le aziende locali al riparo dalla concorrenza degli altri produttori del settore), un felice processo di industrializzazione in atto nelle Due Sicilie, il sostegno del sistema bancario svizzero, l’abbondanza di manodopera locale, la forte richiesta del vasto mercato interno del Regno delle due Sicilie, la grande possibilità di esportazione verso i paesi del bacino del Mediterraneo, ed infine le condizioni climatiche che favorirono la nascita di immense piantagioni di cotone sopratutto intorno all’area vesuviana. Insomma, il Regno delle Due Sicilie, anche per i suoi vasti investimenti in titoli di Stato, rappresentava per gli svizzeri un vero e proprio “paradiso”, una terra baciata dal Sole, nel centro del Mediterraneo e indipendente. E cosi nel giro di qualche decennio, è Giovan Giacomo Egg a diventare il più grande industriale del Regno delle Due Sicilie. Le sue manifatture arrivarono ad occupare oltre 1300 operai, di cui più di trecento ragazze del Real Albergo dei Poveri. E cosi a seguire si assistono alle affermerzioni dei cotonifici di Giovan Giacomo Meyer o meglio la Meyer & Zollinger a Scafati, fondati nel 1825, che arrivarono ad occupare quasi 1200 operai; della Filanda Vonwiller a Salerno sorta nel 1831; della manifattura Schlaepfer, della Wenner & Co. a Fratte e ad Angri  nel 1835; della Filanda Escher-Züblin, poi Fumagalli-Escher & C., pure a Salerno nel 1837, e di tante altre imprese minori.A Salerno, il gruppo tessile è composto dalle società Aselmeyer & C. e Schlaepfer Wenner & C. La famiglia Wenner, in particolare, ebbe un ruolo determinante contribuendo a far crescere ulteriormente l'industria tessile salernitana, tanto che nel 1877 risultavano sul territorio 21 fabbriche tessili con circa 10.000 operai (nello stesso periodo a Torino, città tra le più industrializzate d'Italia, lavoravano in questo settore solo 4000 operai) e alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, ben 12.000 lavoratori, in maniera diretta e nell’indotto.Questo straordinario risultato valse alla città di Salerno l’appellativo di "Manchester delle Due Sicilie" a testimonianza di un processo industriale che generò uno sviluppo accelerato e d’un rilievo tale che prima d’allora non era mai stato conosciuto, e che produsse una forte trasformazione della  stessa articolazione delle classi sociali mutandone, fin nel profondo, fisionomia e identità. Iniziano, così, ad essere rapidamente costruiti grandi capannoni per ospitare nuovi e moderni macchinari e vengono reclutate migliaia e migliaia di lavoratrici e di lavoratori, fino ad allora impiegati in larga parte nel lavoro agricolo o nelle botteghe artigiane, molte dislocate lungo gli argini del fiume Irno, dedite da sempre alla lavorazione della lana. La nascente industria si innesta su una “catena lavorativa” a tipologia prevalentemente artigianale e domiciliare specializzata nella lavorazione del lino, della lana, della canapa, del cotone, che fornisce agli imprenditori Svizzeri, manodopera pronta ad essere addestrata ai nuovi compiti lavorativi della nascente industria. A questo va aggiunto l’abbondanza di acqua, il clima umido e ventilato e la ricchezza di boschi e di foreste (il legno costituiva la principale fonte energetica e da questo veniva estratto il tannino, sostanza utilizzata nell’industria conciaria e nelle tintorie di lana e di cotone), tutti fattori determinanti nella scelta di sviluppare proprio nella valle dell’Irno il polo tessile più grande dell’Italia preunitaria.E si svilippa anche l’indotto con la nascita di piccoli opifici che coesistevano assieme ad imprese siderurgiche, come la Fonderia Fratte, nata nel 1837 in funzione della produzione dei macchinari tessili, o la Fonderia di Vincenzo Pisani, a Sava di Baronissi, dove sarebbero stati fabbricati alcuni pezzi per la linea ferroviaria Napoli-Portici aperta nel 1839 (la gran parte proveniva dal polo siderurgico di Mongiana, in Calabria, chiuso dopo l’annessione del Regno Delle Due Sicilie al nascente Regno d’Italia).Grazie all’utilizzo di macchinari nuovi e potenti, in breve tempo, si iniziarono a ricavare massicce quantità di prodotti disponibili su scala industriale, con una diversificazione dei colori dei panni lavorati tale da essere smerciati oltre i confini del Regno delle Due Sicilie.Purtroppo, dopo il 1860, ovvero dopo l’unità d’Italia, comincia il lento ed inesorabile declino dell’industria tessile salernitana che verrà a mano a mano dismessa per ciniche scelte politiche operate a vantaggio delle imprese concentrate nel Nord del Paese. Inoltre le malversazioni e il clima ostile verso gli stranieri, conseguente all’avvento dello stato unitario, contribuirono a mettere in crisi quel decennale rapporto fiduciario che era esistito tra gli imprenditori svizzeri e l’ex Regno delle Due Sicilie che aveva accettato di ospitarne le imprese. Così Il 25 marzo 1916, in un clima xenofobo, per salvare il polo tessile dalla nazionalizzazione si costituisce la società Cotonifici Riuniti di Salerno, per due terzi sottoscritta dalle famiglie Wenner, Schlaepfer, de Salis. Ma questo non basta perchè il governo fa sequestare con decreto prefettizio i Cotonifici Riuniti che diventeranno, il 15 maggio 1918, di proprietà  della Banca Italiana di Sconto ed assumeranno il nome di Manifatture Cotoniere Meridionali. Si conclude, così, l’avventura degli imprenditori svizzeri nell’area salernitana e nel sud Italia. Nel 1930 le MCM passano al Banco di Napoli e successivamente si susseguono ristrutturazioni, pseudo-salvataggi, interventi di supplenza diretti da parte dello Stato, fino all’ingresso, prima dell’IRI e poi dell’ENI nel Giugno 1970, che precludono ogni ipotesi alternativa allo sbocco rovinoso (senza peraltro attuare l’integrazione tra settore chimico e tessile) cui malinconicamente si giungerà attorno agli anni 80 quando la mano pubblica ed il governo cominceranno a disinvestire a vantaggio dei grandi gruppi privati nazionali del Nord. Basti pensare che già nel 1970, dei 7,6 miliardi di lire previsti per il tessile, solo 0,9 miliardi furono destinati a Salerno, meno di un quarto del totale. Del resto dall’unità d’Italia in poi si è sempre perseguita la scelta di politiche produttive a vantaggio delle realtà del centro nord, e di una contestuale politica di contenimento, assistenziale, per ampie aree del mezzogiorno d’Italia, per la Valle dell’Irno e per la stessa provincia di Salerno.Oggi le Manifatture Cotoniere Meridionali non esistono più, e al posto della grande fabbrica tessile sorgeranno un ipermercato e una galleria commerciale, tre parchi e un museo della produzione tessile, che andrá ad occupare i locali della palazzina liberty, in passato sede degli uffici amministrativi delle cotoniere MCM, ora di proprietá del Comune. Gli ex 250 operai delle MCM sono stati riassorbiti da una nuova fabbrica di pannelli fotovoltaici, di proprietá di Gianni Lettieri, presidente degli industriali di Napoli, che nel luglio del 1995, ha acquisito dall’Eni, a prezzi stracciati, le Manifatture Cotoniere Meridionali di Fratte e di Angri.