LE CITTA' DEL SUD

FEDERALISMO: L'ATTACCO FINALE ALLE PROVINCE MERIDIONALI


Siamo finalmente arrivati al bivio. Il federalisno leghista (o nordista) sta per partire e l’Italia sta per spaccarsi definitivamente. Si, perchè invece di prendere esempio dalla Germania, che in 20 anni ha investito nella parte est per ridurre le differenze tra le due parti, in Italia un partitino del nord, razzista e secessionista, sta per dare la spallata finale al sud. Miopi, pensano egoisticamente di risolvere i “loro” problemi  senza rendersi conto che se sprofonda il sud, sprofonda l’intero paese. Ma quali sono i rischi di questo federalismo partorito al nord e per il nord?Innazitutto gli effetti negativi si avrebbero sull’erogazione dei servizi ai cittadini quali sanità, trasporti, istruzione, servizi a rete ed energia, per finire alla cultura ed alla promozione turistica dei distretti meridionali. Il vero problema e che, non essendoci uno sviluppo economico pari a quello del nord in termini di PIL, il risultato immediato e che si avrebbe una drastica riduzione delle entrate trubutarie nelle regioni meridionali che non saranno più in grado di erogare servizi e garantire posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Sarebbe il tracollo definitivo e a nulla varrebbeero gli immani sforzi che già i nostri comuni stanno facendo per risanare i bilanci tanto da essere considerati, da uno studio promossa dalla Lega del Veneto, addirtitturta più virtuosi di quelli del Nord. Da questo studio, infatti, emergono molti elementi interessanti: per quanto riguarda la «Rigidità strutturale» (la quota di entrate assorbite annualmente dai costi per il personale e gli interessi passivi), emerge che i Comuni laziali hanno il valore più basso nella classifica (20,5%) mentre la maglia nera spetta al Piemonte (39,1%), seguito da Toscana e Umbria. I comuni dell'Abruzzo risultano invece «virtuosi» per quanto riguarda le «Spese di funzionamento procapite» dove la migliore prestazione è ascrivibile alla Puglia (538 euro procapite) ma dove anche gli abruzzesi fanno un'ottima figura stabilizzandosi a quota 587 euro su una media nazionale di 644 euro. E così nonostante la medaglia d'oro per le amministrazioni comunali più virtuose se la sia aggiudicata proprio il Veneto, è da sottolineare il secondo posto della la Puglia seguita da Emilia Romagna e Marche. Ma questo, una volta partito questo federalismo, non sarà sufficiente, e quello che preoccupa ancora di più, in un quadro gia di per se confuso e preoccupante, e la denuncia della procura antimafia  secondo la quale con questo federalismo "si rischia di far vincere definitivamente le mafie nel nostro Paese". A sostenere questa tesi è, in particolare, il Procuratore aggiunto della Direzione nazionale Antimafia, Alberto Cisterna. Organizzazioni criminali come 'ndrangheta, mafia, camorra, secondo Cisterna, hanno sempre meno bisogno di avere referenti politici nazionali. Per le mafie si rivela sempre più strategico e utile per i propri fini il condizionamento e il controllo di amministratori locali. Secondo Cisterna con il federalismo fiscale e il trasferimento di poteri a livello locale si accorcia ancora di più la catena dei controlli e "in particolare al Sud, si rischia di portare a un passo dalle organizzazioni criminali" i centri di controllo della spesa pubblica. Tanto maggiore sarà il trasferimento dei poteri dal centro a livello locale, come si propone il federalismo leghista, tanto più elevato sarà il rischio che le organizzazioni criminali possano trarne vantaggi. Come, già abbiamo scritto, in precedenti post sul tema, il federalismo da solo non può risolvere i mali del paese, anche perchè verrebbe applicato in ritardo, a cose già compiute. E’ come se volessimo riparare il foro di una ruota in movimento: è impossibile. Il federalismo, o meglio l’”autonomismo” dorsiano sarebbe stato utile all’inizio, quando le economie dei vari stati si eguagliavano fra di loro per prodotto interno lordo, prima, cioè che la conquista piemontese distruggesse l’economia meridionale e consegnasse il sud nelle mani della criminalità oranizzata (dallo stato), quale utile strumento per realizzare il vero obiettivo di questa unità e cioè fare in modo che al sud non fosse più i gadi di “intraprendere”. Rendere, in poche parole, le province meridionali una colonia del Nord. E a tal proposito è utile ricordare quanto affermò il conte piemontese Bianco di Saint Joroiz, Capitano nel Corpo di Stato Maggiore Generale, che partecipò al massacro delle popolazioni del Regno delle due Sicilie: “il 1860 trovò questo popolo del 1859, vestito, calzato, industrie, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia, tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto. La pubblica istruzione era fino al 1859 gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso veruna cattedra scientifica. Nobili e plebei, ricchi e poveri, qui tutti aspirano, meno qualche onorevole eccezione, ad una prossima restaurazione borbonica”.Oggi è troppo tardi, il divario tra le due parti del paese è talmente grande (il PIL delle regioni del sud è la meta di quelle del nord) che nessuna “pezza” può rimettere le cose a posto, farle ritornare, in termini di produttività, a quella parità che è esistita fino al 1860. Quali sarebbero allora i presupposti che permetterebbero al sud di sviluppare una sua economia? Basterebbe solo essere “virtuosi” sulla spesa pubblica per rimettere i conti in pari, quando il vero problema è il rilancio economico del mezzogiorno e la creazione di posti di lavoro tali da frenare l’emorraggia dell’emigrazione che dura da 150 anni? Il federalismo dà solo l’illusione di uno stato non più centralista, ma le decisioni importanti che riguardano lo sviluppo economico del paese, e quindi occupazionale, continuerebbero ad essere prese nelle stese stanze e dalle stesse persone che non permetteranno mai al meridione di uscire dalla sua condizione di subalternità. La vera via d’uscita per sud è quella profetizatta da Guido Dorso più di 80 anni fà, e cioè quella dell’autonomismo, ovvero quel sistema di lotta esclusivamente politico che non deve confondersi con il federalismo e con il regionalismo, che sono concezioni che eccedono il campo politico sconfinando sul terreno costituzionale od istituzionale. L’ autonomismo, secondo Dorso, ”non è ne paticolarismo nè separatismo. E’ invece una dottrina politica diretta a raggiungere una più intima e profonda unità. Sotto questo profilo è anzi l’inica corrente che continui idealisticamente la tradizione del Risorgimento e soltanto i ladri del nord, ed i loro manutengoli politici e giornalistici, potrebbero in malinconici accessi atrabiliari negare questa verità”. E ancora prosegue: “solo dove gli uomini hanno molto sofferto e si sono continuamente domandati se vivevano in uno Stato o in una colonia, è possibile concepire concretamente una “rivoluzione” statale. Impostando l’azione contro lo Stato, noi imposteremo finalmente la lotta contro le classi trasformistiche del sud, che non potranno non essere travolte nella rovina delle loro infinite colpe”.