Creato da lehah il 01/05/2012

Diario virtuale

di Pensieri Scarsi e Sparsi

 

 

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Radicale ostentazione dettata da un’imponente sopraffazione traboccante

Post n°6 pubblicato il 07 Maggio 2012 da lehah

Si riporta che la violenza maschile sia in grado di uccidere più del cancro, per diventare una pratica sempre più esponenziale e pericolosamente dilagante, munendo al gravissimo problema incapacità di soluzione e lasciandolo accartocciato nel drappo della reticenza tollerante.

La storia e i fatti ci rammentano quotidianamente i modi e le tattiche usate con l’unico scopo di seviziare e asservire le donne a una supremazia maschile generata sin dalla notte dei tempi, e che attraversa ogni cultura e che stenta a diminuire.

Non entrano in gioco il livello sociale e culturale di appartenenza su una consuetudine violenta che ambisce all’unico scopo della distruzione psicologia, fisica, istituzionale e simbolica della donna.

Vi è un sistematico disorientamento maschile a renderli deboli. Depauperati del loro potere di autorità, che personifica l’appartenenza alla loro di “ specie “   si arma dell’espediente della violenza come strumento  per assoggettare le donne, dettato dalla  paura incontrollabile di poterne perdere il dominio.

L’ego maschile se decade non ammette disfatte e basta un diniego e spesso degenera nella direzione dell’irrefrenabile impulso di fare male a una donna che considera sua per sempre, temendone l’abbandono. La paura di perdere il totale controllo sulla propria donna, che afferma di amare, di un sentimento che è disprezzo lo induce persino a commettere il più aberrante dei reati: uccidere.

Non si giustificano comportamenti malvagi, non sono accettabili, sono da deprecare. Serve un’adesione di consapevolezza collettiva contro ogni forma di abuso perpetrato si danni delle donne.

 

[Pur tuttavia, non mi presto a condividere i modi e le pene che la giustizia è incapace di infliggere a individui che non si pregiano la facoltà di essere definiti uomini. Nei loro confronti riserverei un trattamento tutto personalizzato nel quale l’essere immondo è sistemato lungo il confine di un muro, privato dei suoi abiti, con i polsi legati dietro la schiena per essere poi impalato e lasciato morire]

Trovate il mio pensiero di giustizia troppo radicale?

Liberi di pensarlo.

Peraltro, non dimentichiamoci delle vittime per favore, che vivono nel silenzio delle loro clandestinità sottomesse ai loro carnefici, i quali si mostrano al mondo indossando l’abito del perbenismo, ma che nelle mura domestiche si spogliano del loro costume che contiene tutto il sapore della crudele violenza.  

 
 
 
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