Eppure, benché spossata e priva
di sentimento, a contemplare la meraviglia di quel volto divino, ella
sentì rianimarsi. Vide la testa bionda e la bella chioma stillante
ambrosia e il candido collo e le rosee guance, i bei riccioli sparsi
sul petto e sulle spalle, al cui abbagliante splendore il lume stesso
della lucerna impallidiva; sulle spalle dell’alato iddio il candore
smagliante delle penne umide di rugiada e benché l’ali fossero immote,
le ultime piume, le più leggere e morbide, vibravano irrequiete come
percorse da un palpito. Tutto il resto del corpo era così liscio e
lucente, così bello che Venere non poteva davvero pentirsi d’averlo
generato. Ai piedi del letto erano l’arco, la faretra e le frecce, le
armi benigne di così grande dio.
Psiche non la smetteva più di guardare le armi dello sposo: con
insaziabile curiosità le toccava, le ammirava, tolse perfino una
freccia dalla faretra per provarne sul pollice l’acutezza ma per la
pressione un po’ troppo brusca della mano tremante la punta penetrò in
profondità e piccole gocce di roseo sangue apparvero a fior di pelle.
Fu così che l’innocente Psiche, senza accorgersene, s’innamorò di
Amore. E subito arse di desiderio per lui e gli si abbandonò sopra e
con le labbra schiuse per il piacere, di furia, temendo che si
destasse, cominciò a baciarlo tutto con baci lunghi e lascivi."
(Apuleio, La favola di Amore & Psiche)
Inviato da: hammer1978
il 15/12/2007 alle 20:26