Creato da MirtilloGirl il 11/09/2006
quando qualcosa comincia, comincia a finire (a.g. pinketts)

marmellata di mirtilli

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ZeldaMater

Post n°83 pubblicato il 29 Gennaio 2007 da MirtilloGirl
 

Vi è un luogo, tra i luoghi e i non luoghi, ai confini del Sempre, sotto le pendici del Mai, bagnato dall'Oceano delle Profondità, in cui ho veduto la più singolare popolazione di cui i libri di storia tacciono da millenni. Così come ne tacciono i libri di economia, quelli di antropologia, e persino quelli di fotografia.
Ne scrisse qualche poeta, e la sua parola fu presa per metafora; ne scrisse un viaggiatore, e la sua parola fu presa per romanzo; ne scrisse, mi pare, anche un professore, e la sua parola fu presa per ipotesi.
Ora io prendo il coraggio a tre mani, e ne scrivo, dimodochè qualcuno, un giorno, riprendendo in mano il discorso, dirà: "ne scrisse anche una tizia, LEtizia, e la sua parola non fu affatto presa".

Nella tribù di Zelda Mater, il sole ogni giorno sorge e ogni sera tramonta, come in tutto il resto del pianeta. Solo che qui, non dico sempre, ma quasi, gli abitanti si ricordano di salutarlo, al mattino, con una sinuosa breve danza attraverso cui si riempiono i pori della pelle di quets'energia viva e gioiosa che li circonda. Non si tratta di un rito, chè troppo facilmente i riti diventano ignoranti ripetizioni, e nella tribù di Zelda Mater questo lo hanno capito. Ma capita che un abitante al mattino si svegli, e si stupisca della generosità della luce, e allora sorrida e cominci la danza. Il suo vicino lo vede, e ne comincia un'altra. E magari altri vicini vedono, ma qualcuno non ha tempo o voglia di danzare e passa oltre, non ci sono mica obblighi.
Nella tribù di Zelda Mater gli obblighi non sono stati aboliti. Perchè l'abolizione prevederebbe una legge, e oddio non parlate di leggi agli abitanti di Zelda Mater perchè è l'unica cosa che li fa veramente incazzare. Possiedono infatti, per scelta ponderata, un codice legislativo molto rudimentale, sul quale si basa tutto il loro sistema sociale e civile. Tale codice è racchiuso in una sola unica frase, che solo gli abitanti di Zelda Mater conoscono, ed è necessario averne la cittadinanza per poterne venire a conoscenza. Il poeta, in tempi lontani, fu cittadino di Zelda Mater, e tra i suoi versi riportò più e più volte il codice in questione, ma il verso fu preso per allegoria, e debitamente chiosato dai filologi e annotatori-a-piè-di-pagina.
La tribù di Zelda Mater ha un capo: ogni primavera il capo viene eletto, sorteggiando il suo nome tra quelli di tutti i cittadini. E quando dico tutti, intendo proprio tutti: uomini, anziani, donne, bambini. Quando un bambino è chiamato a governare Zelda Mater, naturalmente riceve l'appoggio e il consiglio incondizionato di tutti i cittadini, pertanto in quell'anno succede che in realtà tutti governino Zelda Mater. Anche se l'ultima parola spetta sempre al capo. Fosse anche "pappa", quell'ultima parola.
Il rispetto per l'autorità, mal si concilia forse con l'idea di mancanza di legge di cui poc'anzi si trattava. Di rispetto in senso lato si dovrebbe parlare, e questo concetto è più facilmente comprensibile se si considera il funzionamento del sistema produttivo di Zelda Mater. Anzitutto, non vi è un sistema. Difficile è cercare nei meandri della nostra lingua un concetto che si avvicini a ciò che avviene in Zelda Mater. Una parola che stia a metà tra caos e regola, tra assenza, leggerezza e responsabilità. Se il calzolaio per qualche tempo ha voglia di zappare la terra all'aria aperta, ci sarà sempre qualcuno che sarà disposto a chiudersi nella bottega e fare il calzolaio in quel periodo di tempo. Non è che tutti sappiano fare tutto, è che tutti pensano di poter fare tutto. Così nessuno ha mai davvero la responsabilità di nulla, e se una scarpa si rompe nessuno può dire “è colpa del calzolaio”, perché gli si risponderebbe “ma quale calzolaio?”.
Non è dunque un sistema, né tantomeno produttivo: questo lo si comprende anche esplorando i confini di Zelda Mater. Il territorio annesso alla tribù è quello necessario alla coltivazione, al pascolo e allo stanziamento. Nemmento un ettaro in più. Nemmeno in meno, se è per quello. Non pare che qualcuno sia interessato ad una qualche idea di abbondanza: non conosco bene la lingua di Zelda Mater, ma mi pare che non esistano parole come ‘ricchezza’, ‘povertà’, ‘agente immobiliare’. Più volte mi sono chiesta se circoli moneta all'interno della tribù, ma non ho mai avuto modo di appurarlo.
Gli abitanti di Zelda Mater non sono sempre vestiti. A volte lo sono. Alcuni. Altre volte quegli stessi non lo sono. La nudità non provoca alcuno sconcerto tra gli abitanti della tribù, provocò più sconcerto il mio jeans a vita bassa a filo di pelo, che ricordo venne guardato con un misto di tolleranza e rassegnazione. Ho cercato di comprendere in cosa consistessero i richiami sessuali all’interno della tribù, dato che era evidente che essi non fossero presenti nella semplice nudità. Non l’ho capito. In compenso ho constatato che vige un’idea di monogamia molto singolare. Piccoli nuclei famigliari, l’uno diverso dall’altro. Le persone si legano attraverso un nodo affettivo che essi chiamano con una parola che viene usata anche in botanica, ad indicare le prime gemme primaverili.  Vi sono legami stretti, e legami più larghi e comodi: una “gemma” stretta è quella che per noi è l’innamoramento tra un uomo e una donna, una “gemma” larga è quella che per noi è una comune amicizia. (Come se fosse comune, poi, l’amicizia.) La singolarità sta nel fatto che ogni persona può allo stesso tempo stringere più d’una “gemma” stretta, e tale persona è considerata benedetta e generosa. Certo è che più “gemme” strette si stringono e più abbondantemente bisogna essere in grado di offrire e di offrirsi, dal momento che una “gemma” stretta non dovrebbe mai giungere a scivolare nella larghezza dell’altro tipo di parentela. Ma questo talvolta accade, e ho potuto constatare che in quei casi il rapporto viene chiamato con un altro nome, anch’esso usato in botanica, che sta ad indicare le radici degli alberi da frutto.immagine

Queste poche e frammentarie informazioni sono tutto ciò che ho appreso della tribù di Zelda Mater, nel breve tempo che vi trascorsi. Nel rimestare fra i miei appunti di quei giorni, mi sono più volte chiesta perché in fin dei conti io non abbia provato a chiedere la cittadinanza in quel luogo. Forse è tempo che ci pensi. Non foss’altro che per sapere quale accidenti sia la frase che racchiude il codice legislativo di un posto simile.

 

 

 

 

 

Immagine: L. Alma Tadema, Le terme di Caracalla

 
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Rispondi al commento:
registrami2
registrami2 il 29/01/07 alle 01:36 via WEB
Ci ho preso?!?!?! E allora... ma vieni... ma chi sono eh... ma quante ne so... ma soprattutto... ma quanto ne penso;)
 
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