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Il fantasma dei natali passati.
E un dubbio, anzi più che un dubbio è la certezza di non ricordare e quindi il dubbio è la domanda.
Mamma morì il 24 ottobre ed avevo 13 anni. Dopo stavo con zia Maria e zio Gianni un po’ nella casa di Milano, grigia di nebbia, e un po’ in quella di Sanremo, luminosa di mare. Arrivò dicembre ed andai in Sicilia, dalla Nonna. E qui arrivano i non ricordo e non so perché proprio stasera mi sono incagliata su questi pensieri e non ne esco.
Ma poi? non ricordo il viaggio per andare in Sicilia. In treno? In aereo? Chi ci venne a prendere a Catania? Penso fosse in treno perché l’aereo me lo ricorderei, credo o forse no. Non so.
Ricordo bene mia zia Maria nella casa della Nonna.
Nella grande cucina, che sapeva di fumo, di carbone e pane, mandorle e pomodoro secco.
Nella stanza, quella che era di papà, col balcone affacciato sulla piazza di palme e oleandri, di fronte alla chiesa di San Giovanni, dove mi stava vicina a farmi carezze finché non mi addormentavo, perché avevo paura del buio e delle macchie sul soffitto.
Nelle visite ai parenti che piangevano mentre mi abbracciavano.
Ma poi? non ricordo. La zia tornò a Sanremo per non lasciare troppo solo lo zio Gianni ed io restai ancora dalla Nonna, con i cuginetti e tutti i parenti che inventavano feste e gite per farmi stare allegra.
Ma poi? non ricordo. Come sono tornata al nord? Con chi ho viaggiato? e come? e non erano certo tempi che una ragazzina di 13 anni poteva viaggiare sola. E chi mi può raccontare cosa è successo? Chi è ancora vivo per regalarmi questo ricordo che non ho più? Forse mia cugina Maria che non sento da anni? Forse la zia Melina a cui non ho mai telefonato? Forse lo zio Arcangelo, il Professore, suo marito?
Ma quello che mi spaventa, tanto, è perché stasera mentre mi guardavo allo specchio dopo essermi lavata la faccia mi sono chiesta “ma come ho fatto a tornare dalla Sicilia quarantasette anni fa?”. Che senso ha farsi una domanda del genere? e rimanere incagliata tutta sera a pensarci e rompere il muro di silenzio che mi separava dalla scrittura per l’esigenza insopprimibile di mettere in parole questo guazzabuglio di dubbi, domande, dubbi, domande?
Forse avrei bisogno di un buon strizzacervelli.
Comunque. Buon natale.
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DA LEGGERE
Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)
" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......
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