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« Filippa Filippazzi | Messaggio #341 » |
Post N° 340
Annoiata e stanca e intorno sento le solite tiritere,
sarà la primavera,
sarà il primo caldo,
sarà l’ora legale,
sarà che non ci sono più le stagioni di una volta,
sarà che gli anni passano,
sarà che non si può stare bene con ieri caldo e oggi freddo,
sarà che…
andate affanculo che ne ho fin qui e oltre di sentire spiegazioni ridicole per quanto di più normale ci sia al mondo.
Mi sento sempre più appollaiata sul trespolo a becchettare, indifferente ai moti ondosi di un’umanità che non capisco in che lingua parla.
Ecchecazzo, è normale che l’umore, proprio come il clima, non sia una linea piatta che va dal mattino alla sera e dalla sera al mattino con sempre lo stesso sorrisetto stirato addosso.
È normale svegliarmi cattiva e ringhiosa e guai a chi mi parla se prima non ho bevuto un bicchiere di acqua gelida di frigo e un caffè, senza zucchero, tanto e bollente, esattamente in quest’ordine.
Dopo divento un angelo sfavillante allegria e dispensatrice di sorrisi, risate e buona giornata mondo.
Dopo un’ora di ufficio, cioè verso le dieci è normale che abbia già le palle appoggiate al pavimento perché pesano troppo a tenerle addosso.
E così di seguito, normalmente altalenando, incazzature furibonde, risate e discorsi simpatici e interessanti, morsi alla lingua per non mandare dove so solo io i decerebrati dei miei colleghi, pace e sorriso nelle mie fumatine sul davanzale a guardare il mio “colle dell’infinito”, colpi di sonno da addormentarmi secca davanti al monitor leggendo l’ennesima circolare esplicativa della circolare esplicativa del decreto di attuazione della legge che non mi ricordo nemmeno più che legge sia.
È normale che, dopo nove/dieci ore di ufficio, il mio umore sia simile ad una sogliola dell’Adriatico pescata da un mese, in avanzato stato di decomposizione e puzzolente da schifo.
È normale che, nel giro di mezz’ora da quando apro la porta di casa e dopo una doccia bollente e olio spalmato sulla pelle, la mia adrenalina torni a livelli abituali e ascoltando Limon Y Sal, che passa su MTV, mi metta a ballare mentre preparo la cena.
È assolutamente normale, dopo avere riordinato, guardato un po’ di nulla alla televisione, girovagato su internet, scritto qualche stupidata, verso l’una di notte, affacciandomi al balcone, perdermi nel cielo e nell’infinito ed essere assalita dai morsi rabbiosi dell’inquietudine.
È normale che sulla sedia di fronte a me si sieda la mia amica Insonnia e mi tenga compagnia per un po’ bevendo acqua amara e facendomi tirare fuori quei brandelli sfilacciati che tengo ben nascosti durante il giorno.
È normale che il Sonno mi aggredisca improvviso e mi faccia precipitare nel buio dell’annullamento di tutto, come se cancellasse.
È normale.
Almeno, per me lo è.
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DA LEGGERE
Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)
" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......
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