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« Messaggio #353Gli "incipit" »

Post N° 354

Post n°354 pubblicato il 27 Maggio 2007 da liberante

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E con un colpo di pinna posso salire in superficie.

Non che stare sottacqua mi faccia male, anzi dovrebbe essere il mio habitat naturale.
Dovrei star bene, tra la sabbia del fondo e i sassi, nei boschi di alghe, nelle grotte tra piccole conchiglie e triglie rosse, dovrei starci benissimo.
Ma ci sono dei giorni che mi assale questa smania di aria, di bucare la superficie piatta e sentire la luce invadere gli occhi.

E con un colpo di pinna salgo in superficie.

Non è faticoso, è un gesto naturale, credo il mio corpo lo faccia per un ordine inavvertito del cervello che risponde ad un mio desiderio silenzioso.
Non so bene cosa scateni la sequenza, desiderio, movimento, colpo di pinna.
Forse laggiù sul fondo c’è troppa quiete e perfino i predatori, quelli cattivi, se ne sono andati e con loro l’adrenalina della paura e della fuga.
Forse invecchio e ogni granello di sabbia è un ricordo e anche se cerco di scavare sabbia nuova è sempre troppo simile a quella che sposto.
Forse è tutto troppo fermo, nemmeno una corrente e il muoversi delle alghe è lento e ipnotico.
Qui sopra c’è quello che mi manca, l’aria.
E il sole.
Il caldo che scalda l’acqua e il vento che muove le onde.
Nuoto sotto il pelo dell’acqua e se guardo in basso vedo con distaccata indifferenza quello che ho lasciato.
Non voglio scendere di nuovo.
Voglio restare qui sopra.
Ogni tanto mettere fuori la testa, nuotare piano e sulle squame il tiepido calore.
La notte non è nera, permane una luminosità diffusa e poi ci sono le stelle nel cielo e a volte la luna e quando c’è lei perfino i miei colori cambiano, diventano lucenti come la sua scia sull’acqua.
So che non devo restare per molto.
So che è pericoloso, ci sono le barche e i pescatori, potrei morire.
Resto ancora per un po’, sotto il pelo dell’acqua, è troppo bello questo cielo chiaro e il rumore spumoso delle onde, e se morirò tritato da un’elica o accalappiato da una rete sarà sempre meglio che morire di nulla tra la sabbia dei ricordi ed il buio delle grotte.

E con un colpo di pinna resto in superficie.

 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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