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Post N° 262

Post n°262 pubblicato il 25 Settembre 2006 da liberante

La Certosa di San Martino.
Non ho la competenza, né la cultura necessaria per parlare della storia e dell’arte. Loro l’hanno fatto molto meglio di quello che potrei fare io
con le parole
e con le immagini.
Quello che posso raccontare sono le emozioni. E questo luogo me ne ha regalate molte e molto intense.
Ho una particolare passione per i monasteri, le abbazie, i conventi. Per quei microcosmi dove il tempo era scandito dalla preghiera e dal lavoro. E preghiera e lavoro si fondevano con l’arte e la cultura. Da quando ho letto “Il nome della rosa” anche con l’intrigo e il mistero.
Ho sempre pensato che il vero centro di questi mondi non fosse la chiesa. Anzi la chiesa l’ho sempre sentita troppo pubblica, troppo materiale, un po’ come la vetrina del negozio.
Il vero centro per me è il chiostro.
Nel chiostro convergono tutti gli spazi e dal chiostro si irradiano le linee di energia.
Quello della Certosa di San Martino ha scardinato la mia idea di chiostro.
Tutti quelli che avevo visto erano chiusi e delimitati, come una preghiera sommessa. Erano spazi raccolti intorno a giardini ben curati con una fontanella al centro o un pozzo. Dove la luce entrava timida disegnando ombre profonde in cui potevo immaginare figure intente ad attente letture dei testi sacri. Dove la meditazione era estasi e sofferenza e la solitudine era la compagnia abituale.
Qui è esattamente l’opposto.
Il chiostro è un grande quadrato di luce.
Il porticato non chiude né racchiude, ma dilata e approfondisce.
La prima impressione è stata di un ampio respiro, liberatorio e catartico.
Dopo la bellezza soffocante e splendente del barocco della chiesa il rigore spoglio di questo quadrato grande e aperto è come liberarsi da un peso sulle spalle.
Pochi alberi.
L’erba verde delle aiuole.
Il piccolo spazio del cimitero dei monaci, un quadrato all’interno del quadrato circoscritto dal bianco marmo e dai teschi coronati di alloro che non fanno paura né ribrezzo.

Il pozzo grande al centro.
L’acqua che mormora rapida rimbombando.
Ma soprattutto la luce.
Quello che mi ha colpito accecandomi è stata la luminosità.
Ho immaginato che i monaci a gruppetti passeggiassero ridendo e parlando.
Magari giocavano a palla
e cantavano.
Si sedevano sull’erba e leggevano ad alta voce.
Il misticismo cupo e triste non era di questo convento. Qui la religione era la gioia di vita e non l’attesa della morte.
Ho visto la giovane ragazza inglese accompagnata dalla zia zitella che nei primi anni del secolo scorso faceva Le Grand Tour affacciarsi ridendo al pozzo e chiedere se poteva gettare una monetina. Ho invidiato lo sguardo di aperta ammirazione del guaglioncello che sbirciava nella scollatura e il rossore che colorava le guance della ragazza. Ho sentito la risata cristallina e il rimbrotto noioso della zia e la calda voce dell’uomo.
Mi sono raccontata le storie che avevano camminato su quelle pietre e forse qualcuno era inciampato esattamente dove ero inciampata io.
Il cielo sopra quel chiostro è stato l’affresco più bello.

 
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Commenti al Post:
pro_mos
pro_mos il 25/09/06 alle 23:26 via WEB
grazie. piove qui fuori. mi è piaciuto leggerti così, con l'acqua che batte sulla strada
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liberante
liberante il 27/09/06 alle 22:47 via WEB
stanotte è limpida e ha odore dell'inverno che verrà, anche se rimpiango il profuno penetrante ed estenuato della zagara della tua/mia Isola.
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 26/09/06 alle 12:30 via WEB
"Il chiostro è un grande quadrato di luce.." C'est beau. Perchè hai capito quello che mi piace dell'arte, sì, anche della vanitas e dei teschi, anche della chiesa sovraccarica di marmi, stucchi, dorature: è che in qualche modo *apre uno spazio*, l'opera sembra occuparlo, riempirlo e invece lo svuota, lo apre. Per te. E tu ti senti rapito e libero... e questo per me è il vero miracolo, e la fede nel visibile è la vera fede. Un caro saluto Gianrico
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 27/09/06 alle 22:52 via WEB
l'emozione mi ha fatto volare e quindi mi ha reso libera e quando succede è un momento magico, indipendente da dove sono. certo che luoghi come la Certosa ti entrano dentro e anche solo il ricordo è incanto.
(Rispondi)
 
ammutinata_di_cuore
ammutinata_di_cuore il 26/09/06 alle 18:48 via WEB
Se mi avessi detto che eri dalle mie parti...io abito a due passi dalla Certosa...
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 27/09/06 alle 22:53 via WEB
e poi dicono che il mondo è "grande"...sarà per la prossima volta!
(Rispondi)
 
bluwarrior
bluwarrior il 27/09/06 alle 20:14 via WEB
non tutti sanno dove stanno posando i piedi...brava.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 27/09/06 alle 22:53 via WEB
nemeno io! che inciampo perchè ho sempre il naso all'aria a vedere oltre i tetti...
(Rispondi)
 
clodclod
clodclod il 03/10/06 alle 00:21 via WEB
Eccezionale, per il 'cosa' e per il 'come' della descrizione: gli occhi,la sensibilità, le parole scelte da chi scrive, mi portano proprio lì, nella luce e nel verde di un chiostro dove non c'è nè Paura della morte, nè idea di Penitenza. (...Liberante ha ...liberato un luogo da catene medievali.. e libererà luoghi anche + avanti...) baci.
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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