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« Messaggio #342Filippa Filippazzi »

Post N° 343

Post n°343 pubblicato il 27 Aprile 2007 da liberante

Lui era sempre seduto sullo stesso gradino   
della stessa uscita della stessa fermata della metropolitana e per Elisabetta era più o meno alla stessa ora, quella in cui usciva dall’ufficio e poi arrivava al capolinea, dove prendeva un autobus per arrivare fino a casa.

Lui non chiedeva elemosina e nessuno gliene faceva.

Non parlava e quasi non si muoveva.

D’inverno si avvolgeva in una coperta grigia, d’estate indossava una maglietta con le maniche lunghe, grigia anch’essa, e non capivi se il grigio era un colore oppure un non colore dovuto all’uso e alla trascuratezza.

Lui aveva radi capelli biondi, stranamente soffici e puliti, che stonavano sul viso scarno, scurito dalla barba e dai segni dei brutti tempi passati.

Elisabetta non ricordava da quando quella figura rannicchiata sul gradino e con le spalle appoggiate al muro era entrata nella sua vita come una delle tante abitudini con cui riempiva la sua giornata per avere certezza di sé.

Elisabetta non ricordava, però sapeva che per cinque giorni alla settimana l’avrebbe visto e poi di nuovo al lunedì.

Elisabetta non ricordava da quando aveva incrociato lo sguardo sconosciuto ed aveva visto il colore chiaro dei suoi occhi.

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Non era azzurro, blu, verde, grigio, non era un colore, era un’impressione di chiarezza, di nitore, di luminosità.

Dissonante, come la morbidezza dei capelli.

Elisabetta rallentava il passo quando iniziava a salire la rampa che l’avrebbe portata all’uscita.

Arrivava davanti a lui quasi ferma e si fermava per trovare lo sguardo conosciuto di quello sconosciuto che se non ci fosse stato, sarebbe stato una mancanza.

Lui la vedeva da quando iniziava a salire i gradini e ne seguiva i passi fino a che gli arrivava davanti.

Lui la guardava, piccola e ordinata, un pezzo di quella vita che avrebbe potuto avere e non aveva voluto.

Elisabetta entrava in quello sguardo con la sua insicurezza e sorrideva sicura che anche domani lui ci sarebbe stato.

Elisabetta affrettava il passo e usciva quasi correndo per prendere l’autobus che l’avrebbe portata a casa.

Lui la seguiva con i suoi occhi sereni e puliti e non visto da lei sorrideva, alzando la mano magra, come in un saluto.

Quella sera Elisabetta, arrivata in cima alla scala, si girò di scatto per rivedere la limpidezza del suo sguardo e restò ferma e stupita a vedere il suo sorriso e quel gesto con la mano, come una carezza al suo passaggio.

Quella sera Elisabetta scese di nuovo i gradini e si sedette accanto a lui.

A parlare.

 
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Commenti al Post:
cinzia63
cinzia63 il 27/04/07 alle 00:29 via WEB
mi sono persa in questa favola della sera, dolce, sussurrata piano, che si svolge tutta dentro quel paio di occhi bluverdegrigio. Lo sai che gli occhi sanno parlare? non fanno rumore ma dicono molto, come i silenzi, come i gesti, come quella specie di contatto che si stabilisce fra le persone, anche senza un gradino dove potersi sedere a parlare. mi ritornano alla mente pensieri, il mio uomo dei nomi e qualcosa d’altro troppo mio, mi ricorda anche di me, quando ho incrociato gli occhi tuoi, e mi sono seduta sul tuo gradino...
a parlare.
da lì in poi, ti ho sognata...
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:30 via WEB
Lo sai, te l'ho detto oggi, dopo aver scritto questa storia mi è venuto in mente il tuo Uomo Dei Nomi e il vecchietto che vedevo sempre alla fermata della metropolitana quando ero troppo giovane e vuota per capire l'importanza di uno sguardo, e il fatto di trovarlo sempre nello stesso posto era solo il segnale che ero in orario su tutti i miei futili impegni. Forse se mi fossi fermata a parlargli avrei capito da lui quel qualcosa di me che mi è sempre sfuggito.
(Rispondi)
 
JON.L
JON.L il 27/04/07 alle 11:10 via WEB
SI COMPRENDO... c'è stato un tempo in cui spesso per la mia città incontravo un vecchio, sempre elegante, capelli candidi ed occhi intensi, era quasi sempre in una zona dove finisce il paese ed inizia la salita verso un viale della rimembrana, in quel periodo ero giovane e frequentavo un ragazza, era divenuto un rito incontrare quell'anziano signore, ogni volta che ci si incontrava aveva un sorriso, ma ho notato che comunque fosse egli era sorridente, piegato da un lato percorreva quel viale ogni giorno... questo è accaduto per diversi anni e più di qualche volta avrei voluto fermermi a parlargli, assieme alla mia compagna, ma quasi sempre ci si incontrava di passaggio casualmente e presi da mille cose.. era davvero divenuto un rito e spesso ci si sfidava con lei nel dire: oggi lo incontreremo ad un certo punto, puntualmente appariva, sempre più piegato fin quasi a creare imbarazzo e dispiacere, nel vederlo in quella condizione, ma il sorriso era sempre impresso e mi rimane vivido il ricordo di quel volto sereno quei capelli candidi e quegli occhi luminosi... Poi ad un certo punto, dopo diversi anni è scomparso, più volte abbiamo chiesto in giro e domandato che fine avesse fatto, ma è scomparso nel nulla come è apparso; forse sarà morto, forse avrà cambiato casa, sta di fatto che non lo abbiamo più rivisto, ma è rimasto fissato nel nostro cuore. Ora quella ragazza è mia moglie ed ogni tanto percorrendo quel viale ci ritorna alla mente quell'uomo, come fosse una presenza, quel volto, il suo corpo piegato e ugualmente elegante, i sui capelli e il sorriso dei suoi occhi...
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:33 via WEB
Grazie, che meraviglioso ricordo della tua vita mi hai regalato! E la cosa che mi ha più riempito di commossa emozione è quella ragazza che ora è tua moglie e ricorda con te quel vecchio curvo, sempre più curvo...
(Rispondi)
 
 
 
JON.L
JON.L il 29/04/07 alle 10:28 via WEB
Grazie a te x la tua semplice onstà ed umanità; le cose di questo mondo si ripetono in un ciclo perpetuo, dove ogni azione si ripropone di continuo con nuovi attori nel continuo rinnovarsi dinamico della vita stessa, come fosse un film che gira di continuo sullo schermo ed a ogni proiezione cambiano gli attori e si modificano quà e la i posti ed i luoghi, che fondalmentalmente rimangono gli stessi ed ogni evento e /o situazione tende a riproporsi, sempre nuova, ma in fondo sempre uguale...
(Rispondi)
 
 
 
 
liberante
liberante il 29/04/07 alle 23:21 via WEB
D'altra parte, se ci pensi, il cerchio è la figura perfetta, senza inizio e senza fine...
(Rispondi)
 
lughe_sarda
lughe_sarda il 27/04/07 alle 17:46 via WEB
quanto mi piace il tuo modo delicato di raccontare soffermandoti in quei dettagli che danno consistenza, ai volti, agli sguardi.. per un attimo ero lì a vivere l'emozione di qualcosa che nasce nella semplicità di chi guarda oltre ciò che vede.. riavvolgo il "nastro" perchè le sensazioni che lasci scaldano l'anima.. Ti abbraccio
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 02:39 via WEB
Le mie sono storielle, nate da una fantasia o da un sogno ad occhi aperti, e se riescono a scaldare la tua anima bella ne sono contenta. Ti sorrido con un forte abbraccio.
(Rispondi)
 
Vincanto_Editions
Vincanto_Editions il 27/04/07 alle 22:36 via WEB
si a parlare, finalmente. E magari lui le avrà raccontato di una ragazza "..seduta sempre sullo stesso gradino della stessa uscita della stessa fermata della metropolitana...".... beh, il resto lo puoi immaginare, o preziosa....
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:35 via WEB
..di cui si era innamorato perdutamente e che se ne era volata via all'improvviso lasciandolo solo e lui tornava sempre sullo stesso gradino della stessa uscita della stessa fermata della metropolitana per ritrovare l'amore di tutta una vita...
(Rispondi)
 
annisexanta
annisexanta il 27/04/07 alle 23:17 via WEB
Ah, erano queste le scale di cui parlavi,ieri nn capivo,ero fermo alla luna :°(
(Rispondi)
 
 
krossover
krossover il 27/04/07 alle 23:41 via WEB
..ho messo sottofondo..sempre delizie i tuoi Post... dovrebbero esserci tante Elisabette.. :-) un bacio Cut
(Rispondi)
 
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:38 via WEB
Dovrebbe esserci sempre un momento per fermarsi, come Elisabetta, e parlare, per capire.
Un bacio anche a te ManiDiForbice...
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:36 via WEB
Sì, scale e sguardi e sorrisi, a volte capita che ci sia una strana empatia nelle parole che diciamo...
(Rispondi)
 
VegaLyrae
VegaLyrae il 28/04/07 alle 00:22 via WEB
Elisabetta forse si rendeva conto di quanto precario fosse il suo equilibrio. Quelle certezze, quelle sicurezze, quel poter pianificare le cose, fare progetti, sapeva che si basavano su un equilibrio talmente delicato che sarebbe bastato un alito di vento a mandare tutto all'aria. Eppure aveva la presunzione di contarci e di farci affidamento, come se tutto quello fosse normale, come se non stesse vivendo al di sopra delle sue possibilità. Ma dentro di sè lo sapeva benissimo come fosse facile scivolare nella non-vita, nella non-serenità. A volte si sorprendeva a chiedersi come mai per molto tempo si era negata certe cose. Ma poi, puntuale, accadeva qualcosa per ricordarle che a quel tempo lei era troppo impegnata a cercare di sopravvivere e che la sua normalità era quella, non questa.
Quella sera Elisabetta scese di nuovo i gradini e si sedette accanto a lui per leggere nel colore chiaro dei suoi occhi e tra i fili soffici dei suoi capelli biondi che nonostante tutto la vita va avanti. Che c'è comunque una speranza e, paradossalmente, era lui a darla a lei.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 28/04/07 alle 00:43 via WEB
Perfetto. Hai letto quello che non ho scritto come se fossi io. Grazie, grazie della tua splendida sensibilità.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 29/04/07 alle 03:02 via WEB
In un solo uomo ci sono secoli di storia. Quella che un un uomo ricorda e quella che uomo ha dentro se come fosse l'insieme di molecole che lo formano. Nei racconti, nelle fantasie, nei desideri delle persone che qui scrivono è come se l'uomo si ricostituisse in piccoli pezzi. Come se le esperienze di popoli interi si raccogliessero in tanti granelli di sabbia sparsi per questi quaderni. Mi meraviglio di quanta vita si colori questo mondo. Di quanta liberta sappia godere oggi un uomo nel rigurgitare se stesso in queste righe. Quello che siamo e quello che non sappiamo di essere, quello che vorremmo e quello che non sappiamo di essere. Senza paura, senza rimorso in uno scritto. Il presente ed un passato che è dentro di noi silenzioso e attendente il nostro rigurgito. Ci sono persone che godono del piacere finito di un buon vino o di una risata serena. Ve ne sono che godono nel sapersi un mistero, nello scoprirsi un'anima dentro se sconosciuta. Ma in fondo come il compimento di un opera, tutti contribuiamo alla pienezza, ognuno con le sue attitudini. Piacere di averti incontrato. Giuliano, quello delle parole, quello delle carezze, quello dell'oro chiuso dentro.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 29/04/07 alle 23:26 via WEB
Per me è il miracolo delle parole. Con le parole posso inventare e sognare, raccontare storie che la mia fantasia scrive rubandomi i tasti dalle dita, scavare dentro di me come se avessi in mano un bisturi affilato e cercassi dov'è il male per estirparlo fin dalla radice, senza riuscirci veramente. L'amore per le parole e il rispetto per le parole. Lo stesso che leggo in te.
...e di Giuliano mi prendo tutto, le parole, gli abbracci e l'oro.
(Rispondi)
 
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 30/04/07 alle 02:43 via WEB
Sei forte...felice davvero d'esser capitato dalle tue parti. G.
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liberante
liberante il 01/05/07 alle 00:04 via WEB
Felice che tu "sia capitato" dalle mie parti...
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carpediem56maestral0
carpediem56maestral0 il 04/05/07 alle 18:45 via WEB
Bel lis si mo....
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liberante
liberante il 04/05/07 alle 23:24 via WEB
Gra zie!
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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