Creato da liberante il 05/03/2005
Che anche nella più delirante delle fantasie il bianco su cui scrivo sia la mia verità.

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Post N° 423

Post n°423 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da liberante

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Un gatto nero.
Occhi gialli.
Mi guarda attentamente indifferente.
Si confonde con il buio della notte e se non fossi così vicina non lo vedrei.
Siamo soli, il gatto ed io, sui bastioni sud-est e solo lontano si sente il frusciare del fiume.
Mi appoggio con le braccia alle pietre ruvide e fredde e guardo in basso nella vallata.
Solo il silenzio avvolge tutto, ingannando con il nulla il troppo che c'era. 

Tace il rumore della battaglia che fino al tramonto ha fatto strepito di ferri e urla.
Nell’aria annuso l’odore rancido di sudore e sangue.
I morti sono stesi abbandonati in posizioni disumane sulla terra indurita dal gelo ed il sapere che ci sono senza vederli è una certezza che non vorrei.
Aleggia il dolore e la paura, come fosse una palpabile presenza attaccata alla pelle e non so reagire all’impotenza annichilente dell’inutilità dei cadaveri.
Alle mie spalle, e sotto i bastioni, silenziose le altre donne piangono figli, mariti, fratelli, padri, amanti.
Io li piango tutti, gli uomini e le donne di questa guerra insensata e feroce senza più lacrime e solo con la piega amara delle labbra che non sapranno più ritrovare il sorriso.
Rughe nuove e vecchie sul mio viso tracceranno la mappa della desolazione.
Stupisco del silenzioso buio intorno e dentro di me.
L’urlo è nelle mie viscere, sterile e arrochito, come una di quelle ferite che ho curato e bendato e cucito e da cui la vita inesorabile scorreva via senza fermarsi e lasciava pelle bianca e sguardi vuoti.
Mi stringo nel mantello.
Accarezzo il gatto che alza la testa per seguire la mia mano e guardo in basso nella vallata.
Il fumo dei fuochi degli accampamenti si è disperso nel nero della notte.
Lentamente mi giro e adagio mi allontano.
Il gatto nero rimane fermo sulle pietre del bastione e sento i suoi occhi gialli appoggiati sulle spalle.

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Sigur Ròs - Njosnovelin aka Untitled #4   

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Commenti al Post:
preshi
preshi il 19/01/08 alle 08:42 via WEB
tutto vive, quando arriva la notte, quella più vera, silenziosa. e non appena socchiudi gli occhi figure, immagini e voci e storie ti invadono la mente e non puoi farne a meno.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:03 via WEB
Non posso farne a meno perchè le parole mi prendono per mano e mi portano in luoghi che non sapevo e divento le parole che scrivo, solo per quel momento nulla esiste se non quel diventare parola.
(Rispondi)
 
Ruggineblu
Ruggineblu il 19/01/08 alle 18:08 via WEB
che i tuoi passi, possano scivolare silenziosi e fermi, nella notte. Che possan sprigionare quel silenzio, capace d'azzittire lo stridore del ricordo, soffocante gelo, delle urla. Che tu possa nutrirti di quella silente onda. Il giro della luna, poi, t'indicherà la strada certa. Il sole, dipanerà il dubbio.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:14 via WEB
I miei passi saranno più sicuri nella scia delle tue parole... e la luna chiarirà la notte e il sole scalderà il giorno ma le ferite dell'anima resteranno per molto, il danno e il dolore della guerra non si riparano con il lento passare del tempo.
(Rispondi)
 
belle_gambe78
belle_gambe78 il 19/01/08 alle 22:18 via WEB
Baciottissimi alla crema pasticcera fatta in casa da me (che adorooo) e buon week-end frizzante e di godimento. bLog Di Stella
(Rispondi)
 
donnaisabella
donnaisabella il 19/01/08 alle 22:36 via WEB
Avevo proprio in mente una foto di un gatto nero da postare, somiglia tanto a questo. Ho già in mente cosa scrivere, o meglio come intitolare il post... bastano due parole per indicare in cosa crede la maggioranza... la religione più antica del mondo: la superstizione.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:17 via WEB
In questo caso più che simboleggiare superstizione è solo uno spettatore oscuro del dolore.
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 20/01/08 alle 01:17 via WEB
a volte le tue parole lasciano scie rumorose che faticano a spegnersi.. rimbombano così forti da lasciare senza fiato.. dolorosamente vera..Patri
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:21 via WEB
Ci vuole il silenzio della notte perchè riesca ad ascoltare le storie che ho dentro e poi la voglia di lasciarle uscir fuori. A volte mi chiedo se in un'altra vita non ho davvero vissuto quello che adesso m'invento.
(Rispondi)
 
annisexanta
annisexanta il 20/01/08 alle 13:42 via WEB
Ci metto la mia Colonna sonora ;°)
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:32 via WEB
E più azzeccata non poteva essere, grazie è Perfetta!
(Rispondi)
 
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 23/01/08 alle 15:56 via WEB
secondo me annisexanta è greco. KaDo
(Rispondi)
 
clodclod
clodclod il 21/01/08 alle 00:45 via WEB
le tue parole mi hanno riportato nel "vivo" di esperienze passate, nell' " a tu per tu" con tanti e tanti uomini morti, e con un senso di grande sofferenza e ingiustizia.Un piccolo cimitero di alpini, in alto in montagna, un campo di concentamento gelido e livido come il cielo, senza croci, ma con nomi e foto e parole di addio mai dette, i nomi scritti a riempire le grandi pareti bianche di una sinagoga, i racconti di guerra del nonno, che rusciva ferito a fuggire da sotto una monagna di cadaveri, o a salvare un compagno dall'ecatombe.. E poi, dop ogni ricordo, l'insensatezza delle guerre e dell' intolleranza...
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 01:24 via WEB
Credo che il senso di dolorosa impotenza davanti ai morti per le guerre sia una di quelle cose che non si riesce a superare. A me capita di soffrire per chi effettivamente le combatte, ma ancora di più per chi le subisce.
(Rispondi)
 
ChiaraGuest
ChiaraGuest il 21/01/08 alle 11:13 via WEB
uhm... tutti piangono qualcuno, in particolare. tu piangi tutti.
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 21/01/08 alle 23:24 via WEB
Così non faccio ingiustizie.
(Rispondi)
 
pro_mos
pro_mos il 23/01/08 alle 12:01 via WEB
solo i gatti, che di vite ne hanno sette, alla fine...posson render giustizia di certe morti che sai, che senti, inutili, al più
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 25/01/08 alle 23:47 via WEB
Solo un gatto nero poteva essere spettatore del dolore che non ha pianto e i suoi occhi gialli assorbire la crudele inutilità della guerra.
(Rispondi)
 
Vincanto_Editions
Vincanto_Editions il 24/01/08 alle 23:38 via WEB
è il distacco la caratteristica di ogni gatto, quando sono neri, poi, sembrano ancora più altezzosi e distanti... non l'hai detto nel brano, ma la voce della donna narrante io la vedo proprio avvolta in un vestito tutto nero, a significare il proprio distacco, tanto simile a quello del gatto, dalle vicende rovinose d'una vita- che ai più può apparire mancanza d'emotività, ma che in realtà costituisce solo un superamento verso qualcosa di più profondo (le viscere, le rughe) e consapevole.... quella donna, ha molto di te, o cara, e sempre sempre sempre preziosa, liberante
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 25/01/08 alle 23:52 via WEB
Mentre scrivevo quelle righe la donna era un'ombra nera, chiusa in un mantello nero, il viso nascosto nella notte e solo la mano che accarezzava il gatto era un punto di luce, come gli occhi gialli. Vedi Vincanto che m'incanti che ho ragione quando dico che tu sai leggere oltre le parole.
(Rispondi)
 
cla.gavi
cla.gavi il 25/01/08 alle 16:10 via WEB
solo tu' potevi descrivere il gatto così: "Mi guarda attentamente indifferente"...i gatti lo fanno!..chi li conosce lo sa', il mio gatto Nero (di nome e di fatto) mi ha appena lasciato dopo 17 anni, ed è partito per il lungo viaggio. Nella descrizione della guerra non entro in merito, anche se so' che esiste...sono un pacifista per natura, ma' il tuo spiegare la stessa...fa' vivere il momento. Adoro come scrivi, lo sai, e ti stimo come persona...regalami ancora il tuo sapere..Grazie un abbraccio Paolo
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 25/01/08 alle 23:53 via WEB
Mi spiace per il tuo Nero, so e molto bene anche, come ci si affeziona e come diventano parte della famiglia e della nostra vita.
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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