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« Messaggio #3712 agosto 1980 »

Post N° 372

Post n°372 pubblicato il 26 Luglio 2007 da liberante

Chissà se dietro l’angolo spigoloso di questa giornata c’è un pezzo di cielo con una nuvola bianca, così, solo per appoggiarmi un attimo a riprendere un respiro che mi dimentico di avere.
E magari un profumo soffice di vento mi dilata il naso nella ricerca di un piccolo sogno, dimenticato sull’angolo dello scaffale, stamattina, quando sono uscita di casa.
Poi le ore dei minuti si sono inseguite a perdifiato senza lasciare nemmeno quel piccolo spazio dove agitare una mano per spostare un po’ di polvere.
Si accumula la polvere in questo luogo e se ci passo un dito resta un traccia appena accennata.
Mi arrabbio e apro la mano, la passo con irritazione, pulisco e soffio via il pulviscolo che resta a galleggiare
nel raggio di sole che testardo s’infila dove la tenda fa una grinza.
Chissà se riesco a tenerlo tra le dita come fosse un palloncino, questo caparbio raggio di sole, che gioca a rimpiattino con le ombre.
Le guardo le mie ombre.
Quelle appena accennate sul bordo dell’occhio.
Quelle profonde, nascoste sotto tutta la luce che accendo intorno.
La luce mi acceca e mi restituisce il piacere di rifugiarmi nell'ombra a sfogliare, come fossero pagine di un libro, quei pensieri che m’inseguono senza prendermi.
Li sento dietro le mie spalle come un fruscio di stoffa o l’alito freddo di una porta aperta all’improvviso.
Li conosco.
Li riconosco.
Li conto ad uno ad uno.
Li infilo sulle dita come anelli.
Il dolore e l’allegria intrecciati nel serpentello con l’occhio di rubino.
La pacatezza opaca incastonata nella vivacità del giallo oro degli affetti.
L’incertezza crudele e affilata come una pietra tagliata male e incastrata nell’argento scurito dei giorni.
L’amore dello zaffiro, trasparente e azzurro, nitido, ripulito dagli orpelli e dall’abitudine, legato solo da un sottile filo d’oro bianco.
I colorati cerchietti delle soddisfazioni e della libertà, tanti, più di quanti riesca a mettermi sulle dita.
Come quando da bambina giocavo a essere grande con i vestiti di mamma e le sue scarpe, con tutti i gioielli e lei che rideva.
Lasciare che ricordi e sogni si concatenino, trama e ordito, di questo leggero tessuto di benessere con cui vesto questo momento.
Una piccola magia che trasforma lo spigolo tagliente in una morbida e accogliente curva in cui rannicchiarmi per divertirmi di me stessa.

 
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Mrs.Lot
Mrs.Lot il 31/07/07 alle 00:37 via WEB
O come a scolpire, levando quel che si vede per lasciare quel che c'è.
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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