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Post N° 424

Post n°424 pubblicato il 27 Gennaio 2008 da liberante

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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 28/01/08 alle 05:18 via WEB
Signora...che appena conosco.
Le tue parole, sempre semplici e prive di contorte distrazioni di forma...mi gettano in uno stato d'umana povertà. Quella povertà del vivere guardando la vita dal basso cosi che ti sembri sembre infinitamente grande e bella. Cosi che le nostre pene siano solo conchiglie nelle nostre tasche. Tu hai capito che la vita scorre trasparente, cosi trasparente che a nessuno è negata. Come le tue parole sono di terra e non già di straordinari composti chimici. Tu hai capito che la forma non è una suggestiva immagine seducente, ma la perfezione semplice della natura. Cosi raccogli da te frutti succosi e non già lucenti, saporiti senza il lusso del colore...Le parole, quello che scrivi...sa essere nostro ancor prima che tuo. Perchè fai della tua vita un sorriso da donare a quanti sanno leggerla...Io per primo sento di riconoscere nei tuoi piccoli scritti, sentieri che ho percorso o che percorrerò. L'interesse di uno scritto è proporzionato alla generosità di chi scrive, alla capacità di chi scrive di donare se stesso raccontandosi. Tu lo fai e sempre dalle tue parole mi sento accresciuto di qualcosa. C'è tanta sterile ricchezza...anche in questi luoghi battuti dalla curiosotà di conoscere. E poche le persone generose che sanno fare della propria vita un terreno sorridente ove misurarsi sull'esperienza già fatta, sul dolore già pagato, sui debiti di una vita già estinti. Non voglio entrar nel merito delle tue pene dello scrivere. Sento in questo tuo nodo una sorta di tappa della passione....Una perlina di rosario. Perchè c'è nello scrivere un bisogno di sputar fuori se stessi che ha a che fare con la pena ancor di più che con la gioia. La gioia il più del caso la si vive, mentre si riversano in parole, come lacrime, le proprie tristezze. Tu sai spesso superare anche questo, cosa in cui io raramente riesco. Giulio.
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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