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« mezzanotte e mezza23,50 »

quasi l'una di notte

Post n°559 pubblicato il 13 Maggio 2012 da liberante

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Pezzi di vetro - Francesco De Gregori  

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liberante
liberante il 13/05/12 alle 00:54 via WEB
Mi piace affacciarmi al balcone o anche alla finestra di notte. Fumo una sigaretta. Respiro l’odore. Penso. Sogno. Perdo tempo. Il buio nella stanza alle mie spalle e quella piccola e tenue luce che dall’esterno entra nell’interno. Ricordo. Ricordo le tante finestre da cui ho guardato nella notte. E sempre, e chissà perché, la prima che mi viene in mente è quella della Croazia.
2001. Agosto. Una vacanza che non aveva meta e prenotazioni e quello strano albergo metà austro-ungarico e metà anni ’70. La stanza piccola e con una grande finestra. Non la ricordo di certo per il panorama. Era il banale cortile dell’hotel in cui erano parcheggiate le macchine degli ospiti. Anche la nostra. Si vedeva un muro che sosteneva una strada in salita e del verde, alberi e piante, cespugli. Però c’era una terrazza che non riuscivo a capire che cosa fosse. Se fosse una terrazza molto grande di una casa privata o una terrazza non molto grande di un albergo, pensione o ristorante. A volte era piena di gente, anche alle tre di notte, a volte era deserta alle dieci di sera. E quando c’era gente era gente allegra, mangiavano e bevevano, ridevano e cantavano, parlavano a voce alta e si abbracciavano. A volte ballavano. Facevano musica. Mi resta forte l’impressione che fossero gente del posto, una specie di circolo privato in cui si rifugiavano dall’invasione di turisti che massacravano la loro terra e a cui dovevano essere in obbligo di gratitudine per i soldi che portavano.
Anche stasera mi sono affacciata e fa caldo, il primo giorno di caldo, la prima notte di caldo e non mi sembra possibile che fino all’altro ieri avevo freddo. La sensazione è del momento, non so ipotizzare che due giorni fa avevo addosso un maglione di lana e oggi mi dà fastidio il vestitino di cotone. Vorrei potesse essere così anche per i ricordi sgradevoli, quelli che quando compaiono come fantasmi nell’insonnia aprono squarci di dolore e fragilità e si appiccicano gli uni agli altri fino a formare un percorso di pezzi di vetro su cui non riesco più a camminare. E mi fermo. Affannata. Dolorante. Cattiva.
Poi respiro, respiro, respiro. E l’odore della notte ha il senso dell’estate che verrà e là, dietro l’angolo c’è il mare.
Buonanotte.
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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