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Post N° 250

Post n°250 pubblicato il 11 Agosto 2006 da liberante

Vorrei.

No, basta con il vorrei, con i condizionali, con l’ipotetico.
Più concreta, più esatta o almeno provare ad essere affilata come la lama di luce che entra da una finestra accostata.
Ed allora, buttando dietro alle spalle gli zaini non più sopportabili delle paure di dire e di immaginare, mi lascio andare sulla deriva del pensiero e non è meno bello del sogno.
Mi piace pensare di essere con te.
Presente.
Indicativo.
Una spazzolata all’incertezza, alla fottuta titubanza di non voler sentire per non dover soffrire. E che importa anche se sentirò un po’ di dolore, lo accetterò perché è mio, come la sensazione di dover lasciare scivolare le parole come vogliono loro e non come vorrei io.
Mi piace pensare di essere con te.
Non posso essere seduta di fianco a te che guidi, come è stato nei tanti viaggi che abbiamo fatto insieme.
Non sono seduta di fianco a te a lamentarmi del freddo e del caldo, abbassa un pochino il condizionatore, sposta la bocchetta che mi viene nel collo, cambia stazione alla radio, abbassa un pochino il volume, senti questa canzone alza ancora un po’, vai un po’ più piano, ci fermiamo al prossimo autogrill, mi fa male la schiena, il collo, le mani, ho i piedi freddi, ho fame, mi scappa pipì, ho sete, ho sonno, perché non parli, e come hai fatto a sopportarmi nei tanti viaggi che abbiamo fatto insieme, che ero una insopportabile donnetta lamentosa.
Non sono seduta di fianco a te, sono nel taschino della tua camicia, che a te piacciono le camicie con il taschino che ci puoi mettere le sigarette, l’accendino e il telefono.
Sono nel taschino della tua camicia, in silenzio.
Il piccolo accendino quadrato che ti ho regalato, lo usi solo se ne hai bisogno, per tutto il resto del tempo resta lì, presente e assente.
In silenzio, vedo attraverso il tessuto tutto quello che vedi tu.
Piccolo peso, utile quando ti serve, in silenzio.
Sono nel taschino della tua camicia per sentire il tuo cuore battere e per farmi ricordare quando non vorrai ricordarmi, per esserci anche se non vuoi che ci sia.
Non sono triste, consapevole di non sapere più nulla di noi che non sia questo minimo spazio di stoffa e calore di pelle.
Sono nel taschino della tua camicia.

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Vincanto_Editions
Vincanto_Editions il 13/08/06 alle 09:13 via WEB
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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