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Post N° 249

Post n°249 pubblicato il 09 Agosto 2006 da liberante
Foto di liberante

Lo chiamavano Lupo                      (fine)

Sull’Isola aveva trovato se stesso e tutto il suo passato.
Si sedeva sulla spiaggia bianca e arrivavano i ricordi. Parlava con loro e loro parlavano a lui.
La madre vestita di nero e il padre col basco verde.
La nonna gli raccontava le favole nel dialetto dimenticato.
Il cane della sua infanzia.
I figli e i nipoti si accalcavano intorno a lui e facevano festa.
Maria, bella come quando l’aveva conosciuta e allegra, cantava le canzoni che avevano ballato nella piazza del paese.
Faceva l’amore con Maria nell’ombra profumata delle piante, come letto fresco nelle notti d’estate.
Sull’Isola aveva trovato se stesso e si inventava il suo futuro.
Incontrava amici nuovi e donne dalla pelle colore dell’ambra che sapevano di sale e di sole.
Viveva avventure di caccia nel fitto della vegetazione.
Incontrava scimmie e pappagalli e li addomesticava con parole e gesti nuovi.
Pescava con le mani in quell’acqua di cristallo stelle marine grandi come gatti e le meduse non bruciavano, ma erano stoffe eleganti da accarezzare.
I delfini giocavano con lui spingendo la barca e lui rideva con loro.
Lo squalo veniva a mangiare dalle sue mani e nuotava come un cagnolino dietro alla barca fino al confine della nebbia.
Quando rientrava alla sera al porto con la piccola pesca che gli bastava a vivere, sorrideva ai vecchi amici che non sapevano nulla di quella sua nuova vita felice e sopportava con noncuranza le bonarie prese in giro.
Sapeva che ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe avuto il coraggio di passare la notte sull’Isola. Immaginava che sarebbe stata la notte perfetta, con la luna tonda appoggiata sulla sua scia e l’acqua diventare oro liquido. Avrebbe dormito tra gli alberi e la spiaggia e avrebbe fatto sogni magnifici.
Sapeva che se avesse passato la notte sull’Isola non sarebbe più tornato a casa.
Per quello ad ogni tramonto riattraversava la fitta nebbia e tornava al porto.
Quando il tempo era brutto e non poteva andare per mare si sentiva così solo e triste da non avere voglia di nulla e se ne restava a casa a contare i giorni dell’inverno. Arrivava sempre il bel tempo e tornava all’Isola e la voglia di passarci la notte diventava sempre più forte.
Successe come succedono le cose.
Lupo si addormentò sulla spiaggia con la testa appoggiata alle gambe lisce e profumate di Maria dopo aver fatto l’amore come ragazzini. Quando si svegliò era buio ed era solo. Non ebbe paura, ma provò un gran senso di pace. C’era la luna alta nel cielo e alla luce incerta vedeva la sua barca dondolare dolcemente e leggeva “Libertà”.
Richiuse gli occhi e si riaddormentò sognando quella parola, “Libertà”.
Finalmente libero.
I vecchi marinai al mattino si guardavano straniti
“Lupo non è tornato ieri sera”.
Lo cercarono per molti giorni.
Tornarono dalla città Maria con figli, nuore e nipoti.
Lo cercarono con le nuove barche del soccorso.
Non trovarono né Lupo, né la sua “Libertà”.

Peter Il’vich Tchaikovsky “Valzer dei Fiori da Lo schiaccianoci”

 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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