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Post N° 275

Post n°275 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da liberante

La tua casa di pietre bianche e muschio appoggiata distrattamente su un angolo delle parole mi aspetta con il sorriso della porta accostata e lo sventolio della tenda arancione.
Le finestre guardano con lo stupore del bambino l’aria chiara di questo strano autunno.
Mi fermo a pochi passi per assorbirne l’immagine e lasciare che si incida dentro di me, in quel posto dove resterà, per accogliermi.
Dietro la casa c’è il verde satinato degli ulivi e mi piace sforzare la vista per indovinare i contorti percorsi dei tronchi. Sono tutti un po’ piegati a sinistra, che il mare soffia il suo vento e in tante notti li ha curvati per poter più facilmente scivolare su di loro. A volte è stato brezza leggera e lieve profumo di sale. A volte è stato vento di burrasca, arrabbiato e violento, possessivo come un amante crudele, aspramente impregnato del sapore delle alghe.
Davanti, la spiaggia si stende come il tappeto dei giorni di festa. Quello che si mette nel salotto buono quando arrivano gli ospiti. Liscia e pulita, disegnata dalle conchiglie e dai sassi. La sabbia è appena segnata dalle piccole orme dei gabbiani e dal tuo passo pacato.
Alle mie spalle il mare.
Lo sento e lo conosco.
Lo vedo senza vederlo, del blu più bello al mondo, che non sono ancora state inventate le parole per descriverlo.
So che in un punto tocca il cielo, diventa cielo e il cielo diventa mare, così uniti da non distinguerli e da non capire se l’orizzonte segna un confine o apre uno spazio.
Sul davanzale alla destra della porta c’è la margherita.
Si capisce che ha sete perché ha la testa inclinata e le foglie girate in giù.
Ho una bottiglia d’acqua in mano per darle da bere.
Mi avvicino e verso piano l’acqua, troppo in fretta non le farebbe bene. 
Mi siedo sul gradino di pietra bianca sfumato sui lati dall’umido del muschio.
Aspetto la notte e conto tutte le sfumature di blu e azzurri che compongono lo spazio tra il mare e il cielo.
Me ne andrò quando la margherita avrà placato la sete e tirando su la testa mi avrà guardato col sorriso felice.
Quando tornerai, capirai che sono stata qui.

F.Chopin "Notturno" (Alfred Cortot)

 
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Amore_immaginato
Amore_immaginato il 01/11/06 alle 11:38 via WEB
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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