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Catalogna, si decide tutto insieme

Post n°256 pubblicato il 12 Novembre 2013 da leonardo_donofrio
 


In alcune città e paesi della regione spagnola incastrata tra i Pirenei e il Mediterraneo da diversi mesi gruppi di cittadini, di età e sensibilità diverse, hanno cominciato ad autorganizzarsi in grandi assemblee. Sono state avviate delle assemblee settoriali su educazione, sanità, femminismo, immigrazione, tutte coordinate in una assemblea generale che, con il nome di Gruppo promotore, si riunisce mensilmente. Con il sostegno anche di Teresa Forcades, una suora poco amata dalle gerarchie, e di un’economista, Arcadi Oliveres, quelle assemblee cercano strade diverse per resistere alla crisi e forme di democrazia reale
di Esther Vivas
Nessuno ha detto che sarà facile ma occorre provarci. E questo è quello che precisamente sta facendo il Processo Costituente in Catalogna, promosso dalla monaca benedettina Teresa Forcades e dall’economista Arcadi Oliveres, insieme a molte altre persone. Creare coscienza sociale, mobilitare, promuovere la disobbedienza sociale e proporre un’alternativa che sfidi coloro che detengono e monopolizzano il potere.

Il suo obiettivo, costruire un nuovo strumento politico-sociale, basato sull’autorganizzazione popolare, leale con coloro che stanno in basso e capace di unire, nella diversità, l’insieme della sinistra politica e sociale. Nel suo orizzonte, se le premesse si realizzeranno, c’è la volontà di partecipare alle prossime elezioni per il Parlamento della Catalogna con una lista ampia, risultato della necessaria confluenza di molte persone, quelle che oggi sono all’interno del processo ma anche altre che sono fuori, con l’ambizione di trasformare il malessere sociale in maggioranza politica e stabilire le basi per promuovere un processo costituente che permetta di darci collettivamente un nuovo quadro politico al servizio della maggioranza.

C’è chi dirà che questo è utopico. Però, secondo me, è utopico pensare che coloro che ci hanno portato nell’attuale situazione di crisi, e che certamente ne ricavano lucrosi benefici, siano gli stessi che ce ne faranno uscire. Rompere con lo scetticismo, l’apatia e la paura è il compito che ci sta di fronte. Sapere che “possiamo” è il primo passo per conseguire vittorie concrete.

Senza esperienza politica

Da quando il Processo Costituente si è presentato in pubblico, nello scorso mese di aprile, i sostegni ricevuti sono stati numerosi. Il Processo ha saputo connettersi con ampi settori della società che percepiscono, nell’attuale contesto di crisi, l’urgenza di cambiare le cose. Molte persone di media età, altre più giovani così come più anziane, senza esperienza politica né organizzativa, si sono sentite interpellate da un discorso che chiama a qualcosa di tanto essenziale quanto imprescindibile: la giustizia.

Altri attivisti sociali hanno visto nel Processo uno strumento per andare oltre la sola mobilitazione sociale e proporre una prospettiva politico-organizzativa di cambiamento. Due anni dopo l’insorgenza del Movimento 15M, sono molti coloro che pensano che nonostante l’occupazione delle banche, dei supermercati, degli ospedali, delle abitazioni vuote, chi detiene il potere continua ad applicare misure che ci sprofondano nella più assoluta miseria. Sostenendo l’imprescindibile scesa in piazza, senza la quale non ci può essere il cambiamento possibile, il Processo Costituente, allo stesso tempo, si impegna a sfidare il potere politico-economico anche nelle istituzioni. Non per cambiare il sistema “da dentro” quanto per “occupare” queste istanze e restituirle alla maggioranza sociale tramite un processo costituente.

Non ci sono formule magiche, è chiaro, però esperienze come i processi costituenti in America Latina (Ecuador, Bolivia, Venezuela) o nella più vicina Islanda, nonostante le evoluzioni controverse, sono esperienze da tenere in considerazione, non per imitarle ma per apprendere dalle loro acquisizioni o dai loro errori. In Catalogna, il dibattito sulla questione nazionale e l’indipendenza apre un’opportunità come mai avremmo immaginato, per poter decidere e decidere su tutto.

Un’alta participazione

La grande partecipazione alle presentazioni pubbliche del Processo, soprattutto con la presenza di Teresa Forcades e Arcadi Olivares, con una media tra le 400 e le 700 persone in città come Vic, Sabadell, Gramenet, Girona, Vilanova, etc. inclusi piccoli municipi come Santa Fe del Penedes, dimostrano la capacità di attrazione dell’iniziativa che ha realizzato, in pochi mesi, oltre cento presentazioni in tutto il territorio catalano.

Quello che è più importante è che l’interesse di coloro che si avvicinano al Processo non risiede solo nell’ascoltare i due principali promotori quanto partecipare attivamente alla costruzione di questo strumento politico-sociale. In questo modo, si sono create già circa 80 assemblee locali in tutta la Catalogna. Alcune di carattere dipartimentale, altre locali, alcune più numerose altre più piccole. Sono state già avviate anche delle assemblee settoriali su educazione, sanità, femminismo e immigrazione. Tutte coordinate in una assemblea generale che, con il nome di Gruppo promotore, si riunisce mensilmente.

Le forme del Processo Costituente riflettono questo genere di “altra politica”. Nella maggior parte degli eventi pubblici si fanno passare le ceste per raccogliere, in forma improvvisata, quanto è costato organizzare l’evento, le fotocopie, etc. Si spiega come è stato speso il denaro. Le presentazioni servono, a loro volta, a organizzare le assemblee e le riunioni locali. I gruppi nel territorio si organizzano in funzione delle proprie priorità e si coordinano su scala nazionale. Il Processo Costituente è ancora acerbo ma dimostra le potenzialità di una iniziativa politica capace di connettersi con un malessere sociale maggioritario. Si tratta di un processo in costruzione.

Dal basso verso l’alto

La fiducia che generano i suoi principali promotori, Teresa Forcades e Arcadi Oliverese, è la chiave del successo. Ma dentro il Processo siamo consapevoli che si tratta di una iniziativa che avrà davvero successo se si costruisce dal basso verso l’alto. Entrambi lo hanno detto fin dal giorno in cui hanno presentato la proposta: “Noi, da soli, possiamo fare ben poca cosa”. E’ così. Oggi, il Processo Costituente conta più di 44 mila aderenti e molteplici assemblee locali e settoriali. Teresa Forcades e Arcadi Olivares, come hanno detto in ripetute occasioni, non vogliono essere leader di nulla, ma accettano di mettere la propria credibilità al servizio di una causa giusta.

Le critiche per il profilo cristiano di entrambi sono abituali nonostante il carattere aconfessionale del Processo. Il che, in parte, non lascia sorpresi. La mobilitazione sociale della sinistra, in Catalogna come nello Stato spagnolo, non si comprenderebbe, in parte, senza l’apporto del cristianesimo di base. Senza andare lontano, uno dei fondatori del tanto criminalizzato da alcuni e ammirato da altri, Sindicato de Obreros del Campo, non è stato altro che il curato dei poveri Diamantino Garcia. Non ammettere questa realtà significa disconoscere parte della nostra storia collettiva. Ma al di là di questo, tanto Forcades quanto Olivares, si sono pronunciati in più occasioni, e molto prima del Processo Costituente, contro la gerarchia ecclesiastica, per la separazione tra Stato e Chiesa e in difesa del diritto delle donne a decidere sul proprio corpo. Il che, certamente, ha valso loro diverse critiche da parte dei settori reazionari della chiesa e della stessa gerarchia.

 Fonte: esthervivas.

 

 

 

 
 
 
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