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DAL LIBRO: "DICERIA DELL'UNTORE" di Gesualdo Bufalino - Sellerio Ed. - Le pagine più interessanti 6^ Pubblicazione

Post n°172 pubblicato il 23 Novembre 2014 da loredanafina1964

6^ PUBBLICAZIONE

Fra la Rocca e la città c'erano solo pochi chilometri, quanti non so, non era facile contarli, mentre si scendeva in tram per l'inflessibile via Calatafimi, così in fretta, quasi ad ogni isolato, si seguivano le fermate. La più comoda era qualche metro più giù dall'ingresso grande, sotto una tettoia di eternit che ci ospitava in attesa, imbottiti di maglie o scamiciati, col mutare delle stagioni, ma impazienti sempre di imbarcarci per la nostra salutaria Citera. Si scostavano un poco, senza farlo parere, i viaggiatori abituali, all'apparire del nostro drappello di lazzaroni cupidi e ossuti. Noi portavamo con un impaccio visibile - dopo tanto grigioverde di giubbe - gl'indumenti della vita borghese, su cui avevamo provato poc'anzi, dubbiosamente, le liturgie scordate della vestizione, scoppiando a piangere all'improvviso nell'atto di accomodare attorno alle fosse del collo una cravatta d'altri tempi, una bianca sciarpa da ballo.

Non era da tutti, peraltro, ottenere il lasciapassare da esibire al custode. E il più delle volte ci facevano difetto le forze. Allora, fra una spedizione e l'altra, ci acconciavamo a distrarre i sensi in qualche maniera, col pericolo, magari, di aizzarli ancora di più. 

Si cercavano intrallazzi col reparto delle donne, attraverso lo steccato d'edere e pali che divideva il parco a metà e che, per la sua inettitudine, chiamavamo la Maginot. Ci s'intendeva prima a segni, durante la messa; si trovava poi un modo, da una gronda della terrazza, di lasciare penzolare, attaccato a una funicella, un biglietto davanti a una finestra amica, nella fiducia che una mano raccogliesse l'invito. Oppure un giavellotto di malacca, da ragazzi, viaggiava nell'aria fino alla loro veranda e portava inastata, mediante un elastico o altra fettuccia, addirittura una rosa.

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Andare fra la gente, giù in città, portarsi addosso il cencio del corpo, questa somma insufficiente di lena e di sangue, in mezzo ai sani della strada, atletici, puliti immortali..... Osservare le mostre dei negozi, specchiarvi fino all'ultimo spigolo le scarnificate figure, e sentire con gratitudine che nessuno se n'accorge, nessuno si volta. Eccomi nell'accampamento nemico, travestito da vivo, invulnerabile come chiunque. Le ragazze passano a frotte, tenendosi allacciate con ritornelli di risa.  Hanno tacchi alti, gambe di rame nudo, un pettine fra i capelli o una spadina d'argento. Come mi guardano senza vedermi, come ciascuna apre e chiude il ventaglio del grembo a ogni passo! In piedi, nella fiumana di folla, è bello sceglierne una mentre si allontana, e battezzarla per poterla chiamare quando non c'è e fare coppia con lei nella fantasia, seduti sulla spalletta di un fiume, Trasinaro o Livenza.... Io accarezzo la curva della sua gota, le dico "D'accordo, domani", le dico "Domani alle sette. Davanti al Caffè dei Portici, davanti al cinema Odeon", le dico "Ciao Sesta", "Ciao Silvia". Lei giunge fra tintinni di similori, con un passo di streghina, di gitanella. Lentigginosa da intenerire. Ha una bocca troppo dipinta, un berretto di paggio inclinato da un lato, la borsetta ad armacollo. Le piacciono i segreti che si sussurrano all'orecchio, gli oracoli, le stizze, le bugie. Non vuole in me che questo: un affiliato di cospirazioni e allegrezze. Si rammenta gli anniversari più futili, le cantafavole improvvisate una volta e lasciate a metà. M'incolpa di colpe inesistenti per potermele perdonare dopo un istante. Mi regala un garofano avvolto nella stagnola, un pacchetto di Tre Stelle, uno stupido Toi et moi. E' la mia ragazza, guardatela, sta per attraversare la strada col semaforo rosso....

Oppure si finiva ne quartiere del porto, a cercarsene una qualunque, ma di carne, vera. Bisognava pure ogni tanto, era anche il consiglio del Gran Magro. Bastavano già quei pochi scalini a stremarmi, e l'anchilosi del braccio attorno alla vita di lei. Chi riusciva poi a muoversi come si deve,  con la magra dote d'ossigeno che mi restava. E allora, ti pago un extra, fa' tu.... Sentivo il suo corpo ricciuto e pieno di nei ingigantirmisi addosso, penetravo in lei col suo aiuto, accompagnando con avari sussulti i suoi, misericordiosi ed esatti, finchè si sciogliesse in pioggia di fuoco e di miele in fondo al suo ventre la nube cieca che mi gonfiava le tempie.

Più tardi, sopra la coperta militare distesa a riparo della dubbia lindura del letto, mentre lei si lavava senza dolcezza in un angolo, e una tardiva goccia di seme mi correva stancamente per l'inguine, mi piaceva giacere ancora un poco, dissanguato e deserto come un ucciso, con gli occhi fissi al soffitto, a decifrarvi, in una screpolatura o salnitro dell'intonaco, le imposcate future della mia sorte.

Al mio ritorno avrei raccontato tutto ai miei compagni, seduti a mucchio sopra la stessa branda, avrei risposto ridendo alle loro domande da studenti, mentito anche un poco, forse. Avrei detto: "Era bellissima, ha gridato, non fingeva, vi dico; che donna; adateci , amici...".

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.

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Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
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:)
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Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
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