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Post n°186 pubblicato il 11 Febbraio 2015 da loredanafina1964
Di nuovo trascurando il bambino che privo di latte e di mamma dormiva sotto quegli appunti, tornai alla macchina da scrivere dove l'irrefrenabile pianto si trasformò in un urlo di rabbia e d'orgloglio. Un J'accuse. Una requisitoria agli italiani che gettandomi qualche fiore, forse, e certo molte uova marce, m'avrebbero ascoltato dalla platea e dai palchi e dal loggione di quel giornale. Senza fermarmi cioè senza mangiare e senza dormire. Non sentivo neanche la fame e il sonno. Mi tenevo su a sigarette, caffè, e basta. E qui devo fare una messa a punto. Devo dire che scrivere è una cosa molto seria per me. Non è un divertimento o uno svago o uno sfogo. Non lo è perchè non dimentico mai che le cose scritte possono fare un gran bene ma anche un gran male, guarire oppure uccidere. Studia la Storia e vedrai che dietro ogni evento di Bene o di Male c'è uno scritto. Un libro, un articolo, un manifesto, una poesia, una preghiera, una canzone. (Un Inno di Mameli. Una Marsigliese. Uno Yankee Doodle Dandy. O peggio: una Bibbia, una Torah, un Corano, un Das Kapital). Così non scrivo mai alla svelta, cioè di getto. Sono uno scrittore lento, uno scrittore cauto. Sono anche uno scrittore incontentabile. Non assomiglio davvero a quelli che si compiacciono sempre del loro prodotto, manco urinassero ambrosia. In più ho molte manie. Tengo alla metrica, al ritrmo della frase, alla cadenza della pagina, al suono delle parole. E guai alle assonanze, alle rime, alle ripetizioni non volute. La forma mi preme quanto la sostanza. Penso che la forma sia un recipiente dentro il quale la sostanza di adagia come un vino dentro un bicchiere, e gestire questa simbiosi a volte mi blocca. Ora, invece non mi bloccava per niente. Scrivevo alla svelta, di getto, senza curarmi delle assonanze, delle rime, delle ripetizioni perchè la metrica cioè il ritmo fioriva da sè, e come non mai ricordando che le cose scritte possono guarire o uccidere. (Può giungere a tanto la passione?). Il guaio è che quando mi fermai e fui pronta a spedire il testo, m'accorsi che anzichè un articolo avevo partorito un piccolo libro. Per darlo al giornale dovevo taglgliarlo, ridurlo a una lunghezza accettabile. Lo ridussi quasi a metà. Il rimanente lo chiusi in una cartella rossa, lo misi a dormire con il bambino. Metri e metri di fogli su cui avevo rovesciato il cuore. _____________________________________ |
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