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« Possiamo, noi, vedere?Radici »

Esperimento EPR

Post n°66 pubblicato il 13 Maggio 2014 da myfriend.mi
 

 

Lo spin o “trottola” è quel fenomeno per cui un elettrone gira su se stesso, in senso orario o in senso antiorario.

In base al principio di esclusione di Pauli, che vige senza alcun limite di spazio e di tempo, se, all'interno di un atomo, il primo elettrone di una coppia inverte il proprio spin, automaticamente e istantaneamente anche il secondo elettrone deve necessariamente invertire il proprio spin.

Nel 1980 Alain Aspect realizzò il primo esperimento EPR (Einstein-Podolski-Rosen) che ha di fatto dimostrato la possibilità di trasmettere istantaneamente informazioni indipendentemente dalla distanza spaziale (esperimento poi ripetuto da Aspect nel 1982: clicca qui per "entanglement quantistico" e clicca qui per "l'intima essenza della realtà" ).

Due elettroni accoppiati (appartenenti allo stesso atomo) furono separati a Roma presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (I.N.F.N.) e uno dei due venne trasportato (confinato in un contenitore magnetico, con complicatissimi accorgimenti) al C.E.R.N. (Centro Europeo di Ricerche Nucleari) di Ginevra. A Ginevra fu poi cambiato lo spin dell’elettrone e istantaneamente anche lo spin dell’elettrone rimasto a Roma si girò, come atteso in base al principio di esclusione di Pauli.

Einstein, pur avendo teorizzato questo esperimento, non aveva previsto però che il cambiamento dello spin potesse avvenire a distanza (in questo caso 1.000 km) e istantaneamente.

L’esperimento EPR è stato replicato nei laboratori di tutto il mondo e mostra che quando si separano due elettroni accoppiati, indipendentemente dalla loro distanza, la misura sull’uno corrisponde esattamente e istantaneamente alla misura sull’altro. E’ come se il secondo elettrone “conosca” che cosa stia accadendo al primo indipendentemente dalla distanza che li separa.

Queste bizzarrie della natura, dicono i fisici quantistici, sono tali solo se si ragiona secondo una "logica classica". Se, invece, si considera uno scenario ove si immagina che qualsiasi sistema correlato possa godere della prerogativa di non risentire della distanza spaziale, tutto risulta semplificato, "normale". Abbandonando l’idea che le particelle correlate situate in luoghi distanti rappresentino enti distinti, scompaiono anche buona parte degli ostacoli concettuali (e di fatto) che impediscono la comprensione del concetto di comunicazione o "azione" non locale, cioè istantanea anche a distanza di milioni di km.

In riferimento al concetto di Unicità che lega la materia che scaturisce dalla visione "non localistica" della teoria quantistica, così si esprime il premio Nobel per la Fisica Brian Josephson:

"L’universo non è una collezione di oggetti (distinti e separati che si muovono nello spazio), ma una inseparabile rete di modelli di energia vibrante nei quali nessun componente ha realtà indipendente dal tutto."

In sostanza, vedere "oggetti distinti e separati" (cioè il percepire me osservatore e tu osservato come entità fisiche distinte e separate) è una elaborazione sintetizzata della coppia occhio-cervello. Ma non è la vera realtà, o essenza, dell'universo. L'universo così come ce lo fa percepire lo strumento di misura "occhio-cervello" non è la vera essenza dell'universo, ma è solo una sua macro-sintesi e macro-schematizzazione, una macro-semplificazione.

In realtà tutto è collegato al tutto all'interno di un unico campo, nel quale i legami avvengono a velocità infinita e, cioè, in assenza di tempo. In sostanza l'universo è una entità a-temporale. Il tempo è una dimensione nella quale è intrappolata la nostra "macchina corpo" (il nostro sistema di percezione), ma che, a livello profondo dell'universo, non esiste. Cioè nella Realtà, il tempo non esiste.

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